ROMA Il governo probabilmente sperava di scontare qualcosa in più da Bruxelles, uno 0,5% di deficit da utilizzare per finanziare la manovra. Ma la flessibilità dello 0,3% che la Commissione europea sarebbe disposta a concedere all’Italia permette comunque al Tesoro di mettere a punto senza troppi patemi d’animo la manovra da 25 miliardi di euro. Quei tre decimali di punto valgono per Roma 4,8 miliardi di euro, che si aggiungono ad un altro 0,4%, ossia altri 6,4 miliardi già ottenuti per il 2016 dall’Unione europea per le riforme messe in cantiere quest’anno. Quei 6,4 miliardi, tuttavia, sono già stati impegnati per disinnescare parte della clausola di salvaguardia che altrimenti avrebbe fatto scattare nel 2016 l’aumento dell’Iva. Ai 4,8 milardi del nuovo spazio sul deficit che Bruxelles si appresta a concedere, vanno sommati poi i 10 miliardi dei tagli di spesa. Un obiettivo che non più tardi di due giorni fa il commissario alla spending review Yoram Gutgeld, ha definito «ambizioso» ma realizzabile.
LE ALTRE RISORSE
Il Tesoro poi, sta iniziando a fare i conti con il «dividendo della crescita». Come ha annunciato lo stesso Matteo Renzi, nel prossimo aggiornamento delle stime del Documento di economia e finanza, l’andamento del Pil per quest’anno e per il prossimo sarà rivisto al rialzo. Probabile che l’asticella venga alzata di due decimali di punto quest’anno (dallo 0,7% allo 0,9%) e anche il prossimo anno (dall’1,4% all’1,6%). Questo significa che per il 2016 il rapporto previsto per il deficit Pil scenderà dall’1,8% all’1,6%. A questo punto il governo potrebbe utilizzare lo stesso meccanismo di aprile di quest’anno, quando nonostante la maggior crescita era stato deciso di tenere ferma l’asticella del deficit creando un tesoretto utilizzato poi per rimborsare i pensionati dopo la sentenza della Consulta che aveva giudicato illegittimo il blocco degli assegni. Così facendo il governo otterrebbe altri 3,2 miliardi di euro per la prossima legge di stabilità. La maggior crescita si porterebbe dietro anche un aumento delle entrate fiscali, quantificabile in uno 0,1% di Pil, circa 1,6 miliardi. Dunque, riassumendo, il governo avrebbe a disposizione 4,8 miliardi dalla flessibilità europea, 3,6 miliardi dalla crescita e 1,6 miliardi di maggiori entrate. Sono in totale 9,6 miliardi, che si vanno ad aggiungere ai 10 miliardi della spending review. E siamo a 19,6 miliardi. Ci sono poi altre due voci che dovrebbero contribuire alla prossima legge di stabilità. La prima è il gettito della voluntary disclosure, il rientro dei capitali dall’estero. Il Tesoro non ha mai voluto alzare il velo sulle sue aspettative di gettito, ma è probabile che si raggiungano con una certa facilità i 3 miliardi di euro. C’è poi una minore spesa sugli interessi del debito pubblico. I collocamenti dei Bot e dei Btp stanno avvenendo costantemente a prezzi inferiori al previsto. Una circostanza che potrebbe comportare una dote di un altro paio di miliardi. I 25 miliardi necessari a disinnescare l’Iva e a coprire l’abolizione della Tasi sulle prime case sarebbero raggiunti in questo modo. Più difficile, invece, sarà spingersi verso i 30 miliardi per finanziare le misure di decontribuzione pure sponsorizzate da alcuni dei consiglieri di Palazzo Chigi