TERAMO - "L'idea di una Asl unica regionale va abbandonata, ma se proprio si deve fare, che abbia sede a Teramo".
In un'intervista ad AbruzzoWeb il sindaco teramano, Maurizio Brucchi, si inserisce così nel dibattito sulla riorganizzazione della sanità abruzzese che, con l'uscita dal commissariamento, tornerà presto a essere materia di competenza del Consiglio regionale, e chiede anche che la ripartizione dei fondi torni ad essere pro capite.
Tra le ipotesi allo studio quelle di una Asl unica, verso la quale ci sarebbero degli scetticismi legati alla necessità di dover comunque strutturare dipartimenti provinciali con altrettanti responsabili, o di due Asl, facendo tesoro dell'esperienza delle vicine Marche che hanno dovuto rivedere la loro scelta di una sola azienda per tutta la regione.
Soddisfatto del di battito nel Consiglio comunale straordinario di venerdi sera sulla sanità con l'assessore regionale Silvio Paolucci, il sindaco rilancia la battaglia contro la marginalizzazione della città nel nuovo indirizzo politico regionale che con l'elezione di Luciano D'Alfonso ha spostato l'asse su Pescara.
Teramo, dopo il quinquennio del centrodestra alla guida della Regione, sembra tornato a essere periferia dell'impero, dopo quasi 6 anni di glorie in cui "Teramo sicuramente ha avuto maggiori finanziamenti, tante risorse che ci hanno permesso di risolvere tanti problemi". Dal governo di Gianni Chiodi "abbiamo tratto indubbi vantaggi", ammette.
Brucchi tende comunque a sdrammatizzare, perchè "è fisiologico che ci sia la tendenza ad avvantaggiare il proprio territorio".
"A Chiodi siamo grati per aver dato qualcosa che, però, prima alla nostra città non veniva riconosciuto. Lui è stato il primo teramano a guidare la Regione, visto che Mattucci e Salini in fondo erano di Atri e Castilenti. Con lui abbiamo solo riequlibrato le disparità con le altre province".
"C'è ora in atto una competizione tra L'Aquila e Pescara su chi deve avere la sede della Asl unica, io dico che tra i due litiganti il terzo gode!", esclama poi.
"Riconosco all'Aquila la dignità di capoluogo, ma se alcuni territori rischiano la desertificazione allora non ci sarebbe nulla di scandaloso a individuare Teramo come sede. È vero che Pescara sarebbe geograficamente più centrale, tuttavia in Abruzzo non c'è una città baricentrica".
"In un discorso di equilibrio, e alla luce di quello che sta accadendo con Prefettura, Questura, Vigili del Fuoco, Teramo sarebbe l'unica che perde tutto. Significherebbe consegnare la Val Vibrata alle Marche, che è una delle aree più produttive della regione".
Eppure, Brucchi non sembra proprio percepire uno spostamento degli equilibri politici e la dissolvenza di quel gruppo di potere che, fino ad appena un anno e mezzo fa, sembrava decidere le sorti della regione, in quell'ideale triangolo Celano-Chieti-Teramo con gli uomini forte del centrodestra senza il cui avallo non si faceva neanche un passo.
"In un momento di crisi non è questo il tema, chiunque governa deve essere attento a tutto il territorio", taglia corto.
Ma la flotta di parlamentari di centrodestra (Forza Italia e Nuovo centro destra) non sembrano d'un tratto spariti nel nulla? "Io posso parlare per i teramani: Paolo Tancredi l'ho coinvolto ed è al mio fianco. Di certo, c'è un problema di tutta la classe dirigente regionale se nelle vicine Marche non tagliano neanche una prefettura e qui due", sottolinea.
All'assessore regionale alla Sanità il sindaco di Teramo ha chiesto due cose, oltre a quella della Asl unica.
Che la città mantenga l'ospedale nell'attuale livello visto che è dotato di tutte le specializzazioni, "a eccezione di Rianimazione neonatale nessuno deve cederci nulla" dice Brucchi, e che la ripartizione dei fondi della sanità torni ad essere pro capite.
"Non è possibile che, come avvenuto nel 2012 e 2013 diamo 24 milioni di euro l'anno all'Aquila. Allora era tollerabile perché legato al commissariamento e andava messo tutto in pareggio, ma oggi essendo rientrati nei parametri torniamo a dare a ciascuno il suo", sbotta.
Sull'ipotesi Asl unica, Brucchi apre all'ipotesi di centrale unica di acquisto. "Se il problema è questo se ne faccia una regionale, ma i territori devono mantenere presidi importanti per la collettività".
E sull'ospedale unico provinciale, parla della "necessità di aprire un dibattito sul territorio perché non abbiamo strutture a norma".