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Data: 25/10/2015
Testata giornalistica: Il Centro
Tancredi: il sindaco mi serve da testimone. Il ruggito di Cialente: «Strategia della tensione». Il sindaco tirato in ballo dall’ex delegato ai beni culturali Tancredi reagisce «Il sistema L’Aquila non esiste. Subito i processi, ma io sono tranquillo»

Ecco le cinque telefonate che aggravano la posizione dell’ex assessore. Spunta il movente delle estorsioni agli imprenditori: il tenore di vita elevato

L’AQUILA Un ex assessore della giunta di centrodestra – non certo l’ultimo arrivato: un uomo che per un ventennio ha incarnato il potere, largamente inteso, in città – che al telefono si vanta di tenere sotto scacco il sindaco di centrosinistra. Lo vuole testimone in suo favore al processo. Un dipendente dell’Asl che ha rischiato di finire in cella e si mette a parlare al telefonino, da arrestato ai domiciliari. Un procacciatore d’affari navigato che resta a galla anche se sta all’opposizione, ma che, trovandosi col fango fino al collo (ha rischiato il carcere), minaccia di tirarsi dentro Sansone con tutti i Filistei. Sono tre figure in una: l’ex assessore, il dipendente Asl e il procacciatore d’affari. Il protagonista di questa vicenda è solo Pierluigi Tancredi, socialista confluito in Forza Italia e perfettamente a suo agio anche con la sinistra. Tanto da riceverne un incarico fiduciario poi revocato a furor di popolo. Questo lo spaccato che emerge dal supplemento d’indagine che aggrava la sua posizione specialmente in relazione all’attività estorsiva contestatagli dalla Procura. Estorsioni a danno degli imprenditori Andrea Polisini, Maurizio Polisini, Giancarlo Di Persio e Mauro Pellegrini. E dalle parole di Tancredi al telefono emerge una potenziale quinta vittima dei suoi ricatti: il sindaco Massimo Cialente.
TREMILA EURO PER LA GRECIA. Il movente delle estorsioni, per la Procura, si rintraccia in una telefonata tra il figlio di Tancredi e un conoscente. Nella telefonata – di rilevanza penale perché attiene alle condotte di Tancredi così come gli sono state già contestate, dunque ritenuta fonte di prova a conferma dell’assunto dell’accusa – il familiare non è tenero col genitore: «A livello processuale non tiene niente...però lo sputtanamento ormai è totale. Lui è andato a raccontare...lui ha fatto una deposizione segreta dal pm e ha pensato bene, dopo un mese, di usarla come strumento per farsi dare due o tremila euro per andarsene in vacanza. Questo ha fatto. Capito? Il pm...poi...la conversazione è stata intercettata, il pm si è incazzato e gliel’ha fatta pagare cara e amara, e non ha neanche sbagliato a fargliela pagare cara e amara...che poi a livello processuale secondo me non terrà niente di tutto ciò, perché il reato non c’è». E l’interlocutore replica: «Sì, ma tu ti rendi conto uno che fa per avere un tenore di vita che tu non ti puoi permettere». Seguono alcune considerazioni sul fatto che Tancredi si sia circondato di persone che «lo hanno rovinato, si è massacrato per far fare una vita discreta a queste due...una cosa ignobile».
«È SOLO UN MILLANTATORE». È lo stesso familiare a parlare ancora di Pierluigi Tancredi. «A me la cosa che mi fa incazzare...ti voglio dire...ti hanno trattato in un certo modo...con i guanti bianchi...ti hanno voluto, per simpatia o...forse gli servivi...non lo so...ti hanno voluto comunque in qualche modo dare una via d’uscita...ti hanno detto “vabbè, tu il calvario lo hai passato mo’ ti diamo la possibilità di salvarti”, tu che pensi di fare? Di usare quel verbale del pm per andare a dire “io però vedi non ho detto niente”..che tra l’altro non sai un cazzo, perché non sai manco un cazzo perché se sapessi qualche cosa...è soltanto un millantatore...non sa un cazzo di quello che è successo...si è messo nella condizione per cui mo’ la Procura pensa che lui sappia chissà che, e lui non sa un cazzo. Perché le cose che sa, le sa di terza mano per sentito dire...rischia anche qualche denuncia per diffamazione, perché deve andare là a dire qualcosa che non sa che cazzo dire...capito...capito quanto è scemo?». E l’interlocutore: «E questo per fare che? Per fare le vacanze in Grecia?». «No...dice che quelli gli servivano per pagare il mutuo perché stava indietro di due rate, perché lui i soldi per andare in Grecia sono tre mesi che se li mette da parte...glieli hanno sequestrati, che ne sai tu...non ha neanche i soldi per pagarsi l’assicurazione...ridicolo...».
«IL SINDACO MI SERVE». «Se tirano le zampate tutti, tirale pure tu». Questo il suggerimento che Tancredi sembra prendere alla lettera. Alla lettura dei giornali e dei commenti politici successivi al suo arresto, l’ex assessore forzista sbotta e si dice intenzionato a rivelare informazioni asseritamente in suo possesso riguardanti l’amministrazione comunale. Si dice pronto a rispondere di non aver parlato, finora, per non far cadere la giunta in carica e, contestualmente, tenersi buona la sua testimonianza al processo. Ecco cosa dice Tancredi al telefono: «Se seguitano a fare i giochetti mediatici, mo’ ce li faccio fare io...sviamo l’attenzione? io non voglio svia’ niente...io voglio, voglio soltanto...a questo punto incomincio a dire...beh dicono, diranno, “ma perché non lo hai detto fino a mo’? “Non l’ho detto perché non volevo far cascare l’amministrazione e perché me lo volevo riservare come testimone” quella del sindaco..e quella di Pietrucci l’ho detta...al mio avvocato che lo sapeva e mo’ lo vedessero loro com’è che Pietrucci sapeva queste cose”. L’ex capo di gabinetto di Cialente minaccia querele e dice: «Una vicenda assurda, fuori dal mondo, la definirei all’amatriciana».


Il ruggito di Cialente: «Strategia della tensione». Il sindaco tirato in ballo dall’ex delegato ai beni culturali Tancredi reagisce «Il sistema L’Aquila non esiste. Subito i processi, ma io sono tranquillo»

L’AQUILA «Indignazione e preoccupazione per quanto sta succedendo». Il sindaco Massimo Cialente ha strabuzzato gli occhi quando ha letto i giornali. «QUERELO TUTTI». «Ho chiamato il mio avvocato Carlo Benedetti, dandogli mandato di avviare immediatamente tutti i passaggi utili e necessari per fare assoluta chiarezza, immediata, al fine di tutelare sia la mia onorabilità personale, sia il mio operato di sindaco in questi drammatici anni. Ma a questo punto devo fare una riflessione politica». STRATEGIA DELLA TENSIONE». «C’è un clima molto, molto strano in città, che non esito a definire da strategia della tensione. Per chi la ricorda avendo vissuto quegli anni drammatici, era quella dello scoppio di una bomba, dell’annuncio di altre. Era difficile vivere, fare attività politica, sindacale, giudiziaria. Era una cappa soffocante. Dall’inizio di settembre in città girano voci pesanti, che delineano un quadro di clima sudamericano, di gravi tensioni in molte istituzioni, comprese il Comune, ma non solo. Dal 17 settembre ha cominciato a girare, sempre più insistente, la voce di avvisi di garanzia nei miei confronti, di dossier su mie intercettazioni in mano ad alcuni giornalisti. Ancora cominciano a girare voci su altri dossier riguardanti altri personaggi. Ancora una volta ringrazio la Procura per il lavoro minuzioso, certosino che sta conducendo. Trovo in molte inchieste anche aspetti che oltre tre anni fa io stesso avevo segnalato sia alla Procura che alle forze dell’ordine, alle quali ho persino consegnato personalmente nomi di cittadini che nell’ambito della ricostruzione privata si sono comportati male. Nomi segnalati da imprese al sindaco, che è pubblico ufficiale. Così come registro indagini e processi su documenti che io stesso ho inviato alla Procura, anche inerenti all’attività del Comune. E nutro ancora una volta rimpianto e rabbia per il fatto che subito dopo il sisma, i governi, l’allora commissario, il capo struttura di missione, lo stesso ministro Barca, e da ultimo questo governo in occasione del decreto enti locali, non abbiano accettato le nostre proposte e richieste di regole più chiare, precise, nette sulla ricostruzione privata. Ultima la vicenda delle white list negateci». «SISTEMA L’AQUILA». «Ma oggi l’attività della Procura, che giustamente indaga anche nei confronti del Comune e delle nostre persone, corre il rischio di essere strumentalizzata, dando un’immagine negativa su tutta la città, i cittadini e la ricostruzione. Ci sono certamente persone, progettisti, amministratori di condominio, imprese, funzionari pubblici, amministratori che si sono comportati male, sia illegalmente, sia moralmente. Ma non credo a un sistema L’Aquila. Il sistema L’Aquila è quello che ha permesso che questa ricostruzione, grazie alla tanto vituperata filiera e oggi al lavoro dell’Usra, costasse ben il 20% di meno di quanto preventivato. Abbiamo già risparmiato, rispetto alle richieste pervenute dai progettisti in sede di presentazione dei progetti, oltre 250 milioni, cifra enorme. Il sistema L’Aquila è quello che ha visto la resilienza dei cittadini, i loro sacrifici pur di non far sparire L’Aquila dalla carta geografica. Il sistema L’Aquila è quello che ha visto i nostri bambini, che vivevano in quei mesi drammatici sulla costa, alzarsi la mattina alle 5,30, per venire a frequentare le lezioni all’Aquila, per poi tornarsene a Pescara, Tortoreto, Roseto, Francavilla, Pineto. Il sistema L’Aquila è quello che dal primo gennaio 2010 ha ricostruito il 95% delle periferie, facendo rientrare oltre 42mila sfollati in case ricostruite anche totalmente. Il sistema L’Aquila è quello che sta ricostruendo, a partire dal marzo 2013, il centro storico, e che si appresta a vedere pubblicato il 13° elenco. Il sistema L’Aquila è quello che ha visto gli aquilani prendere anche le botte a Roma e battersi per avere i finanziamenti, allorquando eravamo rimasti soli. Il sistema L’Aquila sono anche i 355 dipendenti comunali, che si stanno massacrando per reggere la sfida». CLIMA ELETTORALE». «Questo clima di tensione è legato alle prossime elezioni. È partito in anticipo, e vede molti protagonisti in campo, con interessi trasversali, a volte opposti. Una macchina del fango, tesa a riportare a galla interessi e gruppi che a fatica la Città sta cercando di arginare. Ci può stare, fa parte di un gioco che in Italia ormai si pratica in dispregio sia dei diritti costituzionali, sia di regole e norme stringenti, anche con complicità pesanti e impensabili. Personalmente non ho alcun problema. Per me è sempre valida la frase di Prodi a proposito delle intercettazioni. “Male non fare, paura non avere”. Ma qui il problema è l’immagine della nostra città e della sua ricostruzione agli occhi del parlamento, del governo, dell’Italia e dell’Europa, dalla quale dipende anche la nostra credibilità per continuare ad avere le risorse normative e finanziarie per andare avanti. Cosa è necessario? Primo: interrogarsi e capire cosa sta succedendo all’Aquila in queste settimane. È un dovere di tutti, scavando a fondo su tutto. La seconda cosa è che la magistratura vada avanti, indagando in ogni piega della ricostruzione, pubblica e privata, ma anche su eventuali illegali (reato gravissimo) sottrazioni di intercettazioni e altri atti giudiziari. La terza, la più importante, è che si celebrino al più presto i processi, si pronuncino sia i giudici delle udienze preliminari, sia i giudici dei processi definitivi. L’inchiesta “Do ut des” scatenò la stampa nazionale, che arrivò addirittura a definire gli aquilani un popolo di magna magna. Questa cosa ha lasciato una ferita terribile nel mio cuore di aquilano che ha vissuto, con gli altri, la nostra tragedia. Abbiamo bisogno di verità, di capire se c’è chi ha sbagliato, che dovrà essere punito severamente (il Comune è parte civile) o se gli indagati sono innocenti. E questo è decisivo per tutte le inchieste in corso. Non possiamo continuare a vivere in quest’atmosfera nebbiosa, che nasconde quanto di buono e di positivo la comunità ha fatto».

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