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Data: 19/10/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
La Legge di stabilità 2016 - Manovra, nel Pd è alta tensione Bersani attacca. Altolà dei renziani. Pronta la contro-finanziaria dei ribelli ma niente scissione. Speranza: referendum dem sulle tasse. Cantone: errore il contante a 3mila euro

ROMA Due giorni fa Bersani non ha nascosto ai fedelissimi il suo tormento. Il tormento di uno dei padri nobili del Pd che non vuole lasciare la casa dem ma che non la sente più sua. Di chi mette in conto di dover accettare anche la leadership futura di Renzi ma non per questo rinuncia a battaglie all’arma bianca nel merito. L’ex segretario, pur confidando di non voler tirare troppo la corda per non spezzarla, lancia l’affondo: con il taglio della tassa sulla prima casa per tutti, «si viola la lettera e lo spirito dell'articolo 53 della Costituzione che parla di progressività», le norme «introducono per via di fatto un 53 bis: chi ha di più paga meno». Bersani tuona contro chi sfida «l'intelligenza degli italiani. Dire che, a parità di welfare, abbassare le tasse è buono e giusto è come dire viva la mamma. Nessuno può obiettare. Ma abbassarle prima di tutti a chi, e come, e per che cosa? Spero sia ancora possibile discuterne». «Ormai con Bersani siamo alle barzellette», risponde il renziano Carbone.
Sulla legge di stabilità comincia questa settimana il secondo tempo dello scontro nel Pd dopo il braccio di ferro sulle riforme. Ma l’orientamento dei cosiddetti dissidenti, visto che sul ddl Boschi vigeva una sorta di libertà di coscienza e non valeva la disciplina di partito, è differente: al Senato, per esempio, qualora fosse confermato che il governo porrà la questione di fiducia, si potrà arrivare – viene riferito – al massimo a non partecipare al voto finale. Ma votare contro nell'Aula di palazzo Madama no, questa linea al momento la perseguono in pochissimi. Cuperlo e Speranza terranno una conferenza stampa per esporre un memorandum delle modifiche che occorrerebbe apportare. E’ prevista una posizione comune tra le due correnti.
LE MISURE
Il lavoro sugli emendamenti è quasi ultimato, anche se si aspetta il testo del governo con il bollino della Ragioneria. Prevede misure sulla flessibilità per i pensionati, un intervento sull’Irpef, no all'abolizione della tassa sulla prima casa per i più ricchi, no all'innalzamento a 3.000 euro del tetto ai contanti (anche Cantone ieri ha detto di essere contrario a questa norma, «così – ha spiegato - non si fa lotta all'evasione, c'è bisogno di stabilità normativa»), l’aumento dei fondi per il Sud e per la sanità, aiuti agli enti locali e al pubblico impiego. Ma con la blindatura della legge anche la presentazione di un documento diventerebbe inutile, spiegano dalla minoranza del Nazareno. Sul banco degli imputati finisce il segretario, la sua volontà di non aprire subito un tavolo di confronto, di mettere i bersaniani nell’angolo. «Questa tattica – attacca Fornaro – diventerà un boomerang. La mancanza di equità può causare reazioni trasversali». L’obiettivo dei bersaniani è portare la battaglia sulla legge di stabilità anche fuori dal Parlamento, «sarebbe interessante – propone Speranza - consultare i nostri iscritti, per capire che opinione hanno sul taglio delle tasse sulla casa in legge di stabilità, su questo meccanismo da Robin Hood al contrario per cui si fa un regalino a chi ha già di più».
Nessuna ipotesi di scissione per ora, ma tanti interrogativi da parte di chi si sente ormai un esule in patria. La legge di stabilità viene considerata come l’ultima occasione per marcare le distanze con Renzi, «da novembre in poi il premier avrà la strada spianata e poi a luglio potrà contare – è il ragionamento di chi non ha ancora deciso cosa fare – sulla pistola carica dell’Italicum». Il prossimo a salutare sarà D’Attorre: il suo obiettivo è quello di creare uno spazio ulivista, un soggetto di centrosinistra con i prodiani e i cattolici in sofferenza nel partito. Ma gli altri bersaniani resteranno. Tuttavia, qualora i voti dei verdiniani dovessero risultare decisivi, la minoranza del Pd tornerebbe all’attacco. Il timore degli stessi renziani è che il Capo dello Stato possa chiedere una verifica per l’avvenuta modifica della maggioranza.

E ora spunta il taglio dell’Irap per 400 mila partite Iva. Nella manovra intervento a favore di artigiani e professionisti: la deducibilità sale a 12 mila euro, per molti il prelievo si azzera.

ROMA Taglio dell’Irap per artigiani e professionisti, cancellazione della multa da 500 euro per chi non paga il canone Rai e Tasi che, eliminata su tutte le prime case, rischia di sopravvivere per i proprietari di ville e castelli. Il testo ufficiale della legge di stabilità non è ancora stato pubblicato e già si rincorrono le voci sui capitoli da modificare in Parlamento. Il disegno di legge dovrebbe essere inviato oggi al Quirinale per approdare nella prima parte della settimana in Senato, da dove inizierà l’iter della sessione di Bilancio, accorciando così i tempi rispetto allo scorso anno. Il provvedimento, che sta creando diffusi malumori nella minoranza Pd oltre che nell’opposizione, è al centro di un acceso dibattito politico che vede il fisco in primo piano. Il governo, che rivendica le molte misure che riducono le tasse, punta ad accentuare questa strategia. E nelle ultime ore le attenzioni di Palazzo Chigi si sono concentrate sull’Irap.
L’IPOTESI FORTE L’ipotesi che prende corpo è quella di aumentare ulteriormente le deduzioni delle quali già usufruiscono i lavoratori autonomi e le associazioni professionali in modo di ridurre e, in moltissimi casi, di abbattere del tutto il prelievo. Secondo alcuni calcoli che circolano al ministero dell’Economia, sarebbero circa 400 mila i soggetti che potrebbero essere coinvolti nell’operazione. In particolare, con una base imponibile non superiore a 180 mila euro, il tetto di deducibilità utilizzabile dal contribuente salirebbe da 10 mila e 500 euro a 12 mila euro.
IL CANONE RAI Appare intanto ormai al tramonto l’idea, già smentita da Palazzo Chigi e bocciata da Michele Anzaldi, deputato del Pd e segretario della commissione di Vigilanza, di applicare una sanzione di 500 euro nei confronti di chi evaderà anche dopo la riforma che, dal 2016, inserirà il canone Rai in bolletta. Restano però in piedi diverse incognite legate all’operazione. Il governo punta a rateizzare i 100 euro dovuti in più mensilità e a far pagare solo le abitazioni di residenza. Ma, per stare in piedi, quest’ultimo proposito ha bisogno di una forte collaborazione tra gestori in concorrenza tra loro. Intanto si inasprisce la battaglia, tutta interna al Pd, sulla Tasi. Nel disegno di legge ville e castelli sono esenti dal versamento della Tasi al pari di tutte la altre prime abitazioni ma nel governo non sono poche le voci che non escludono, per ragioni di equità impositiva, un ripensamento. Sono 45 mila in Italia le dimore di lusso interessate e attualmente versano all’erario circa 90 milioni di euro.
L’ITER PARLAMENTARE Tra le altre mine che il governo dovrà disinnescare (in attesa del via livera di Bruxelles ad utilizzare la cosiddetta clausola di salvaguardia per anticipare il taglio dell’Ires) ci sono anche il malumore di Comuni e Regioni in allerta per i tagli inaspettati ai budget e le resistenze dei dirigenti dei ministeri in fibrillazione per l’ipotesi di una stretta su retribuzioni e poltrone. Così, nel corso dell’iter parlamentare della legge di Stabilità, oltre al taglio del numero dei supermanager pubblici e dei loro stipendi, potrebbe sparire anche la sforbiciata agli uffici di diretta collaborazione dei ministri: malumori e tensioni sarebbero crescenti e si starebbe valutando l’ipotesi di non introdurre queste misure in manovra.

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