ROMA Martin Winterkorn si arrende, la polemica politica in Germania divampa, Bruxelles interviene chiedendo di fare chiarezza. La più grande azienda europea è momentaneamente senza guida: ieri pomeriggio il super manager amministratore delegato del Volkswagen Group si è dimesso. Il passo indietro non è stato spontaneo perché fino a poche ore prima il ceo di Wolfsburg aveva chiesto fiducia e si era dimostrato determinato ad andare avanti. Il cambio di rotta è arrivato su invito del presidium del consiglio di sorveglianza che si era riunito dalla mattina e che forse non era compatto sul da farsi.
Al termine della riunione Berthold Huber, il presidente ad interim del cds, il sindacalista ex presidente della potente IG Metal, ha ringraziato e difeso l’ad, escludendo che fosse a conoscenza della folle strategia messa in atto dall’azienda: «Winterkorn non sapeva delle manipolazioni dei gas di scarico, ma il gruppo ha bisogno di un nuovo inizio credibile. Accogliamo il suo senso di responsabilità». Il manager ha rilasciato dichiarazioni allineate al cds: «Serve una svolta e io mi faccio da parte, libero la strada. Il percorso intrapreso del chiarimento e della trasparenza deve andare avanti, solo così può tornare la fiducia: sono convinto che Volkswagen e la sua squadra riusciranno a superare questa difficile crisi». Ammette l’accaduto, ma esclude di aver preso parte dell’inganno: «Come ad mi assumo le responsabilità delle irregolarità emerse, lo faccio nell’interesse dell’azienda pur non avendo assunto alcun comportamento sbagliato. E sono soprattutto interdetto che in Volkswagen fossero possibili sgarri di questa portata».
I SUCCESSORI
Huber ha spiegato che sarà la riunione programmata del cds di domani a designare l’erede ed ha anticipato che nei prossimi giorni ci saranno altre dimissioni. L’assemblea degli azionisti in calendario a novembre dovrà ratificare la nomina di Poetsch alle presidenza del cds (poltrona in primavera lasciata libera da Piech), ma in questo nuovo scenario nulla è più certo. Poetsch è infatti finito anche fra i nomi dei possibili successori di Winterkorn e ora dipende da cosa deciderà la “famiglia” che attraverso Porsche Holding controlla il gigante di Wolfsburg, se affidare al manager di maggiore spessore del Gruppo la Sorveglianza o la guida operativa. Le possibili alternative avanzate dalla stampa tedesca sono i capi dei principali brand: Mueller di Porsche, Stadler di Audi e il neonominato Diess di Volkswagen (proviene da Bmw). Fra Wolfsburg e Berlino attività frenetiche anche sul piano politico e giudiziario. Dopo le anticipazioni di Die Welt i verdi hanno rincarato la dose attaccando l’esecutivo ed in particolare il ministro dei Trasporti Dobrindt: a Berlino sapevano dell’inganno e hanno taciuto. Il ministro si è difeso sostenendo di aver appreso dell’accaduto dai giornali.
MAGISTRATURA AL LAVORO
Almeno 4 inchieste sono in atto. Una aperta dalla procura di Braunschweig (competente per territorio) su denunce dei clienti che si sentono truffati, un’altra della stessa procura contro ignoti richiesta dall’azienda, una terza avviata dal governo (indaga una commissione presieduta dal vice ministro dei Trasporti), mentre la quarta è interna alla Volkswagen, ma con il contributo di esperti indipendenti. Da Bruxelles l’Ue invita gli Stati ad alzare il livello di attenzione e a fare indagini visto che l’omologazione dei nuovi modelli è di competenza delle varie motorizzazioni nazionali. Nel nostro Paese il ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti, che il giorno precedente aveva invitato Volkswagen a chiarire, ieri ha dichiarato: «Il problema non è solo italiano ma di tutta l'Europa e va affrontato in quella sede, elevando i livelli dei controlli».
Il ministro dei Trasporti Graziano Delrio è in contatto con i suoi colleghi tedeschi: «Abbiamo chiesto una verifica molto approfondita alle autorità di omologazione in Germania. Faremo di tutto per tutelare la salute dei cittadini».
Alessandro di Lellis