L’AQUILA. Poche righe di intercettazioni telefoniche sono bastate per far scatenare il rituale teatro che di tanto in tanto si rinnova nel capoluogo abruzzese.
Le intercettazioni sono quelle di Pierluigi Tancredi, ex consigliere ed assessore di centrodestra, già coinvolto nelle inchieste Do ut des e Redde rationem che in sostanza dice al figlio di sapere molte cose e che anche Cialente e Pierpaolo Pietrucci (all’epoca suo segretario al Comune) conoscono.
Secondo quanto riportato da Centro e Messaggero, Tancredi al telefono avrebbe detto:
«Non l’ho detto perché non volevo fare cascare l’amministrazione comunale e perché me li devo riservare come testimoni Cialente e Pierpaolo Pietrucci. L’ho detta, l’ho riferita al mio avvocato che lo sapeva. E mo’ lo vedessero loro com’è che Pietrucci sapeva queste cose e soprattutto perché stava così. Stavolta scrocchio a quattro mani».
E puntuali sono arrivate le repliche di Cialente e Pietrucci, quest’ultimo parla di «storia assurda» e minaccia querele. All’epoca Pietrucci era il braccio destro di Cialente e suo segretario ma ad un certo punto entrarono in rotta di collisione per motivi mai chiariti fino in fondo che generarono una rottura netta e la discesa in politica alle regionali del 2014 in appoggio a D’Alfonso.
Cialente, invece, alle 7.30 ha chiamato il suo avvocato, Carlo Benedetti, anche presidente del Consiglio comunale, dandogli mandato di «avviare immediatamente tutti i passaggi utili e necessari per fare assoluta chiarezza , immediata, al fine di tutelare sia la mia
onorabilità personale, sia il mio operato di Sindaco in questi drammatici anni».
Poi in una lunga nota si dilunga nella sua riflessione politica -non del tutto inedita- parlando di «dossier», «intercettazioni in mano a giornalisti e giornaliste» e di una «strategia della tensione» che non si capisce messa in piedi da chi e per quali fini.
Ma è chiaro che Cialente si riferisce ad atti delle inchieste in corso nella locale procura che al massimo sarebbero passati di mano concretizzando un ipotetico “violazione di segreto istruttorio” ma il cui contenuto non è messo in discussione, cioè trattasi di telefonate, atti veri e genuini, cioè non manipolati.
Ma il primo cittadino non si pone la questione nel merito dello scenario inedito che quegli atti svelerebbero ma preferisce focalizzarsi sulla forma e sulla politica parlando inoltre della “buona ricostruzione”, quella che è costata il 20% in meno o quella che ha ricostruito il 95% delle periferie.
Non c’è un “sistema L’Aquila” –per il sindaco Cialente- che pure inizia a trapelare dalle varie inchieste, che delineerebbero escamotage per lucrare indebitamente sulla ricostruzione, che sia pubblica o privata. «Il sistema L'Aquila», dice oggi Cialente, «è quello che ha visto gli aquilani prendere anche le botte a Roma e battersi per avere i finanziamenti, allorquando eravamo rimasti soli. Il sistema L'Aquila sono anche i 355 dipendenti comunali, che si stanno massacrando per reggere la sfida. Questo clima di tensione, è legato alle prossime elezioni. E' partito in anticipo, e vede molti protagonisti in campo, con interessi trasversali, a volte opposti. Una macchina del fango, tesa a riportare a galla interessi e gruppi che a fatica la Città sta cercando di arginare. Ci può stare, fa parte di un gioco che in Italia ormai si pratica in dispregio sia dei diritti costituzionali, sia di regole e norme stringenti, anche con complicità pesanti ed impensabili. Personalmente non ho alcun problema. Per me è sempre valida la frase di Romano Prodi a proposito delle intercettazioni. "Male non fare, paura non avere." Ma qui il problema è l'immagine della nostra città e della sua ricostruzione agli occhi del Parlamento, del Governo, dell'Italia e dell'Europa, dalla quale dipende anche la nostra credibilità per continuare ad avere le risorse normative e finanziarie per andare avanti».
Come detto l’atteggiamento quasi vittimistico del sindaco Cialente non è originale ma ricompare ad ogni momento delicato o cruciale della vita politica o sociale della città. Che ci siano elezioni in vista, problemi di equilibrio interni alla maggioranza o inchieste giudiziarie che potrebbero accendere fari su aspetti delicati.
E sul tema-ricatto delle intercettazioni già a febbraio 2014 cioè poco meno di due anni fa Cialente già dichiarava: «Stanno girando 5-6mila intercettazioni che la Procura ha acquisito nell'ambito delle indagini post-sisma, é giusto chiedere di preservare il territorio dall'arrivo del malaffare e della criminalità organizzata, ma queste cose non si fanno mettendo dei poliziotti all'ingresso della città con la paletta. Si fanno predisponendo operazioni mirate».
E ci sono altre verità che rimangono sullo sfondo e che sono state oggetto persino di un esposto al Csm da parte del giornalista Giuseppe Vespa che racconta tutta un’altra storia riguardo a certe inchieste e certe richieste (persino l’arresto di Cialente che sarebbe poi stato “rivisto”).
Affermazioni che speriamo siano prese in considerazioni dai supremi organi dello Stato per riportare serenità alla città e al sindaco.