LANCIANO Se il guardrail fosse stato a norma, più alto, e se avesse assolto alla funzione per il quale è costruito, Guerino Berghella, l’autotrasportatore 31enne di Fossacesia morto nel febbraio 2010 dopo essere precipitato con il suo camion da un viadotto dell’autostrada A14, sarebbe ancora vivo. È questa atroce consapevolezza che fa più male ai genitori, al fratello e alla nonna del camionista che, dopo anni di battaglia, hanno visto riconosciuta dal tribunale civile di Chieti l’inadeguatezza del guard-rail dell’A14, che non resse all’urto, e ottenuto un risarcimento di 900mila euro. «La morte di Guerino è riconducibile alla scarsa qualità e all’usura del guard-rail. La barriera non era sicura, non era collegata bene al muretto, ha avuto l’effetto di un trampolino di lancio, anziché contenere l’urto», dice l’avvocato Daniela Giancristofaro per spiegare la sentenza con cui il giudice Francesco Turco ha condannato la Società Autostrade al maxi risarcimento. Berghella perse la vita il 16 febbraio 2010. Attorno alle 5 del mattino, mentre tornava in Abruzzo da Milano, perse il controllo del camion sul viadotto Brusciano, vicino al casello A14 di Ortona. Abbattè diversi piantoni del guard-rail, il cartello d’indicazione del viadotto e volò giù per 30 metri, ribaltandosi. La polizia stradale, intervenuta sul luogo della tragedia, nel verbale annotò «che il guardrail non aveva opposto una valida resistenza», anche se il giovane «era stato vittima di un colpo di sonno». «In sede penale, infatti, il procedimento per omicidio colposo è stato chiuso con il proscioglimento del responsabile della Società Autostrade», aggiunge l’avvocato Giancristofaro, «ma siamo andati avanti a livello civile e, grazie anche alla perizia tecnica disposta dal tribunale, abbiamo dimostrato come la morte di Berghella fosse da ricondurre alla scarsa resistenza del guard-rail. Il giudice ha sottolineato che neppure l’eventuale condotta colposa del camionista (il colpo di sonno dovuto al mancato rispetto delle ore obbligatorie di riposo, ndc) avrebbe potuto esimere l’ente dalla sua responsabilità. Con questa esemplare sentenza, la prima in Italia», sottolinea il legale della famiglia Berghella, «si impegna la Società Autostrade a mettere a norma i tratti pericolosi a garanzia della sicurezza di tutti i cittadini». La sentenza non è appellabile per decorrenza dei termini, le parti in causa hanno già trovato l’accordo sul risarcimento. Che solo in minima parte, però, può lenire il dolore per la perdita di un figlio, un fratello, un nipote.