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Pescara, 23/11/2024
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Data: 04/11/2015
Testata giornalistica: Il Centro
«Sono da licenziare i dipendenti pubblici con false presenze». Il ministro Madia annuncia giro di vite contro gli assenteisti. Una ricerca del Cer mette nel mirino la burocrazia italiana

ROMA «Licenziare i dipendenti pubblici che falsificano le presenze». Le parole del ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia, a pochi giorni dallo scandalo dell’assenteismo di Sanremo, arrivano durante la conferenza “Semplifichiamo per crescere” organizzata a Roma da Rete Imprese Italia. Al centro dell’incontro, la presentazione di una ricerca curata dal Cer (Centro Europa Ricerche) da cui emerge che nel nostro Paese la burocrazia costa ogni anno 30 miliardi alle piccole e medie imprese. Negli ultimi anni la situazione è peggiorata e l’Italia continua a collocarsi nel fondo delle classifiche internazionali sulla facilità di fare impresa. Eppure un terzo di questi oneri amministrativi, vale a dire 9 miliardi, potrebbe essere risparmiato con un programma di semplificazione. «Vogliamo fare dell’Italia un Paese semplice»: con questo slogan il ministro Madia promette che la semplificazione ci sarà e passerà per il digitale. Ma prima ancora, il ministro invita ad andare oltre i luoghi comuni. Per esempio, che tutti i piccoli imprenditori siano evasori. E anche quello sui dipendenti statali fannulloni. Certo il caso di Sanremo è ancora troppo vivo. Scatta dunque il messaggio chiaro del ministro: «Un dipendente pubblico che dice che va a lavorare e poi non ci va, deve essere licenziato». Nello scenografico spazio del Tempio di Adriano, dopo un applauso di sostegno agli imprenditori di Bagheria che si sono ribellati al pizzo, sono stati proiettati i numeri dello studio del Cer. Cosa emerge? Che un lavoratore può passare un mese all’anno a combattere con le pratiche burocratiche. Con picchi di 34 giorni, come precisa Carlo Sangalli, presidente di Rete Imprese Italia e di Confcommercio. Stando alla ricerca, le giornate di una persona dedicate ad adempimenti amministrativi sono anche aumentate nel corso della crisi: da 26 nel 2008 a 30 nel 2013 (+7%), passando per un massimo di 32 nel 2010 (+14% rispetto al valore pre-crisi). Sarà anche per questo che per il 60% degli imprenditori il peso della burocrazia si è aggravato e per il 33% la qualità dei servizi offerti dalla Pubblica amministrazione è peggiorata. La classifica della Banca mondiale Doing Business, ad esempio, indica in 269 le ore necessarie in Italia per adempiere agli obblighi fiscali, contro le 177 ore della media Ocse. In pratica un imprenditore di Roma ci mette il 52% di tempo in più rispetto a uno di Berlino. Nella classifica del World Economic Forum, l’Italia è addirittura al 138° posto su 140 con riferimento al peso degli oneri amministrativi. Eppure basterebbe semplificare il sistema per cambiare passo. Intanto i bilanci delle imprese prenderebbero una generosa boccata d’aria, recuperando, appunto, 9 miliardi di euro. Soldi che potrebbero essere subito investiti in altro, creando, secondo le proiezioni, in 4 anni un aumento del Pil dello 0,4, e aggiungendo nell’arco di 5 anni forza lavoro che si tradurrebbe in un calo della disoccupazione superiore di 0,5. Senza contare che il personale finalmente libero dalle scartoffie burocratiche si potrebbe dedicare ad altro, incrementando di 0.2 punti il Pil.

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