PESCARA Undici anni e mezzo di carcere: è la pena complessiva chiesta dalla procura di Pescara per la cosiddetta “Rifiutopoli abruzzese”, la vicenda giudiziaria che il 22 settembre del 2010 portò all'arresto dell'ex assessore regionale alla Sanità Lanfranco Venturoni e dell'imprenditore Rodolfo Di Zio. La richiesta è stata formulata ieri dalla pubblica accusa, rappresentata dai pm Gennaro Varone e Anna Rita Mantini, nel corso del processo davanti al Tribunale collegiale di Pescara, presieduto dal giudice Angelo Zaccagnini. Nello specifico, l'accusa ha chiesto cinque di anni di reclusione per Venturoni, ex presidente del consiglio di amministrazione della Team Spa, e per l'imprenditore Rodolfo Di Zio; un anno e sei mesi per il deputato di Forza Italia Fabrizio Di Stefano; l'assoluzione per non aver commesso il fatto per l'imprenditore Ferdinando Ettore Di Zio; l'assoluzione perché il fatto non costituisce reato per l'ex amministratore delegato della società Team Teramo Ambiente, Vittorio Cardarella; e una multa pari a 100mila euro per la società Deco del gruppo Di Zio. Per Venturoni e Rodolfo Di Zio i pm, inoltre, hanno chiesto l'assoluzione da uno degli episodi di corruzione contestati, e cioé il versamento, in più occasioni, di denaro contante da parte di Di Zio all'ex assessore tra il gennaio 2007 e il dicembre 2008. La sentenza è attesa per il 29 ottobre. L’inchiesta, che riguarda fatti avvenuti tra il 2006 e il 2009, sostanzialmente ruota attorno alla realizzazione di un impianto di bioessiccazione che sarebbe dovuto sorgere a Teramo, sui terreni della Team, la società pubblica di gestione dei rifiuti. Gli imputati sono accusati, a vario titolo, di corruzione, istigazione alla corruzione, abuso d'ufficio, peculato, turbativa d'asta, millantato credito. Fulcro della vicenda è quello che la procura ha definito nel capo di imputazione «un piano di svuotamento della società Team» che sarebbe stato messo in atto, sostiene sempre l’accusa «per far ottenere alla Deco, senza il ricorso al metodo dell’evidenza pubblica, l’affidamento dell'appalto per la costruzione e la gestione di un impianto di bioessiccazione». In Aula il pm Varone, supportato anche dalla proiezione di alcune slide, ha ripercorso tutta la vicenda sostenendo che «il processo ha dimostrato che tra l'imprenditore Rodolfo Di Zio e l'ex assessore Venturoni esisteva un vero e proprio patto che aveva come oggetto questo scambio: la concessione, senza gara, da parte di Venturoni alla società Deco di Di Zio di appalti da centinaia di milioni di euro. In particolare l'appalto per la costruzione di un inceneritore e un altro per la realizzazione di un impianto di Trattamento meccanico biologico». Un concetto sostanzialmente ribadito e messo in evidenza anche dal pm Anna Rita Mantini. Cosa dà in cambio Di Zio, che «vuole diventare monopolista in Abruzzo di tutta la filiera dello smaltimento dei rifiuti», a Venturoni? Varone non ha dubbi «denaro al partito cui appartiene Venturoni». Secondo Varone, che ha parlato per quasi due ore, i finanziamenti di Di Zio al partito, anche se erogati e dichiarati nel rispetto di quanto previsto dalla normativa, «sono in realtà» la contropartita di atti illeciti, la compera di un atto della pubblica amministrazione». L'accusa li ha elencati i finanziamenti, pari complessivamente a circa un milione di euro, elargiti da Di Zio, nel periodo 2005-2009, ai partiti politici e, nello specifico, ad alcuni esponenti di Forza Italia e del centro destra. Varone cita i finanziamenti a Fabrizio Di Stefano, all'ex presidente della Provincia di Chieti, Enrico Di Giuseppantonio, all'ex consigliere regionale Emilio Nasuti, al consigliere regionale Lorenzo Sospiri, al senatore Paolo Tancredi e all'ex senatore Filippo Piccone. «Di Zio» ha sostenuto Varone «chiede a Di Stefano di attivarsi per rendere più rapida la modifica normativa necessaria per consentire la costruzione dell'inceneritore» e di assecondare la sua richiesta di rimuovere Riccardo La Morgia dalla presidenza del Consorzio dei rifiuti Lanciano. «E' strano» ha evidenziato il pm «che un senatore della Repubblica anziché chiedersi perché Di Zio volesse rimuovere La Morgia, ha operato per mandarlo via. La conseguenza di questa azione - ha aggiunto il pm - è stata che negli anni la collettività ha sopportato un costo in più di circa 12 milioni di euro». Parlando di Paolo Tancredi, la cui posizione è stata stralciata e mandata prima a Teramo e poi a Roma per competenza, Varone ha detto che il suo ruolo era quello di «garante dell'affidamento, della costruzione dell'inceneritore, alla società che si sarebbe dovuta creare tra la Deco e la Ecodeco di Milano». L'accusa ha pure parlato dell'intenzione dell'ex senatore Filippo Piccone di costruire un secondo inceneritore su un terreno di sua proprietà nella zona di Avezzano.