Due miliardi di euro mai investiti nella mobilità capitolina. È questa la cifra che balla nel triangolo dei contenziosi fra Regione Lazio, Comune di Roma e Atac. Ci sono i 680 milioni di euro che l’azienda dei trasporti reclama da tempo nei confronti della Pisana, ma ci sono anche 1,2 miliardi di euro che nel corso degli ultimi 2 anni la Giunta guidata da Nicola Zingaretti ha versato a saldo di debiti storici con Atac, ma che in parte non risultano nei bilanci di via Prenestina.
Si tratta di un giallo, quello degli 1,2 miliardi, che «Il Tempo» denunciò addirittura un anno e mezzo fa (il 14 marzo 2015) ma che è rimasto tuttora irrisolto. È evidente che una cifra così importante, per quanto vorace possa essere il presunto "buco nero" di via Prenestina, avrebbe assicurato liquidità e capacità d’investimenti alla municipalizzata. E invece? «Ad oggi sono stati saldati per il trasporto pubblico della Capitale – si legge in una nota della Regione Lazio - circa 485 milioni di euro direttamente ad Atac e 703 milioni a Roma Capitale per il Tpl, comprensivi degli oneri relativi al Contratto di Servizio». Perché, dunque, il Campidoglio non ha versato i 703 milioni di euro nelle casse della municipalizzata, tenendo conto che il saldo debiti-crediti fra i due soggetti è pressoché in pareggio? Che fine hanno fatto quei soldi? Mistero. «Questo problema degli oneri derivanti dal contratto nazionale – ha affermato l’ad dimissionario, Danilo Broggi - deve essere risolto anche per il futuro, stiamo parlando di quasi 70 milioni all'anno di costi che non vengono riconosciuti all'azienda», ha aggiunto. Non solo. «La situazione debitoria – ha dichiarato l’ad - che come si evince si è stratificata a causa della crescente mole di crediti vantati (alcuni risalenti al 1997), ha reso estremamente complessa la gestione dell’azienda, esponendola a costanti contenziosi, difficoltà di approvvigionamento e conseguenti inefficienze sulle forniture che hanno avuto pesanti impatti sull’erogazione del servizio».
Insomma, al di là dei giudizi sulla gestione della municipalizzata, resta il problema politico. Ieri, a via Prenestina, per la prima volta dopo diversi anni è stata convocata una conferenza stampa a cui ha partecipato tutto il management: Broggi, ma anche il presidente Roberto Grappelli (nominato dall’ex sindaco Gianni Alemanno) e alcuni dei dirigenti messi sotto accusa dall’assessore uscente, Stefano Esposito, a iniziare dal capo del personale, Giuseppe Depaoli. L’occasione per ribattere punto su punto sia alle accuse del senatore torinese (che ieri è tornato a chiedere la nomina di un "commissario") sia ai rilievi dell’Autorità Anticorruzione, che invece ha rilevato anomalie negli affidamenti per le forniture degli ultimi 5 anni. «I dati – si legge nel dossier - evidenziano che, nel 2014, oltre l’80% del valore delle gare, a fronte del 40% del 2013, è stato effettuato con bando pubblico, mentre è diminuito dal 60% a meno del 20% il ricorso a gare tramite albo fornitori (cd procedure negoziate), ossia svolte tramite piattaforma di e-procurement che comunque garantisce una totale affidabilità e trasparenza, avendo condotto a ribassi medi degli importi messi a gara del 26%. Gli affidamenti diretti sono ormai una percentuale insignificante delle gare, per numero e per valore. Fra il 2011 e il 2015 dei circa 2,1 miliardi di acquisti il 91%, pari a 1,9 miliardi, sono stati assegnati tramite gara». I dirigenti Atac sono entrati anche nel dettaglio di alcune notizie estrapolate in questi giorni dal dossier Anac, e in particolare sui pennelli e sui sedili per autisti, sottolineando che «si tratta di ampie forniture e non di acquisti singoli» e che, ad esempio, il prezzo unitario dei pennelli era di 1,4 euro (per un pacco di 150 unità).