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Data: 20/09/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Pensioni anticipate per le donne e i senza lavoro, il piano del governo. Renzi riapre il dossier flessibilità, ma chi lascia avrà penalità. Verso nuova salvaguardia per gli esodati e prestito previdenziale.

ROMA Uscita flessibile sì, uscita flessibile no. Anzi, forse. Con una risposta ad un lettore dell’Unità, il premier Matteo Renzi ha parzialmente riaperto la querelle estiva su un possibile allentamento dei vincoli della riforma Fornero. Dopo una risposta piuttosto dettagliata in Parlamento del ministro dell’Economia Padoan sembrava che il tema fosse destinato ad uscire dai radar della legge di Stabilità. Secondo Renzi invece, che premette di «non poter rispondere delle scelte del passato alcune delle quali peraltro hanno provocato più costi che risparmi» (il che non suona come un giudizio troppo lusinghiero sulla Riforma Fornero) qualche spiraglio ci potrebbe essere. Il presidente del Consiglio fa sapere infatti di aver chiesto «a Padoan e a Poletti di individuare un meccanismo per consentire più flessibilità in uscita». Aggiungendo di sperare «che riusciremo a trovare un primo rimedio già con la Stabilità».
Dunque è probabile che nei prossimi giorni la questione venga in qualche modo ripresa in considerazione. Difficile però che si possa andare oltre i paletti posti dal ministro dell’Economia e fatti propri pochi giorni fa dallo stesso Renzi, che aveva parlato di una soluzione possibile ma «senza costi per lo Stato».
La soluzione senza costi per lo Stato - teoricamente - si chiama calcolo contributivo dell’intera pensione: una possibilità che penalizza in modo rilevante il lavoratore (la decurtazione del trattamento previdenziale, che dipende dalla carriera del singolo, si aggira sul 15-20 per cento ma può arrivare fino al 30) ma in realtà pone comunque qualche problema finanziario al bilancio pubblico, almeno nell’immediato. Perché come ha fatto notare Padoan rispondendo al question time alla Camera, anche un modesto incremento dei pensionamenti porrebbe aumenterebbe la spesa rispetto a quella programmata, anche se poi le maggiori uscite verrebbero compensate nel corso del tempo.
IL PUNTO POLITICO
C’è anche un punto più squisitamente politico: l’attuale assetto del sistema previdenziale italiano rappresenta a livello internazionale un punto di forza del nostro Paese, che dovrà negoziare con la commissione europea nelle prossime settimane l’entità dei margini di flessibilità di bilancio su cui si baserà prossima legge di Stabilità. Qualunque intervento sostanziale sui requisiti in vigore rischia di essere interpretato come una marcia indietro e dunque di indebolire la posizione del governo.
Pur all’interno di questo perimetro angusto, è comunque intenzione del presidente del Consiglio dare almeno un segnale (il «primo rimedio») nel testo della manovra. Il primo nodo è quello degli esodati. Il governo, proprio con il ministro dell’Economia, non ha escluso la possibilità di una settima salvaguardia, dopo le sei che hanno già permesso a 120 mila lavoratori di utilizzare (o prenotare) un’uscita anticipata rispetto alle regole attuali. Su questo argomento giovedì saranno ascoltati in Parlamento Padoan e Poletti.
C’è poi sul tavolo lo strumento del cosiddetto prestito pensionistico, un’ipotesi definita nel precedente esecutivo dal ministro Giovannini: coloro a cui mancano due o tre anni per maturare i requisiti potrebbero lasciare il lavoro contando su una sorta di anticipazione della pensione, da restituire poi parzialmente attingendo ai trattamenti futuri. Non si tratta però di un meccanismo di flessibilità generalizzata, quanto piuttosto di una soluzione in qualche modo di emergenza per chi non ha molte alternative, perché ha già perso il lavoro o rischia comunque di perderlo e non rientra nelle tutele per gli esodati.
Altro dossier che potrebbe essere ripreso in considerazione è la cosiddetta “opzione donna”, ovvero la possibilità per le lavoratrici di andare in pensione dai 57 anni in poi, ma appunto con l’assegno calcolato con il sistema contributivo. Un’interpretazione restrittiva, dettata da preoccupazioni di copertura, limita questa facoltà a coloro che avevano maturato il diritto nel 2014 e accedono alla pensione quest’anno. Il termine potrebbe essere riaperto almeno al 2015, concedendo alle donne una flessibilità effettiva pur se costosa.

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