PARIGI Senza aspettare l'assalto al dirigente e le immagini dei manager di Air France coi vestiti strappati, il ministro delle Finanze Michel Sapin aveva già iniettato una dose di tensione nel dossier Air France. Ieri mattina, il ministro ha fatto sapere che la compagnia di bandiera francese è «in grandissima difficoltà» e che no, «se non si prende nessuna misura» nessuno può assicurare che l'azienda non sparisca, inghiottita dai suoi debiti. Il ministro sa di cosa e quanto parla, visto che lo Stato detiene ancora il 16 per cento del capitale della compagnia. Dall'Assemblée Nationale il capogruppo socialista Bruno Le Roux ha confermato di essere «preoccupato » e di temere «la scomparsa della compagnia francese». Già nel 2013, quando il gruppo Air France - Klm aveva rifiutato di partecipare a un aumento di capitale in Alitalia, di cui giudicava i conti e le prospettive non affidabili, era chiaro che erano gli olandesi a decidere e che i francesi annaspavano quasi quanto gli italiani. Da allora diversi piani si sono succeduti: prima quelli di ristrutturazione, i vari Transform 2012 e 2015, poi il nuovo quinquennale strategico Perform, che dovrebbe traghettare l'azienda verso una nuova fase di crescita all'orizzonte 2020, ma sul quale ancora non c'è l'accordo. L'obiettivo resta lo stesso: sanare il debito, tornare alla competitività, fare i conti con le compagnie lowcost, che impongono di diminuire i costi. Dal 2011, da quando De Juniac è arrivato alla guida del gruppo franco-olandese, si sono succedute tre ondate di tagli per un totale di 10500 posti in meno su 67mila. A questi si dovrebbero aggiungere i 2900 tagli proposti ieri dal Comitato d'impresa che ha provocato l'assalto alla sala riunioni.
IL PIANO B Si tratta di un piano B che l'azienda teneva nel cassetto in caso di fallimento dei negoziati con i piloti. E fallimento c'è stato. I piloti Air France sono da tempo sul piede di guerra. Un anno fa sono riusciti a far abbandonare alla compagnia il progetto di low cost Transavia Europe, che comportava cambiamenti di status per il personale di volo, al termine di uno storico sciopero di dieci giorni che fece perdere all'azienda 15 milioni di euro. Una settimana fa, nuovo no al piano Transform, che chiedeva ai piloti un centinaio di ore supplementari di volo l'anno senza aumento di stipendio. Ecco allora il piano B, quello dell'ultima chance secondo la direzione e anche secondo il governo, che continua a fare pressioni sui sindacati.
LA ZAVORRA Air France non riesce infatti a liberarsi della zavorra di un debito che è ancora di 4 miliardi e mezzo di euro. La fine del 2015 doveva segnare l'uscita dal rosso, ma il lieto evento è stato di nuovo rimandato. Il Transform in versione corretta prevede di ottenere un 10 per cento di produttività in più tagliando non soltanto posti di lavoro, ma anche aerei della flotta e alcune linee. I tagli di personale dovrebbero avvenire su base volontaria (anche se i sindacati hanno detto di temere licenziamenti «secchi» soprattutto per i piloti). A lasciare l'Air France entro il 2017 dovrebbero essere 300 piloti, 1900 tra hostess e steward e 700 dipendenti a terra. La direzione inoltre avrebbe dovuto annunciare ieri mattina - se la riunione fosse proseguita - il rinvio dell'arrivo dei nuovi 787 per il lungo raggio comandati a Boeing. I primi velivoli dovevano arrivare a fine anno. Per i piloti Air France è un nuovo colpo, proprio mentre i loro colleghi Klm cominceranno a guidare i nuovi 787 ametà novembre. Il famoso piano B prevede inoltre l'alleggerimento di alcune linee, con la riduzione della frequenza dei voli. Secondo la compagnia, queste sono le sole condizioni per puntare a 750 milioni di benefici entro il 2017 e ricominciare a investire. Philippe Evain, presidente di Snpl, primo sindacato di piloti ha fatto sapere (ma sempre prima dell'insurrezione di ieri) si essere «pronto a nuove proposte. Siamo sempre aperti alla discussione».