Le interruzioni del rapporto di lavoro per assenteismo sono solo 100 all’anno .
ROMA «Un dipendente pubblico che dice che va a lavorare e poi non ci va, deve essere licenziato». Marianna Madia va all’assalto dei “furbetti del cartellino”. Di fronte alla platea di commercianti e artigiani di Rete Imprese Italia, il ministro della Pa è tornata sulle “recenti cronache” del comune di Sanremo (a fine ottobre un’operazione della Guardia di Finanza ha portato allo scoperto un sistema, che era in piedi da anni, di presenze in servizio taroccate) per lanciare un avvertimento agli statali sleali nei confronti dei propri doveri. Ma dopo il monito, la titolare di Palazzo Vidoni ha voluto sfatare alcune leggende metropolitane. «Un luogo comune di cui bisogna liberarsi - ha spiegato - è che tutti i dipendenti pubblici siano fannulloni. Un altro luogo comune è che gli imprenditori siano tutti evasori». «Questa è un’Italia che non è l’Italia e genera sensazioni sbagliate» ha aggiunto Madia esortando il Paese ad avere «una visione d’insieme». «Obiettivo comune - ha detto il ministro - è superare steccati ideologici e diffidenze reciproche». E combattere insieme la burocrazia.
IL PESO DELLA BUROCRAZIA
A questo proposito, secondo quanto emerge dalla ricerca «Scenari di crescita in presenza di una semplificazione amministrativa» presentata da Cer e Rete Imprese Italia, gli oneri determinati da complicazioni e inefficienze burocratiche sopportati dal sistema delle Pmi valgono 30 miliardi. Ma, secondo il dipartimento della Funzione pubblica, circa un terzo di questi costi (8,9 miliardi) potrebbe essere eliminato. Le parole di Madia sugli assenteisti da licenziare sono suonate come una sferzata nei confronti delle amministrazioni pubbliche che, in molte circostanze, non cacciano via i dipendenti anche quando le fattispecie disciplinari dovrebbero comportare l’allontanamento. Secondo la riforma Brunetta del 2009 («è già tutto previsto dalla mia legge, basta applicarla» ha ironizzato l’ex ministro) chi passa il badge al tornello e poi va a fare shopping deve essere licenziato in tronco. «La falsa attestazione della presenza in servizio» è infatti la prima tipologia di comportamento punita con la cessazione del rapporto di lavoro e basta una sola assenza. Tra l’altro, una volta accertato il fatto, l’ufficio per i procedimenti disciplinari non ha alcun potere discrezionale, perchè non si prevede nessuna circostanza attentuante in grado di ridurre la sanzione. Nonostante la durezza delle norme, però, gli ultimi dati del ministero registrano meno di 100 licenziamenti l’anno per ragioni riconducibili all’assenteismo, su un totale di procedimenti disciplinari che sfiora quota 7 mila.
LE REAZIONI
«Potendo, noi imprenditori gli assenteisti li avremmo già licenziati molti anni fa», ha incalzato il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi. Piena condivisione per le parole di Madia è arrivata dall’Anci. «Ci troviamo di fronte a reati che devono essere perseguiti con la massima determinazione» ha spiegato il vicepresidente dell’associazione dei comuni Umberto di Primio, Sindaco di Chieti, aggiungendo che «il dipendente pubblico infedele offende chi non ha un lavoro. Ma soprattutto danneggia tutti coloro che lavorano nella pubblica amministrazione con dedizione e spirito di servizio e che sono la stragrande maggioranza». Confsal ha invece spostato il tiro invitando piuttosto Madia a trovare i soldi per rinnovare i contratti del pubblico impiego bloccati da sei anni. «Vorremmo che non prendesse in giro i dipendenti pubblici presentando cifre irrisorie come i 300 milioni di euro per una platea di 3,2 milioni di lavoratori» ha tuonato il sindacato autonomo dei lavoratori. E a tale proposito ieri, nel corso dell’audizione in Senato sulla legge di Stabilità , la Corte dei Conti ha espresso perplessità sulle scelte operate negli anni sul pubblico impiego. Le risorse sono troppo limitate, hanno avvertito i magistrati contabili, e rispondono a malapena all’indennità di vacanza contrattuale.
Dai ministeriali nessuna difesa d’ufficio «Giusto, ma i dirigenti non pagano mai?».
ROMA «Giusto, giustissimo. Anzi, sacrosanto. Ma dov’è la novità?». In effetti non c’è. Licenziare i ladri di ore di lavoro, i furbetti del cartellino che risultano alla scrivania e sono da tutt’altra parte, già si può e si fa. «Forse il ministro Madia voleva dire che la legge andrebbe applicata con più severità. Siamo d’accordo, tutti d’accordo». I primi a chiedere maggior rigore nei confronti di chi imbroglia con le presenze, timbra e poi si eclissa, i giudici più severi nei confronti degli impiegati fantasma sono proprio i colleghi. Dal ministero delle Finanze al Campidoglio, i dipendenti pubblici sono per la linea dura annunciata dal ministro. A sentirsi confinati nel luogo comune dei «fannulloni intoccabili» non ci stanno e reclamano serietà. «Certo, poi bisogna valutare caso per caso. Ma di fronte a prove certe non si può fare altro che mandare via chi ha truffato».
I PRECEDENTI
Alla Presidenza del Consiglio un impiegato è stato recentemente licenziato proprio per questa ragione: risultava in ufficio e non lo era, se ne andava a spasso. Nei suoi confronti è scattato il procedimento disciplinare e la massima punizione, adesso dovrà difendersi dall’accusa di truffa allo Stato. La stessa sorte è toccata a due dipendenti del Ministero delle Infrastutture, anche loro messi alle porte per aver barato con i cartellini. Niente di nuovo, dunque. Ma il caso di Sanremo, dove un dipendente su due non lavorava pur risultando in ufficio, gli arresti e le denunce di qualche giorno fa, le immagini del custode che va timbrare in maglietta e mutande hanno riproposto l’eterna questione: ma è possibile che negli uffici pubblici ognuno può fare come gli pare?