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Data: 03/11/2015
Testata giornalistica: Il Centro
Atenei in crisi al Sud ma Teramo regge. Rispetto al 2011 le immatricolazioni restano stabili, mentre crollano di più del 30% sia alla D’Annunzio che all’Aquila

TERAMO E’ uno 0% che vale oro. Sembra un controsenso, l’assoluta stabilità nel numero di immatricolazioni dell’università di Teramo spicca, in senso decisamente positivo, rispetto alla tendenza degli altri atenei del Centro-Sud. Nella classifica pubblicata ieri dal Sole 24 ore basta vedere i dati dei tre atenei abruzzesi. Rispetto al 2011 la “D’Annunzio” perde il 36% di immatricolazioni nell’anno accademico 2014-2015 (3.955 il valore assoluto), l’università dell’Aquila il 34,8% (2.217) e la piccola Teramo si attesta sullo 0% con i suoi 930 immatricolati. Una buona notizia anche rispetto al -40% di Reggio Calabria ma anche delle università di Perugia (per stranieri -32,6%, l’altra -21,1%) o ancora del Politecnico di Bari (-23,5%), solo per fare alcuni esempi. Il rettore, Luciano D'Amico è soddisfatto. «E’ stata premiata la scelta di specializzazione dell'università di Teramo: da una parte ci costringe a valori assoluti più contenuti, ma dà una certa "fidelizzazione". In sostanza chi vuole specializzarsi in alcune discipline deve venire per forza a Teramo. Sono penalizzate le università generaliste: questa non è una connotazione negativa, ma le raggruppa insieme a tante altre. Invece la nostra scelta ripaga in termini di appeal nelle aree in cui siamo specializzati». Insomma, saranno anche corsi ultra specialistici, quasi di nicchia, ma sono in ascesa. Il rettore infatti sottolinea che da quattro anni ormai Bioscienze, Biotecnologie, Tutela e benessere animale stanno crescendo ininterrottamente. Caso a parte Veterinaria, che è a numero chiuso. «I corsi del polo umanistico, che a livello nazionale sono in flessione, da noi sono in crescita come Scienze della comunicazione o in flessione minore, come Giurisprudenza», sottolinea D’Amico. Scendendo nel dettaglio dei numeri, «noi nel 2012 abbiamo avuto il punto più basso, in cui abbiamo perso molte matricole. Per noi lo zero significa aver recuperato il calo. Non a caso nel 2013 siamo cresciuti del 30%, e nel 2014 del 10% e quest'anno c’è stata una tenuta sostanziale, forse un leggero incremento». In totale adesso sono 6.500 gli studenti, un terzo provenienti da Teramo, un terzo dal resto d'Abruzzo, un terzo dal resto d'Italia e dall’estero. C’è da chiedersi come mai Teramo non sia stata risucchiata dalla spirale negativa di molti atenei del Centro-Sud. D’Amico ritiene determinanti i maggiori servizi agli studenti. «Dopo due anni di “patto con lo studente” i risultati si vedono: alla didattica frontale aggiungiamo una parte a distanza. In più abbiamo rivoluzionato la lezione: invece che trattare l’argomento in aula, chiediamo agli studenti di prepararsi prima, per avere le basi e affrontare una discussione critica, la vera base di una lezione universitaria. E poi conseguenza della specializzazione è che chi viene da noi ha un maggiore contatto con la ricerca che viene prodotta in ateneo». Forse non è estranea nemmeno la politica sulle tasse: «Abbiamo optato per un forte aumento proporzionale al reddito ma anche per l’esenzione totale per le prime tre fasce, collegata al merito, parziale per le altre». E poi il raddoppio delle borse lavoro per l’Erasmus, ad esempio. O anche l’attenzione rispetto ai “fuori corso”, che non a caso si riducono. Il rettore spiega la dinamica negativa degli atenei del Sud con la scarsa disponibilità di risorse delle università innanzitutto: «quelle del Nord sono più consolidate e hanno un territorio che consente un finanziamento diretto, perchè più ricco, ma anche indiretto perchè c'è una differenza di reddito fra Nord e Sud. C'è in sostanza una differenza del gettito su cui poter contare: è un argomento che il governo dovrebbe affrontare o si rischia una polarizzazione al Nord e una desertificazione al Sud».

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