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Data: 24/10/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Canone in bolletta con un’unica rata Tagli alle Regioni e ticket più cari. Manovra, si cambia ancora sulla tassa Tv: 100 euro nel primo pagamento del 2016. Per i governatori la stretta sale a 3,6 miliardi.

ROMA Sul canone in bolletta si cambia ancora. Il governo nell’ultima bozza della legge di Stabilità, quella inviata al Capo dello Stato Sergio Mattarella, ha riscritto la norma che prevede il pagamento della tassa sulla Tv pubblica insieme al costo dell’energia elettrica. Nella nuova formulazione la novità più rilevante, è che il pagamento non sarà più spalmato sulle sei bollette bimestrali, ma sarà caricato tutto in un’unica soluzione nella prima fattura del 2016 successiva alla scadenza del canone. Considerando che al momento la scadenza per il pagamento del canone è fissata per il 31 gennaio, la prima bolletta utile dovrebbe essere quella di febbraio. Ma l’incertezza regna ancora sovrana. Prima di poter addebitare la tassa sulla Tv nella fattura elettrica, sarà necessario che il governo emani un decreto attuativo che sciolga una serie di nodi, tra i quali quello non secondario della banca dati unica con i nominativi dei clienti delle società elettriche oltre alle misure tecniche per l’attuazione della norma. Per emanare questo decreto la legge di Stabilità prevede un tempo di 45 giorni. Considerando che la manovra entra in vigore il primo giorno del nuovo anno, in teoria il provvedimento attuativo potrebbe vedere la luce non prima di metà febbraio. Questo sensa considerare che sia la Rai che le società elettriche hanno bisogno di tempo per adeguare i propri software di gestione e di fatturazione. Un tempo ottimisticamente stimato in sei mesi. Per il resto la norma sul canone conferma l’impostazione emersa nei giorni scorsi. La tassa sarà ridotta da 113,5 euro a 100 euro, e dovrà essere pagata da tutti coloro che possiedono un televisore (ma non un tablet o uno smartphone), con la presunzione che la Tv sia in casa se c’è anche la corrente elettrica. Sarà addebitato una sola volta per nucleo familiare, quindi non si pagherà sulle seconde case. Per non versare l’importo sarà necessario dichiarare di non possedere nessun apparecchio, ma mentire in questa autocertificazione sarà reato penale.
LE TABELLE

Ieri intanto il governo ha inviato a Bruxelles le tabelle che quantificano le varie misure della manovra. E non sono mancate le sorprese. A cominciare dal taglio alle Regioni. Secondo le cifre inserite nel budgetary plan italiano, la sforbiciata per i governatori sarà complessivamente di 3,6 miliardi, perché oltre al contributo di 1,8 miliardi (che comprende la sanità), va aggiunto anche un altra stretta da 1,8 miliardi relativa all’obbligo di pareggio di bilancio per le Regioni. Soldi che non potranno essere recuperati dai governatori aumentando le addizionali Irpef, che rimarranno bloccate per tutto il 2016. Con una sola eccezione, quella delle Regioni in disavanzo sanitario. Queste ultime per recuperare fondi, potranno aumentare sia l’Irpef che i ticket, mentre la strada del ritocco delle tariffe di visite e prestazioni sanitarie, sarà l’unica consentita agli altri governatori. Nella tabella consegnata alla Commissione europea emergono anche altre novità. Dalla razionalizzazione degli acquisti prevista dalla manovra, arriveranno solo 218 milioni di euro, mentre dalla revisione della spesa dei ministeri e dai tagli ai ministeri, sono previsti 3,39 miliardi di euro. La stretta sui dicasteri, come riportato da Public Policy, è di 512 milioni, quasi la metà dei quali a carico del ministero dell’Istruzione e della ricerca. Nei tre miliardi dovrebbero essere anche quantificati i risparmi legati al blocco del turn over nella pubblica amministrazione. Mentre la proroga della perequazione parziale delle pensioni, introdotta dal governo Letta, comporterà insieme ad altre misure, un altro miliardo e trecento milioni di euro di minori spese.
Alcune novità dell’ultima ora hanno riguardato anche il comparto pubblico. Come per esempio l’estensione anche ai dirigenti delle società partecipate dei tetti agli stipendi. Oggi ci sono tre fasce a seconda delle dimensioni dell’azienda, la fascia più alta è comunque fissata a 240 mila euro. È stato così superato il paradosso per cui un dirigente di una società pubblica poteva guadagnare più del suo amministratore delegato.

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