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Data: 18/09/2015
Testata giornalistica: Il Centro
Il Papa vola a Cuba. Poi la tappa negli Usa «Ora basta embargo»

CITTÀ DEL VATICANO Quella della Santa Sede sull’embargo Usa a Cuba «è una posizione contraria», perché «questo tipo di sanzione, provoca disagi, sofferenze nella popolazione che lo subisce». Il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, in un’intervista al Ctv alla vigilia del viaggio del Papa a Cuba e negli Usa, riafferma la posizione vaticana del «no» all’embargo, in merito alla questione ancora aperta dopo il disgelo tra i due Paesi, auspicando che «una revoca possa portare però anche una maggiore apertura dal punto di vista della libertà e dei diritti umani». In quello che si preannuncia come il viaggio più difficile di Francesco, tra l’altro dinanzi a un’opinione pubblica americana in cui la popolarità del Papa argentino non è al top, i temi in agenda sono tutti di estrema complessità: dalla pace globale sotto la minaccia della «terza guerra mondiale a pezzi» al dramma delle migrazioni, dalla salvaguardia del pianeta alla lotta alla povertà, fino appunto alla nuova stagione di libertà per Cuba dopo la caduta del «muro» con Washington, in cui proprio la mediazione della Santa Sede è stata determinante. Aspetti su cui Parolin ribadisce la «ben nota posizione della Santa Sede» sull’embargo: «una posizione contraria». Infatti «al di là di quelle che possono essere le motivazioni, esiste un dato di fatto, e cioè che l’embargo, questo tipo di sanzione, provoca disagi, sofferenze nella popolazione che lo subisce». Ed è «da questo punto che la Santa Sede affronta la questione, e che a livello delle Nazioni Unite, nelle assemblee generali, ha appoggiato sempre le mozioni che chiedono una revoca dell’embargo a Cuba». Quindi «c’è da sperare, come dicono i vescovi, che una misura di questo genere, cioè una liberalizzazione a livello di vincoli e di legami, soprattutto a livello economico, possa portare però anche una maggiore apertura dal punto di vista della libertà e dei diritti umani, un fiorire di questi aspetti fondamentali per la vita delle persone e dei popoli». E se il Papa ha deciso di entrare negli Usa da Cuba «come un migrante», come hanno detto gli stessi vescovi americani, «per ricordarci che siamo un Paese di immigrati», la questione resta tra le più sentite visto anche quanto sta succedendo in Europa. Per Parolin, «il Papa tratterà, appunto, come uno dei temi più importanti della sua visita proprio quello della migrazione». Del resto è «una preoccupazione costante del Papa» che è intervenuto di continuo «di fronte all’emergenza che ci troviamo a vivere in questi giorni». Gli Stati Uniti, poi, sono «un Paese che ha una lunga storia di immigrazione e, nello stesso tempo, anche una lunga storia di apertura, di accoglienza e di integrazione delle varie ondate di immigrati che sono arrivati». Perciò, prosegue, «tutto questo può costituire davvero una base, un patrimonio sociale e culturale a partire dal quale affrontare anche le sfide odierne della migrazione e risolvere i casi che sono dolorosamente aperti». Quindi auspica che questo incontro tra il Papa, «che porta questo problema nel suo cuore, e un Paese che ha conosciuto questo fenomeno nella sua storia, possa offrire anche indicazioni per la soluzione dei problemi che attualmente si presentano da questo punto di vista». Il Congresso Usa e l’Onu, poi, saranno sedi privilegiate per rilanciare il messaggio autentico dell’enciclica, «nel senso di quell’ecologia integrale di cui lui parla». Bergoglio «non mancherà di ribadire quella che è la natura trascendentale della persona, dalla quale scaturiscono i suoi diritti fondamentali, soprattutto il diritto alla vita e alla libertà religiosa». E «inviterà a cambiare i nostri stili di vita per poter essere custodi del creato come lui dice e non invece dominatori o aggressori del creato».

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