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Pescara, 24/11/2024
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Data: 27/09/2015
Testata giornalistica: Il Centro
Un milione di auto “truccate” in Italia. Volkswagen dovrà richiamarne 11 milioni. Ma per ora il possessore di una vettura non rischia niente: responsabile l’azienda. Indagine del governo, Padoan teme ripercussioni sulla nostra industria

ROMA Un richiamo monstre dai costi al momento incalcolabili. Volkswagen entro poche settimane richiamerà 11 milioni di vetture con motori diesel dotate di centraline modificate per limitare le emissioni durante i test di omologazione. La società ha dato l’annuncio anticipando che «i commercianti potranno essere più precisi a partire dalla prossima settimana» e sottolineando che l’intervento sarà ovviamente gratuito. I proprietari dei veicoli coinvolti dal richiamo - che sarà effettuato in collaborazione con le autorità nazionali - saranno informati per iscritto. In Italia i motori diesel truccati della Volkswagen potrebbero essere circa un milione. «Una previsione di massima indica circa un milione di veicoli coinvolti. Sono in corso controlli per verificare il danno provocato anche in Italia», ha detto il viceministro ai Trasporti, Riccardo Nencini, «l’indagine potrebbe chiudersi entro pochi mesi, entro la fine dell’anno e auspico che Volkswagen risolva rapidamente questa situazione. Vedo che si sta muovendo con grande celerità: ha cambiato i vertici in poche ore dalla notizia dello scandalo». Sui riflessi non solo immediati della vicenda è intervenuto ieri il ministro dell’Economia: «Si tratta di un colpo molto duro alla fiducia, un ingrediente fondamentale ma tra i più carenti durante la crisi» ha detto Pier Carlo Padoan, «temo che ci siano conseguenze, mi auguro limitate, anche perché a catena ci potrebbero essere effetti sull’industria italiana», ha aggiunto. «Il problema non è solo tedesco, ma europeo» e «se la fiducia viene intaccata, sono a rischio gli investimenti». Non è però chiaro che cosa accadrà con il richiamo: la sostituzione delle centraline equipaggiate con il software truccato non è infatti per nulla sufficiente a garantire il rispetto delle emissioni. I costi della truffa sono quindi destinati a salire tra richiami, multe, cause di risarcimento, e non è un caso che la casa giapponese Suzuki abbia deciso di vendere venerdì a Porsche la quota che ancora deteneva in Volkswagen pari a 4,4 milioni di azioni. L’annuncio ha posto fine ad un’alleanza avviata nel 2009, ma entrata già in crisi negli anni successivi e che aveva condotto ad un arbitrato in base al quale il gruppo tedesco aveva ceduto la propria partecipazione in Suzuki. L’ipotesi di class action anche in Germania è stata ieri ipotizzata dal segretario per la tutela dei Consumatori presso il ministero della Giustizia di Berlino: «Il governo federale vuole introdurre le azioni collettive». La vicenda delle emissioni truccate sta mettendo sotto pressione l’Unione Europea che avrebbe individuato i software sin dal 2013. La conferma è arrivata ieri: «Il team di ricerca della Commissione Ue ha misurato le emissioni e scoperto che i test di laboratorio non catturano accuratamente la quantità di gas nocivi emessi durante la guida e ha fornito sostegno vitale agli sforzi della Commissione per introdurre i test su strada», ha spiegato il portavoce della Commissione. «Questa differenza nei test sulle emissioni sono cosa nota. Identificare l’uso potenziale di applicazioni ingannevoli non è mai stato parte di questi studi e non sarebbe nemmeno stato possibile visto che i ricercatori non avevano accesso ai motori, ma venivano misurati sono i gas di emissione», ha precisato. La Commissione ha quindi seguito le ricerche scientifiche e iniziato immediatamente a lavorare sull’introduzione dei test su strada. Ed è stato fatto lavorando con gli esperti nazionali e le commissioni tecniche nazionali da maggio di quest’anno, affinché i test su strada possano essere avviati da gennaio 2016. «È importante capire che la Commissione stabilisce il quadro regolatorio ma non è un organo incaricato all’attuazione. Sono le autorità degli Stati membri a dover agire sul campo», ha concluso

Ma per ora il possessore di una vettura non rischia niente: responsabile l’azienda

Chi dovesse circolare in Italia con una vettura dotata del turbodiesel incriminato nell’affare Volkswagen-Usa per il momento non rischia nulla. E se mai dovessero essere rilevate irregolarità nella omologazione, la responsabilità ricadrebbe solo sul costruttore. È quanto risulta da una serie di verifiche fatte a livello di autorità interessate al problema e di esperti del settore. Va precisato, infatti, che se anche venisse contestata la non rispondenza delle emissioni a quelle richieste dalla Ue in seguito ad un controllo dinamico specifico - non ancora definito o programmato - la responsabilità resterebbe comunque a carico della casa automobilistica. E anche il viceministro dei Trasporti ha ribadito che i proprietari delle auto in questione «sono vittime di una truffa». Per essere targata in Italia ogni auto deve essere omologata e nessuno può elevare - sempreché lo stato di manutenzione sia corretto e le emissioni siano dunque nei limiti dichiarati da costruttore - infrazioni o provvedimenti di sequestro fino a che (è una ipotesi remota) il ministero dei Trasporti revochi questa omologazione. Nessun problema dunque, almeno per ora, per una delle situazioni che stanno maggiormente preoccupando gli automobilisti italiani in questi giorni: quella dei blocchi della circolazione o dell’ingresso nelle Ztl. In tutti questi casi a far fede è la classificazione che compare sulla carta di circolazione. Dunque chi dovesse avere nella centralina che comanda l’iniezione del gasolio il software “segreto” al momento può contare, in ogni caso, sul fatto che la vettura è formalmente rispondente ai requisiti di legge. Dovrà essere il costruttore a impegnarsi in tempi brevi a fornire gli elenchi delle auto incriminate, a richiamarle per gli aggiornamenti gratuiti al software e, in caso limite, alla sostituzione dei motori o delle vetture. E in merito ad eventuali rivalse nei confronti della casa automobilistica, Nencini ha chiosato: «Vedremo. Dipende anche dal comportamento della Volkswagen». Tra l’altro è possibile, visti i differenti livelli di Nox richiesti negli Usa e nella Ue che il “malware” non sia stato progettato per intervenire in Europa nei controlli sui banchi a rulli e che quindi le prove di omologazione siano a tutti gli effetti veritiere.

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