ROMA Il capitolo della legge di stabilità dedicato al pubblico impiego non piace affatto ai sindacati e le sigle degli statali vanno all’attacco annunciando una «mobilitazione durissima» contro uno stanziamento di risorse per il rinnovo del contratto che viene giudicato alla stregua di «una mancia» o meglio a «una provocazione». La leader della Cgil, Susanna Camusso, aggiorna subito l’incremento mensile che arriverebbe dai 200 milioni di euro previsti per il 2016: il conto si ferma «a 5 euro al mese». Per il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, si tratta di «una scelta in palese violazione della sentenza della Corte costituzionale», che ha sancito l’illegittimità del blocco. Insomma, riconosce la leader della Cisl, «i lavoratori del pubblico impiego hanno tutte le ragioni per essere arrabbiati». I prossimi giorni saranno cruciali per capire quali saranno le reazioni che metterà in campo il sindacato e già martedì prossimo si vedranno i responsabili del pubblico impiego delle tre sigle. Si cercherà quindi di dare una risposta unitaria anche se le sfumature, magari anche qualcosa in più, non mancheranno, soprattutto se, e appare molto probabile, tra le ipotesi al vaglio comparirà anche lo sciopero. A preoccupare i sindacati non è soltanto il quanto, ossia la cifra messa da parte, ma anche il come, cioè la modalità attraverso cui i soldi dovrebbero arrivare nelle buste paga. Infatti, almeno stando alla bozza della legge di stabilità, c’è il richiamo a una legge del 2008, secondo cui, in attesa di un accordo tra le parti, le risorse previste per il rinnovo potrebbero essere erogate dal governo come anticipazioni. D’altro canto la trattativa appena aperta all’Aran per sciogliere il nodo dei comparti, una sorta di preambolo al tavolo vero e proprio, si fa ancora più difficile. L’intesa, almeno per ora, c’è invece tra le categorie di Cgil, Cisl e Uil che in una nota comune sottolineano: «Non accettiamo la provocazione di Matto Renzi. I 300 milioni, che poi diventano 200 a fine serata, della “stabilità” elettorale del governo, non sono un contratto ma una mancia». Passano ai fatti i lavoratori dell’Usb, il sindacato di base, che hanno portato la loro protesta davanti a Palazzo Vidoni, sede del ministero della P.A. Non c’è comunque in ballo solo la questione pubblico impiego, per Camusso infatti «non si può pensare che» il tema della flessibilità pensionistica «venga rinviato fuori manovra». Conferma Barbagallo, secondo cui si sono seguite «le vecchie logiche “cerchiobottiste” democristiane».