ROMA Trecento milioni. Sarebbe questa, secondo indiscrezioni, la cifra che il governo sarebbe pronto a mettere sul piatto per i rinnovi contrattuali dei dipendenti pubblici, che non possono più essere rinviati dopo la sentenza della Corte costituzionale della scorsa estate. Una somma che minimizza il costo finanziario per lo Stato, impegnato a far quadrare i conti di una manovra da 27 miliardi, ma che viene giudicata assolutamente insufficiente dai sindacati, che parlano di cifra «inaccettabile» perché si tratterebbe di «8-10 euro lordi al mese, meno di una pizza». «Se le cifre fossero confermate ci sarebbero necessariamente delle iniziative da assumere», dice Michele Gentile, responsabile settore pubblico della Cgil, ricordando che in 6 anni di blocco i circa 3,2 milioni di dipendenti pubblici hanno perso circa 300 euro a testa al mese. E di una misura «irrealistica, anche rispetto a quanto stabilito dalla sentenza della Corte costituzionale» parla la Uil, spiegando che «con 300 milioni sarebbe impossibile sottoscrivere un qualsiasi contratto degno di questo nome».
Il primo contatto tra le parti, ancora prima del varo da parte del Consiglio dei ministri della legge di Stabilità, è previsto per martedì, quando si aprirà all’Aran il tavolo per la riduzione dei comparti da 11 a 4 dei comparti di contrattazione, passaggio richiesto dalla legge Brunetta del 2009. Solo dopo questo negoziato in qualche modo preliminare si andrà al confronto vero e proprio sul contratto. I margini per aumentare le risorse, comunque, non sarebbero ampi; dal punto di vista del governo la somma esigua sarebbe giustificata dai bassi livelli di inflazione degli ultimi anni.
LE RISORSE COMPLESSIVE
Proprio sulle risorse complessive si sta ragionando in questi ultimi giorni prima del varo della legge di Stabilità. Insieme alla conferma dell’impegno per rinnovare l'ecobonus per la riqualificazione energetica (oltre al bonus ristrutturazioni) e al rafforzamento dell'art bonus (che passerebbe l'anno prossimo al 55% dal 65% attuale), il governo punta su un sostanzioso pacchetto per le imprese, compreso il ripristino della tassazione agevolata al 10 per cento per la parte di retribuzione dei dipendenti legata alla produttività. Ma le priorità restano il taglio dell'Ires e i “superammortamenti” per rilanciare gli investimenti e l'innovazione. Per questa misura l'esecutivo sarebbe pronto a stanziare circa un miliardo. Cui si aggiungerebbero 300 milioni per il rifinanziamento del Fondo di Garanzia per le Pmi, 200 milioni per la Guidi-Padoan, altrettanti per il credito d'imposta per ricerca e sviluppo. E poi 90 milioni per l'ecobonus per le imprese e 60 milioni in più per il bonus per il Made in Italy. In tutto circa 1,8 miliardi.