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Pescara, 23/11/2024
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Data: 08/10/2015
Testata giornalistica: Corriere della Sera
L’Italia si prepara a missioni di bombardamento contro Isis. Iraq, il piano del governo: allargare il consenso ma evitando il voto in Aula. Due le opzioni per il premier. Matteo Renzi: voto o semplice informativa.

ROMA Entro un mese i quattro Tornado italiani impegnati in Iraq potrebbero partecipare attivamente ai raid contro i terroristi dell’Isis. Nei prossimi giorni il governo sonderà i partiti di maggioranza e opposizione per avere il massimo consenso nell’autorizzare quelle nuove regole di ingaggio sollecitate dagli Stati Uniti e dalle stesse autorità di Bagdad. Poi prenderà una decisione rispetto alla doppia opzione da far valere in Parlamento: voto oppure semplice informativa.

La risoluzione approvata nell’agosto del 2014 dal Senato per concedere il via libera alla missione in Iraq consente già interventi di attacco, tanto che più volte nel corso dell’ultimo anno il governo si è limitato ad aggiornare il Parlamento sull’evoluzione della situazione e sulla natura dei mezzi e del personale impiegato. Ma nei contatti di queste ore con i ministri di Difesa ed Esteri il presidente Matteo Renzi ha ribadito la necessità di coinvolgere in maniera attiva le Camere. E dunque si potrebbe arrivare al compromesso della votazione in seduta congiunta delle Commissioni competenti, in modo da poter meglio gestire l’eventuale dissenso.

Una consultazione dell’Aula parlamentare presenta mille incognite, soprattutto in una materia così delicata e in un momento storico che coincide con l’avvio del Giubileo, l’8 dicembre prossimo, e il timore di possibili attacchi terroristici. La risoluzione già approvata oltre un anno fa, ha il pregio di aver dato seguito a una decisione presa in sede europea con la copertura dell’Onu. Prevede «di rispondere, d’intesa con i partner europei e transatlantici, alle richieste di aiuto umanitario e di supporto militare delle autorità regionali curde, con il consenso delle autorità nazionali irachene». Dunque potrebbe bastare un passaggio in Commissione.

Sulla necessità di partecipare ai raid insistono ormai da settimane i comandi militari, pressati dalle istanze degli alleati. E convinti che nella partecipazione alla Coalizione internazionale l’Italia non possa essere relegata a un ruolo secondario, anche tenendo conto che la stessa risoluzione approvata dal Parlamento autorizzava la partecipazione del contingente militare «considerato che l’occupazione di ampie porzioni di territorio iracheno e siriano sotto il controllo di forze terroristiche fondamentaliste rappresenta una seria minaccia alla sicurezza internazionale, come stabilito dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite». E impegnava tutti gli Stati a «incoraggiare la formazione di un nuovo governo iracheno in cui possano riconoscersi tutte le componenti di quel Paese».

Priorità che il segretario di Stato americano Ashton Carter ha ribadito anche ieri al titolare della Difesa, Roberta Pinotti. Matteo Renzi sa bene che un rifiuto dell’Italia peserebbe non poco nelle relazioni internazionali, però è anche consapevole dell’effetto che un impegno in azioni di guerra può avere sull’opinione pubblica, visto che inevitabilmente aumenterebbe il rischio di ritorsioni dei fondamentalisti. Argomento che le opposizioni potrebbero sfruttare proprio per screditare l’azione di governo.

Dunque - è la convinzione a Palazzo Chigi - è necessario creare il massimo consenso possibile, utilizzare lo stesso schema adottato quanto si decise di inviare armi ai peshmerga curdi.
Non a caso a poche ore dalle anticipazioni del Corriere della Sera sul cambio delle regole d’ingaggio, l’ambasciatore iracheno a Roma, Saywan Barzani, ha parlato delle «centinaia di militari italiani da tempo a Erbil per addestrare militari e polizia», ha ricordato l’impegno dell’Italia «nell’invio di armi e aiuti» e poi ha aggiunto: «Tutti quelli che possono contribuire a bombardare l’Isis sono i benvenuti». E il ministro Pinotti, al termine dell’incontro con il segretario alla Difesa statunitense Carter, ha pesato le parole sottolineando come «nessuna decisione sarà presa senza il coinvolgimento del Parlamento».

«Coinvolgimento», è questa la parola d’ordine tenendo conto che in Iraq ci sono già più di 500 militari equipaggiati con aviorifornitori, due Predator, un aereo per il rifornimento in volo, oltre ai quattro Tornado attualmente utilizzati in compiti di ricognizione e sorveglianza.

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