CHIETI In autunno non cadono solo le foglie ma anche le prefetture. E il giardiniere si chiama Angelino Alfano, ministro dell'Ncd che non usa riguardi per Chieti e il suo compagno di partito, Umberto Di Primio, né per Teramo e il suo sindaco di centrodestra Maurizio Brucchi. La notizia diffusa ieri pomeriggio, con l'effetto di una miccia accesa che farà esplodere una bomba di polemiche e reazioni in mezzo Abruzzo, è che la bozza di decreto del Viminale, che mette in atto la legge di riforma della Pubblica amministrazione,taglia testa e gambe alle prefetture di Chieti e Teramo il cui destino è segnato. Entro il 31 dicembre del 2016 saranno infatti rispettivamente accorpate a Pescara e L'Aquila. Entro il 2017 i due dadi saranno tratti. Il sindaco Brucchi già intuiva qualcosa quando, qualche tempo fa, si è lasciato sfuggire la frase dal sapore campanilista che Teramo senza prefettura, oltre che privata della serie B, sarebbe diventata come “Giulianova senza mare”. Di Primio, invece, subisce il contropiede del compagno di partito Allfano. Ed è costretto ad incassare anche questa nuova perdita per Chieti che dovrà dire addio a Tribunale ecclesiastico e, se non reagisce, pure alla casa dello studente e chi più ne ha più ne metta. Anzi ne tolga. Ma all'orizzonte già si vedono le barricate, della politica, dei sindacati e soprattutto dei dipendenti pubblici costretti alla diaspora o la prepensionamento. Il fax con la bozza di decreto, che prevede il taglio di 23 prefetture, ma che colpisce l'Abruzzo più di ogni altra regione, è arrivato ieri pomeriggio a destinazione ed ha subito mandato in fibrillazione i dipendenti dell'ufficio di governo teramano, diretto dal prefetto Valter Crudo, e teatino dove, peraltro, si crea un singolare corto circuito. La bozza, infatti, entra ora nel tunnel della contrattazione sindacale e può subire ritocchi, aggiustamenti, modifiche anche in senso positivo. Ma a rappresentare a livello nazionale il sindacato Ap, quello dei dirigenti prefettizi, sarà il suo segretario Antonio Corona, nominato da appena due mesi prefetto a Chieti e ora costretto a salire sulle barricate per difendere la sua prefettura che copre un territorio al 53° posto in Italia e con tutto il diritto, per ampiezza, di far parte delle 80 prefetture superstiti.
Ma passiamo alle reazioni della politica, dei sindacati e soprattutto del sindaco di Chieti Umberto Di Primio, tradito in casa, che ieri sera ha lanciato l'hashtag “Chieti non si tocca”, ha scritto ad Angelino Alfano, quindi ha dichiarato: «Ho appreso da poche ore del taglio di 23 prefetture contenuto nello schema di decreto del Presidente della Repubblica recante “Regolamento di organizzazione del ministero dell’Intero” e dal quale si evincerebbe, da una prima lettura dell’art. 10 “Organizzazione periferica” dello stesso, che le funzioni delle prefetture-uffici territoriali del governo, delle questure e dei comandi dei vigili del fuoco, verrebbero esercitate negli ambiti territoriali individuati in una allegata tabella al Decreto. Secondo quest’ultima Chieti perderebbe, colpo questo mortale, le sedi della prefettura (istituita sin dal 1861), la questura ed il comando dei Vv.f. E’ del tutto evidente che io, da sindaco, non posso assolutamente condividere questa impostazione e, pertanto, ho immediatamente chiesto al ministro dell'Interno, Angelino Alfano, di rivedere tale decisione. Ho altresì chiesto un incontro urgente per rappresentargli le motivazioni a sostegno delle mie osservazioni. Il territorio della provincia di Chieti non può essere privato di dette strutture. Porrò in essere tutte le azioni necessarie per difendere la mia città e, mio malgrado, mi vedrò costretto ad effettuare una seria ed approfondita riflessione sulla mia attuale posizione politica». Entra a gamba tesa nella polemica, ed è il primo a farlo, il parlamentare forzista Fabrizio Di Stefano: «Ancora una volta il governo prende misure contro la provincia di Chieti e la nostra rappresentanza politica di maggioranza è assolutamente nulla», è il suo commento già chiaro perché indirizzato agli Ncd (leggi Federica Chiavaroli): «Il Viminale ha predisposto uno schema di decreto riorganizzando il ministero, che taglia così 23 prefetture. Tra queste Chieti accorpata a Pescara e Teramo accorpata a L'Aquila. L'Abruzzo è in assoluto la Regione più penalizzata d'Italia», prosegue il deputato, «al pari del piccolo Molise. Dove sono le nostre rappresentanze parlamentari di maggioranza? Con che criterio si taglia la prefettura della provincia più grande d'Abruzzo? Anche il Ncd, a questo punto, deve sciogliere il nodo, se in forza di governo o di opposizione. Perché sappiamo tutti chi c'è a guidare il ministero degli Interni. Non si tratta di fare una campagna di campanile tra Chieti e Pescara o tra L'Aquila e Teramo, anche se, come diceva Andreotti, "a pensar male si fa peccato, ma qualche volta ci si indovina", allora forse qualche parlamentare di Pescara potrebbe aver spinto in tal senso, visto anche che il ministero degli Interni è retto dal segretario nazionale del Ncd. Si tratta di spiegare il perché, su 23 ipotetici accorpamenti, il 10% viene fatto in Abruzzo. E perché l'Abruzzo è l'unica regione che prevede un taglio del 50%. A fronte poi di risibili risparmi economici. Mentre si annunciano nuovi arrivi di extracomunitari in Abruzzo e quindi la necessità, di far sentire maggiormente la forza ed il controllo dello Stato, dall'altra parte, in maniera fuori senso, si decide di chiudere due prefetture, presidio di legalità».«E' chiaro che su questo faremo battaglia», conclude Di Stefano, «ma è altrettanto chiaro che stavolta chi è nel governo e siede nei banchi di maggioranza, si deve assumere le responsabilità che gli competono». Passiamo ai sindacati: «In un momento di massima emergenza in materia di gestione dell’immigrazione e della sicurezza, il governo pensa di chiudere 23 prefetture. Un arretramento inaccettabile dello Stato dal territorio, che rischia di lasciare nel caos cittadini e lavoratori», è la dura critica di Fp-Cgil, Cisl-Fp e Uil-Pa allo schema di Dpr sulla nuova organizzazione del ministero dell’Interno, che le organizzazioni sindacali hanno ricevuto ieri sera. Un provvedimento ritenuto “sbagliato e intempestivo” per le tre sigle, che anticipa i decreti delegati della Riforma Madia, depennando 23 sedi di uffici del prefetto: Teramo, Chieti, Vibo Valentia, Benevento, Piacenza, Pordenone, Rieti, Savona, Sondrio, Lecco, Cremona, Lodi, Fermo, Isernia, Verbano-Cusio-Ossola, Biella, Oristano, Enna, Massa-Carrara, Prato, Rovigo, Asti e Belluno. «A dispetto degli annunci, nei fatti questo governo adotta misure di vero e proprio ridimensionamento dei presidi di legalità e sicurezza sul territorio. Disinteressandosi dei lavoratori delle prefetture, dei quali nello schema di Dpr non si parla, ma soprattutto dei cittadini e delle comunità locali, che saranno lasciati più soli» dicono i sindacati che quindi lanciano un urlo di battaglia: «Risponderemo con forza. La riorganizzazione dei servizi non si fa smantellando lo Stato e lasciando nell’incertezza il personale che serve a garantire coesione sociale, integrazione e convivenza civile. Per questo martedì 22 faremo assemblee in contemporanea in tutte e 23 le prefetture a rischio chiusura, invitando parlamentari e politici locali e sensibilizzando organi di informazione, opinione pubblica e cittadini». Ma è solo l'inizio.