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Data: 05/10/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Renzi: canone Rai ridotto a 100 euro in bolletta elettrica. E dal 2016 giù l’Ires

ROMA Le tasse si possono abbassare se le pagano tutti. Partendo da questo assunto e dalla previsione-auspicio che «in Italia è finito il tempo dei furbi», Matteo Renzi ha annunciato che il canone Rai sarà ridotto da 113 a 100 euro. «In legge di stabilità - ha detto il premier ospite di Lucia Annunziata a ”In mezz’ora“ - riduciamo il canone e contemporaneamente diciamo che lo devono pagare tutti attraverso un meccanismo che potrebbe essere quello del pagamento in bolletta. Chi è onesto e paga, pagherà di meno».
E sempre in tema di tasse e della loro riduzione, «necessaria, oltre alle riforme, per restituire fiducia agli italiani», il presidente del Consiglio ha aperto all’ipotesi di un calo dell’Ires già dal 2016: «Oggi in Italia tra Ires e Irap le tasse sugli utili degli imprenditori sono al 31,4 per cento. La Germania è al 30%. Chi fa meglio è la Spagna che è al 25%. Io voglio fare ancora meglio e per il 2017 è previsto un intervento significativo di riduzione delle tasse per le imprese che ci porterà sotto la Spagna, ma credo che, almeno in parte, riusciremo ad anticiparlo al 2016. Cercheremo di fare subito una sorpresina ai nostri amici che hanno voglia di investire». Smentita, peraltro dallo stesso Renzi, l’ipotesi di un taglio dell’Ires solo per il Sud: «Non si può. Un operazione di questo tipo che si faceva nella prima Repubblica per le zone del Paese che vanno meno bene, oggi rientrerebbe negli aiuti di Stato non consentiti dalla Ue».
OTTIMISMO
A sostegno del suo ottimismo per la crescita del Paese, il premier si lancia in un’altra previsione sulla quale sembra mostrarsi abbastanza fiducioso: «Sul Pil - dice - avevamo fatto una stima del + 0,7 per cento, nel Def l’abbiamo rialzata al 9%, ma io credo che arriveremo all’1%».
Inevitabile, nell’intervista con l’Annunziata, il capitolo della lotta all’evasione che il governo non ha però intenzione di condurre come qualche esecutivo precedente, che «prendeva i finanzieri e li metteva a fare la posta fuori ai negozi di lusso in qualche località simbolo come Cortina. Questo meccanismo - sostiene Renzi - è profondamente sbagliato perché fa pensare a uno Stato di polizia, mentre oggi basta incrociare i dati. Con le nuove misure del governo l’Iva è aumentata del 4,6 per cento, oltre 3 miliardi di euro». E in tema di evasione interna ed esterna il presidente del Consiglio ricorda «lo sforzo del governo per far emergere i capitali portati all’estero e far pagare le tasse a tutti. Con la voluntary disclosure - ricorda - un miliardo e mezzo è già rientrato nel 2015. Sul prossimo anno saremo molto prudenti, nella legge di stabilità metteremo poco: 2-2,5 miliardi. Ma sono convinto che dalla Svizzera arriverà una cifra intorno ai 5 miliardi». Soddisfazione del premier anche sull’andamento della spending review: «La revisione - afferma - sta andando bene, ma non butto il bambino con l’acqua sporca. Ci sarà il taglio di mille poltrone, ma non faremo tagli alla sanità».
La conversazione con l’Annunziata investe anche l’argomento Rai, con qualche inevitabile frecciatina reciproca sugli ascolti di Rai3. Renzi promette di «fare il bravo: non parlerò più di talk show. Vicenda per me chiusa dopo l’intervista con il direttore del Tg3». E si dice «molto convinto che la politica debba essere fuori dalle dinamiche interne della Rai». Esempio classico in Europa, la BBC: «Quel modello mi piace - confida il premier -. Mi piacerebbe vedere sempre più cultura dentro il servizio pubblico. Ora abbiamo messo un bel Cda alla Rai e un autorevole professionista, il direttore generale, che ha tutte le responsabilità del caso».
Altre parole spese da Renzi sono per la fiducia da restituire agli italiani: «La più importante tra le riforme», sostiene. Italiani che «dal 2012 al 2014 hanno messo nelle banche 350 miliardi di euro: una cifra enorme, più del piano Junker, che è quanto ci costa la paura. Se se ne spendesse il 10 per cento avremmo una crescita straordinaria». L’obiettivo, non ha remore ad affermare il premier, è quello «dell’economia più forte d’Europa e sono convinto che in dieci anni ci arriviamo, magari meno. Ma a quel punto - è la conclusione di Renzi - io sarò già a fare altro».


Il piano: ogni famiglia pagherà una volta sola Ma Assoelettrica e Vigilanza non ci stanno

ROMA Alla fine si farà. Perché Palazzo Chigi lo vuole inserire a tutti gli effetti tra le riduzioni fiscali. Perché se ne parla da tempo e perché fare dietrofront esporrebbe il governo a una brutta figura. E soprattutto perché l’evasione della «tassa più odiata dagli italiani» ha oltrepassato il livello di guardia del 27%.
L’altr’anno di questi tempi sembrava cosa fatta. I tecnici del ministero dell’Economia avevano prospettato al sottosegretario Antonello Giacomelli varie opzioni. Tutte vantaggiose per gli utenti. Ovviamente per quegli utenti che l’abbonamento già lo pagano e non per chi dovrà mettersi in regola obtorto collo. Il canone in bolletta è un sistema vantaggioso anche per la Rai che di canone vive e non potrebbe fare a meno di quel miliardo e 700 milioni che incamera ogni anno. Va da sé che entrate certe vuol dire autonomia economica. Che a sua volta vuol dire meno pressione politica. In Europa il sistema è stato adottato in Grecia sotto forma di una unica tassa indiretta di 50,58 euro su ogni utenza elettrica. Una particolare tipologia di imposta fa sì quindi che il servizio pubblico sia finanziato anche da chi il televisore non lo possiede. Non legato quindi all’effettiva fruizione dell’abbonamento tv.
Il progetto da noi c’è ma non è ancora stato definito al cento per cento. «C’è un’ipotesi d’accordo e ci stiamo lavorando», resta prudente infatti Giacomelli che già s’è scottato una volta e del governo è il rappresentante che più si è speso per portare a casa la riforma. I dettagli però quando si parla di canone sono importanti quanto se non più della sostanza stessa. E sono ancora in fase di studio. Se si vuole inserire la norma nella legge di Stabilità bisognerà farlo entro i prossimi 15 giorni. L’idea è nobile: abbassare per tutti l’attuale quota di 113,59 euro l’anno. Arrivare a un canone più basso ma pagato da tutti stanando gli evasori. La riscossione con la bolletta bimestrale vorrebbe dire suddividere l’importo in sei rate, fatto salvo il diritto all’esenzione delle fasce di reddito più basse.
IL CONTRIBUTO

Il fondamento del canone non sarà di conseguenza il possesso. Anche perché inseguire la proprietà dei vari device - pc, smartphone, ipad, tv, etc etc - sarebbe assurdo. Bensì basterà essere intestatari di un contratto per la fornitura di energia elettrica per doverlo pagare. I tecnici sono già in grado di incrociare i dati e distinguere le varie tipologie suddividendo le utenze in base ai vari tipi di contratto (privato, commerciale, residente, non residente, etc). Tendenzialmente l’idea è che il titolare di un contratto paghi una volta sola. Non si esclude però l’ipotesi di un contributo aggiuntivo da calcolarsi in base al patrimonio o al reddito. Per fare questo i tecnici da più di un anno stanno lavorando a stretto contatto con le banche dati. Non ci si baserà, come per Ici e Imu, sul concetto di prima o seconda casa ma sarà importante la distinzione tra case sfitte e case affittate.
Le strade per riscuotere il “balzello” e spalmarlo sull’utenza erano due: legarlo alla fornitura dell’energia o alle abitazioni. Percorrere la prima voleva dire sollevare l’opposizione dei fornitori. E già ieri il presidente di Assoelettrica Chicco Testa è insorto parlando di «gran pasticcio», perché «il consumatore non saprebbe più cosa sta pagando e noi non riusciremo più a fare il nostro mestiere». Scegliere la seconda strada, tassare in base alle abitazioni, avrebbe voluto dire mettersi contro ancora una volta i Comuni. Ma come e quanto tassare le case sfitte? E come stabilire l’equiparazione? In che tempi far partire la riforma? Di sicuro per ora c’è solo che Renzi ha preso un impegno parlandone su una rete del servizio pubblico. Fatalità quella che secondo i suoi fedelissimi gli avrebbe remato contro. Ma questo è un altro discorso.

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