ROMA I castelli e le ville? «Pagheranno la Tasi». L’aumento dell’uso del contante? «Non aiuta l’evasione, né la combatte. Tremila euro è una misura semplice, è una misura liberale, è una misura per aiutare i consumi e sbloccare molte famiglie italiane». Alle 7 della sera e dopo una giornata scandita dalle critiche delle opposizioni e della minoranza dem, Matteo Renzi sceglie Facebook per rispondere ai suoi detrattori. Il premier ironizza su chi dice che la misura sul contante è incostituzionale: «E dai! Un po’ di serietà non guasta». Poi spiega che non è vero, come dicono le opposizioni, che non si pagherà la Tasi su ville e castelli: «I castelli pagheranno. Le categorie catastali A1, A8, A9 avranno lo stesso trattamento della misura del 2008». E ancora: «A chi dice che la manovra sulla casa l’aveva fatta anche Berlusconi, dico che è vero. La norma è la stessa con due sole differenze: noi non cambieremo idea come lui nel 2011 che votò per rimettere l’Ici cambiandole il nome in Imu; noi non faremo pagare il conto ai Comuni della differenza» attacca Renzi, che polemizza con Salvini sul canone Rai («Se tutti pagano, paghiamo meno»), annuncia più soldi su piste ciclabili e cultura e difende la manovra: «Le tasse scenderanno per tutti e per sempre». Nella legge di Stabilità ci sono anche altre novità. Via la Tasi per gli inquini ma non per tutti, solo per chi ha scelto come “prima casa” l’immobile in cui vive in affitto. E ancora: le pubbliche amministrazioni saranno tenute ogni anno ad approvare un piano biennale di acquisti e se ci saranno delle violazioni rispetto alle previsioni di spesa, ci sarà la «responsabilità amministrativa e disciplinare» dei dirigenti. Sono tante, insomma, le novità inserite nella legge di Stabilità, che ancora deve essere trasmessa al Quirinale per la firma ma che sarà formalmente presentata oggi in Parlamento, come ha annunciato ieri Renzi. Quel che è certo è che contro la manovra si concentrano le critiche delle opposizioni e della minoranza dem, che apprezza solo in parte la novità annunciata dal premier. «Su castelli e case di lusso primo passo avanti. Serve progressività. Chi ha di più paga di più. Chi ha di meno paga di meno», taglia corto Roberto Speranza. I dissidenti del Pd attendono il testo, ancora ieri sottoposto all’attività di limatura dei ministeri e di palazzo Chigi, per presentare gli emendamenti. A difendere il lavoro del governo ieri ci ha pensato anche Pier Carlo Padoan. «Con questa manovra la pressione fiscale scenderà dal 44,2% ora previsto nei tendenziali al 42,4%» precisa il ministro dell’Economia, che annuncia una spending review con «interventi strutturali» per oltre 5 miliardi e promuove a pieni voti la legge di Stabilità. «Questa manovra è espansiva e allo stesso tempo di risanamento. Nel 2016 l’indebitamento netto scende al 2,2% e il debito scende dopo molti anni di crescita» spiega il ministro, che dopo le critiche delle opposizioni rivendica il diritto di pensarla in modo diverso rispetto a un anno fa. «Nel caso del contante io ho cambiato idea. Rivendico il diritto di farlo. Dopo aver esaminato meglio la questione, l’evidenza mi dice adesso che non c’è una correlazione tra il limite al contante e la dimensione dell’economia sommersa». Una tesi che viene ribaltata dalla minoranza dem, che attacca su tre punti: limite del contante, abolizione della Tasi e misure per il Sud. Tutti interventi su cui Pier Luigi Bersani ha duramente criticato. Questo però non vuol dire che se il governo porrà la questione di fiducia sulla manovra, i dissidenti del Pd non la voteranno. Roberto Speranza è netto: «Di fronte a una richiesta di fiducia al governo, io non penso ci siano le condizioni per far mancare la fiducia».