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Pescara, 23/11/2024
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23/10/2015
Il Centro
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Corruzione all'Anas - Tangenti sugli appalti, arrestati Dirigenti Anas. Eseguite dieci ordinanze di custodia cautelare, recuperati 200mila euro. Trenta indagati Oltre a funzionari dell’ente coinvolti anche imprenditori, avvocati, manager e l’oscuro faccendiere, Meduri, ex sottosegretario Dc, ora nel Pd (subito sospeso) |
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Capo era una donna spietata che ha dato il nome all’inchiesta: “Dama nera”
ROMA C’è la “Dama nera” che sul tavolo dell’ufficio lasciava la sua borsa aperta, perché sapeva che qualcuno ci avrebbe infilato dentro una “busta”. C’è il “faccendiere oscuro”, e altri non è che il sottosegretario di turno, tramite indispensabile tra affari e politica. Nel mezzo, imprenditori, dirigenti, titolari di aziende, un avvocato, tutti coinvolti in «un collaudato sistema corruttivo, non episodico né occasionale» che per lo scambio di informazioni si serviva di “pizzini”. Questo accadeva nelle stanze della direzione generale dell’Anas (acronimo di Azienda nazionale autonoma delle strade), gestore pubblico della rete stradale e autostradale d’Italia e, ovviamente, più importante stazione di appalti pubblici, secondo l’inchiesta della Guardia di finanza dall’evocativo nome “Dama nera”. Dieci le ordinanze di custodia cautelare scattate all’alba di ieri. Tra le ipotesi di reato associazione a delinquere, corruzione e voto di scambio. Nella maxi-inchiesta ci sono anche (oltre) trenta indagati e un giro di tangenti accertato di 200mila euro (sequestrati) utilizzate per “muovere” appalti del valore di centinaia di milioni. Ma il movimento doveva essere ben più ampio, oltre che ben oleato nel tempo. E sul terremoto che si è abbattuto sul palazzo dell’Anas è intervenuto anche il premier Matteo Renzi: «Chi ruba il futuro dell’Italia non solo deve pagare ma deve essere cacciato senza alcun perdono». A capo della “cellula criminale” c’era Antonella Accroglianò, 54 anni, dirigente responsabile del coordinamento tecnico amministrativo di Anas Spa, soprannominata appunto “Dama nera”. Era lei, secondo gli inquirenti, a gestire e coordinare gli affari, e sempre lei ha dato il nome all’inchiesta. Sempre lei chiamava, nelle intercettazioni, le mazzette “ciliegie” (“smozzicate” se la tangente non corrispondeva alla somma pattuita), o “libri”, “topolini”, “medicinali antinfiammatori”. E che il malaffare fosse nel suo pieno svolgimento lo testimonia il ritrovamento a casa di sua madre da parte delle fiamme gialle 70mila euro tra contanti e gioielli, bottino - ne sono convinti gli investigatori - frutto delle tangenti. Ricostruendo i movimenti della dirigente dell’Anas, il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, ha parlato della «sensazione deprimente della quotidianità della corruzione» e di come «la principale indagata andava in ufficio per lavorare ma il suo lavoro era gestire il flusso continuo della corruzione: c’era la borsa sempre aperta, arrivava qualcuno e ci metteva una busta. Trattava pure male i collaboratori che secondo lei non erano ritenuti all’altezza nell’aver a che fare con gli imprenditori per riscuotere le mazzette». L’ “Oscuro faccendiere” ed ex sottosegretario alle Infrastrutture coinvolto nell’inchiesta e finito ai domiciliari è Luigi Giuseppe Meduri, 73 anni, politico di lungo corso, vecchio democristiano, poi passato tra le fila del centrosinistra, tutt’ora iscritto al Pd (che lo ha sospeso appena saputo del suo arresto) e presidente della Regione Calabria dal 1999 al 2000 e dal 2006 al 2008. Ai domiciliari anche l’avvocato del Foro di Catanzaro Eugenio Battaglia, 53 anni, e gli imprenditori Concetto Albino Bosco Lo Giudice, 52 anni, Francesco Domenico Costanzo, 53 anni, e Giuliano Vidoni, 70 anni. Mentre in carcere, oltre alla “dama nera”, sono finiti i suoi colleghi dirigenti Oreste De Grossi, 59 anni, e Sergio Serafino Lagrotteria, 48 anni, ed i funzionari Giovanni Parlato, 48 anni, e Antonino Ferrante, 54 anni. Dall’inchiesta emerge il ruolo di Meduri all’interno del sodalizio: prima si sarebbe adoperato per mettere a disposizione il suo pacchetto di voti a favore del fratello della Accroglianò, Galdino, candidato alla Regione Calabria nelle liste dell’Udc, poi si sarebbe dato da fare per fargli avere un incarico all’interno di una partecipata della Regione, visto che, con grande disappunto dei coinvolti, Galdino non era stato eletto. In cambio però, avrebbe chiesto alla dirigente l’assunzione e la riconferma in Anas di due geometri a lui vicini. Secondo gli inquirenti, Meduri, avrebbe svolto anche il ruolo di mediatore veicolando a due imprenditori catanesi - Concetto Bosco Lo Giudice e Francesco Costanzo - precise richieste corruttive provenienti dai dirigenti pubblici. La tangente ruotava attorno all’appalto da 145 milioni di euro per la realizzazione della Variante di Morbegno, in provincia di Sondrio. Appalto che viene ceduto dagli imprenditori ad un’altra società di Sondrio (pratica illecita), ma solo dopo aver ottenuto l’autorizzazione dell’Anas. Per “l’accordo bonario” nelle tasche dei dirigenti arrivano 150mila euro in sei mesi. Il presidente Anas Vitorio Armani in serata ha fatto sapere che i dirigenti finiti nell’inchiesta «verranno licenziati senza indennizzo»
E tutti obbedivano al capo indiscusso nell’ufficio bustarelle «Questa è una scuola» diceva Accroglianò agli impiegati. La “principale” riceveva i soldi dai manager anche a casa
ROMA «Speriamo di tenerci forte come abbiamo fatto fino adesso e di fare un saltino in avanti per poterci aiutare... perché quello è poi lo scopo capito? io sono stata abituata in questo modo... chi cresce, chi fa un salto in avanti si porta gli altri dietro... questa è la scuola». È il 9 aprile di quest’anno quando Antonella Accroglianò manager di Anas, ma per la procura di Roma la “Dama nera” al centro di un giro di tangenti e corruzione, spiega ai funzionari suoi complici riuniti nell’ufficio accanto alla direzione generale, il valore della sua condotta definendola «questa è la scuola». I tre funzionari Sandro Assunto, Giovanni Parlato e Nino Ferrante che secondo il gip “obbediscono alle sue direttive, così da attribuirle il ruolo di capo indiscusso” non hanno dubbi «Noi siamo sponsor tuoi Antoné...» li sentono affermare i finanzieri che li intercettano. E la Accroglianò di rimando spiega la regola che deve tenere insieme il gruppo «...se viaggi da solo non fai niente... chi ha cercato di viaggiare da solo, poi l’hanno azzoppato... perché poi alla fine non ti riconoscono più». Giocava su più tavoli la “Dama nera” sia dal suo ufficio all’Anas sia nella sua abitazionel nel quartiere Trieste, zona residenziale di Roma nord. Qui riceveva gli imprenditori venuti dal sud per consegnare “tangenti” in cambio dell’accelerazione di pratiche burocratiche, all’Anas disponeva i suoi uomini per le operazioni di corruzione. Il procuratore di Roma lo ha definito «l’ufficio mazzette». Sono da poco passate le 10 dell’11 maggio quando la Accroglianò incontra Parlato. Devono accordarsi per ritirare la prima tranche di una tangente da 50mila euro dai fratelli di Vibo Valentia, Giuseppe e Valerio Silvagni. La mazzetta serve per ottenere in tempi rapidi la firma che sblocca la pratica di esproprio dei loro terreni per cui riceveranno dall’Anas 374mila euro come acconto, poi 187mila. Hanno inviato a Roma l’avvocato Eugenio Battaglia con i primi 25mila. Accroglianò fa capire che le spetta una quota superiore agli altri «non ho capito... io ho firmato, io ho fatto tutto... ho pigliato la responsabilità». Parlato acconsente: «certo... sei tu la principale». Il giorno dopo, il 12 maggio, è un giorno fatidico per l’organizzazione. La mattina Parlato assicura la manager che sta andando all’appuntamento con l’avvocato calabrese: «io all’una c’ho appuntamento a Trastavere.. ha detto che mi chiama l’avvocato... lui ne porta 25... faccio 10, 10 e 5 li porto già divisi». Accroglianò: «vai... ti mangi un panino con lui lo saluti». Ma qualcosa va storto e alle 13,45 una pattuglia della Finanza, durante un controllo che appare casuale ferma l’auto di Parlato e trova i 25mila euro divisi nelle buste. L’episodio preoccupa Antonella Accroglianò: teme che il funzionario spaventato possa aver rivelato qualcosa ai militari. Al telefono con Ferrante, l’altro funzionario complice confida: «come no? te lo dico io quello parla.. dice che c’eravamo pure noi...». Da quel momento, la “Dama nera” non si fida più di Parlato e il giorno detta la linea a Ferrante: bisogna scaricarlo. Accroglianò: «... può aver fatto il nostro nome Giovanni? a che pro ce l’aveva lui?... se li è presi lui ha speso il mio nome... questo può capitare a tutti io sono il dirigente ... ha speso il mio nome questo può succedere? io non ne ero a conoscenza... come posso controllare... era un esproprio che andava chiuso è venuto il legale che ci ha minacciato». Parlato viene estromesso. Al suo posto a prendere le bustarelle la Accroglianò invia Oreste De Grossi altro dirigente Anas. Il 6 luglio De Grossi è nel suo studio a prendere le direttive per ritirare una nuova mazzetta. C’è l’incontro con gli imprenditori della Tecnis, i cui manager sborsano tangenti in cambio di appalti. De Grossi chiede se verrà anche Giovanni. La Accroglianò si infuria: «basta dottore... che fa? non ha capito che Giovanni è intercettato dalla Finanza? ...Giovanni deve proprio sparire».
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