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Pescara, 24/11/2024
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Data: 19/10/2015
Testata giornalistica: Il Centro
"Rai: perche' pagare un servizio non richiesto?"

Gentile direttore, da sempre tutte le fonti di informazione ricordano che il canone Rai è la tassa più odiata, quella più evasa, naturalmente insieme a molte altre. Mai una volta che venga spiegata la ragione di questo odio, si tirano in ballo gli stipendi esagerati e spesso immotivati di certi conduttori, i costi faraonici di certi eventi come il festival di Sanremo o i diritti strapagati per alcuni avvenimenti sportivi. Non si prende mai in considerazione quella che è vera la causa scatenante di questo astio profondo. Si sostiene che la Rai debba essere pagata con i soldi pubblici in quanto fornitrice di un servizio pubblico, ma in merito a questa definizione avrei alcuni dubbi. C'e' una sostanziale differenza tra servizio pubblico e servizio imposto. Anche le aziende di telefonia, le società che hanno le concessioni autostradali e molti altri casi simili forniscono un servizio che è pubblico a tutti gli effetti, ma nessuno mi impone di servirmene. Nessuno mi obbliga a usare le autostrade, a prendere una patente o un passaporto, ad avere una utenza telefonica. Posso anche decidere di non curarmi, se ho problemi di salute: nessuno può obbligarmi (o quasi). La chiave è proprio questa: se non voglio essere informato in questo modo, se voglio rimanere ignorante, se non credo che il servizio spacciato per pubblico sia effettivamente tale (in quanto strettamente al servizio dei partiti lottizzatori) e voglio quindi informarmi attraverso altri canali: posso? Evidentemente no. Non potevo prima, posso ancora meno adesso con le nuove regole. In base a quali principi? Non mi è dato di saperlo. Andrea Bucci, via mail

Il canone Rai, formalmente, si paga per il semplice fatto di possedere un apparecchio radiotelevisivo: è un po' come il bollo dell'auto, che non è legato all'effettivo uso del veicolo, ma semplicemente al suo possesso. E' giusto? Al di là dei tecnicismi, io credo che la riflessione vada fatta sulla qualità del servizio pubblico: personalmente sarei felice di pagare i cento euro e spiccioli se la Rai diventasse lo specchio critico del paese, capace di stimolare e, perché no, divertire un'Italia sempre sospesa tra vecchie incrostazioni e voglia di migliorarsi.

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