Fosse venuto da qualcun altro si sarebbe potuto sorvolare. Ma l'attacco a Cgil-Cisl-Uil, e soprattutto alla confederazione guidata da Guglielmo Epifani, è stato firmato dal fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari, probabilmente il più importante giornalista italiano degli ultimi decenni, nonché riconosciuto esperto di politiche economiche. E per questo ha fatto molto male, sollevando la reazione indignata del leader della Cgil per le "falsita' gravi ed evidenti" che secondo Epifani contiene.
Riepilogando in breve. Ieri, nel suo consueto fondo domenicale, l'ex direttore di Repubblica ha scritto che "soltanto una sottilissima carta velina distingue ormai i sindacati nazionali da una corporazione nazionale e da una 'lobby' nazionale. In più punti quella carta velina è stata lacerata e la metamorfosi del sindacato in corporazione si è quasi compiuta". Rimproverando ai sindacati di fare argine, anzi ostruzionismo, rispetto a una riforma del sistema pensionistico che superi lo scalone Maroni, Scalfari scrive che furono proprio i sindacati a dare il loro accordo alla legge del ministro leghista "alla condizione che la sua entrata in vigore fosse stata posticipata di tre anni". "Epifani ricorda certamente quel patto", scrive provocatoriamente Scalfari aggiungendo che "tra i sindacati e il ministro leghista del Lavoro si era di fatto stabilito un clima di collaborazione molto intensa per spostare sia l'esame dei coefficienti sia l'innalzamento dell'età pensionabile a dopo le elezioni del 2006. Un collateralismo molto inquietante", soggiunge il fondatore di Repubblica.
Parole acuminate, che feriscono doppiamente anche perché i lettori che sfogliano i "domenicali" di Scalfari difficilmente si possono definire ostili ai sindacati e agli interessi che rappresentano. Dunque un articolo che conferma l'impressione di isolamento mediatico in cui sono strette Cgil-Cisl-Uil nel corso di questa trattativa sulle pensioni. La reazione di Epifani è stata durissima: l'editoriale "contiene falsita' gravi ed evidenti che respingo nel modo piu' netto, riservandomi di valutare tutte le possibili iniziative per riaffermare la verita'', ha dichiarato ieri a caldo. Per il leader della Cgil, è anche falso il presunto accordo con Maroni per un rinvio della revisione dei coefficienti: 'Una cosa sono le valutazioni politiche sulle scelte del sindacato, che naturalmente si possono condividere o meno, altra cosa sono le palesi falsita' nelle ricostruzioni delle vicenda, offensive e lesive del ruolo e della reputazione del sindacato. Da quali fonti, mi chiedo, Scalfari attinge le sue affermazioni? Perche' insiste in una ricostruzione menzognera ed equivoca della vicenda?'.
Gli fa eco Betty Leone, segretaria generale dello Spi Cgil, secondo la quale "l'editoriale di Scalfari si inserisce in questo movimento in corso" che tenda a "spostare verso il centro l'asse del governo: per farlo si cerca di dare un'immagine fuorviante della Cgil, di screditare una struttura di massa radicata nel territorio, come il sindacato, inventando intese o divisioni secondo le convenienze'. Per la segretaria dell'organizzazione dei pensionati non c'e' mai stata alcuna intesa tra la Cgil e Maroni per il rinvio dello scalone al primo gennaio 2008: 'La posizione della Cgil su questo punto e' stata sempre chiara." "Diciamoci la verita' - conclude Leone -: qui in ballo c'e' un obiettivo economico, i conti, non un obiettivo sociale. E chi, come noi, non puo' non riferirsi agli obiettivi sociali, da' fastidio, quindi deve esser messo da parte, e lo si fa screditandolo".
Le tappe della legge Maroni
Per contribuire a fare chiarezza, sarà utile riportare un minimo di cronistoria della vicenda previdenziale dopo aver spulciato nel nostro archivio. Quella che i sindacati bollarono subito come "controriforma delle pensioni" assunse contorni definiti nel corso del 2003 e fu inserita dal governo Berlusconi nella Finanziaria del 2004. Con la sua politica previdenziale il centrodestra riavvicinò Cgil-Cisl-Uil, dopo averle spaccate nel 2002 sul mercato del lavoro col Patto per l'Italia: le confederazioni indissero infatti uno sciopero generale unitario nell'ottobre del 2003. Con l'anno nuovo, il governo di centrodestra, sfibrato, non ebbe la forza di sostenere la propria riforma previdenziale fino in fondo ed escogitò la polpetta avvelenata dello scalone Maroni a partire dal 2008: il tutto prese la forma di un emendamento alla legge delega approvato nel febbraio del 2004. La polpetta è stata poi ereditata non solo dal centrosinistra, ma dagli stessi sindacati e dai lavoratori che rappresentano. Una spada di Damocle sin da allora dai contenuti assai poco negoziabili per Cgil-Cisl-Uil. Ecco perché appare poco verosimile il "patto" tra Epifani e Maroni cui allude Scalfari.
Nel corso della primavera 2004, del resto, il conflitto tra sindacati e governo di centrodestra non si attenuò: un'assemblea unitaria indisse un nuovo sciopero generale che, il 26 marzo, portò in piazza un milione e mezzo di persone. Frattanto in Parlamento il governo andava avanti a colpi di fiducia sulla delega Maroni, mentre i sindacati continuavano ad argomentare le proprie critiche. Il testo fu approvato definitivamente a Montecitorio in un torrido 28 luglio del 2004, con metà del paese in vacanza. E con Cgil-Cisl-Uil che ribadivano: "ci batteremo per cambiarlo". Questi i fatti, poi ognuno può elaborare le sue interpretazioni. Certo ci vuole molta fantasia (se non spudoratezza) per immaginare i vertici sindacali nei panni di prìncipi machiavellici, che mentre portano milioni di persone in piazza stringono patti con gli avversari. A ciascuno le sue immaginazioni. Del resto, come ha scritto Shakespeare, "nulla è vero o falso, ma è il pensarlo che lo rende tale".