ROMA L'armistizio dopo le botte. In apertura dell’incontro con i governatori, il premier ha indicato la strada per non farsi male. «Abbiamo due strade: o scegliamo il muro contro muro e la demagogia, oppure giochiamo la carta della serietà e noi ci siamo». Poi, accanto alla tregua, Matteo Renzi ha rassicurato sul decreto per evitare guai finanziari a quelle Regioni che rischiano il dissesto. «Domani sarà varato dal Consiglio dei ministri» ha detto il sottosegretario alla Presidenza, Claudio De Vincenti. Il provvedimento urgente serve a salvare otto regioni (Lazio, Abruzzo, Campania, Molise, Sicilia, Calabria, Piemonte, Puglia) dall’intervento della Corte dei Conti e chiudere i bilanci in tempo. «Incontro positivo anche per i tempi rapidi della convocazione» dice il presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino. Sul merito, «le Regioni sollevano un problema legato a un taglio di 4,4 miliardi: 2 in meno, dovuti a un minore aumento del fondo sanitario e altri 2,2 sul resto dei fondi», spiega il presidente del Piemonte. Alle risorse aggiuntive di 1,3 miliardi extra sanità, mancano altri 900 milioni che si spera «possano essere aggiunti già nel corso del 2016 o con interventi pluriennali». Questo, grazie ai tavoli tecnici sulla spesa farmaceutica e sui costi standard, con i quali il confronto governo-regioni proseguirà. «Sono la novità importante dell’applicazione del patto della salute» commenta soddisfatta la ministra Beatrice Lorenzin. Efficienza e risparmi dalla spesa farmaceutica e dai costi standard che «potranno liberare altre risorse» per garantire una sanità sempre più costosa. La ministra ha fatto l’esempio dei farmaci innovativi e «la distribuzione di quelli per l’epatite C che andrà a regime». Anche se non tutto è stato appianato, è tornato il sereno in un confronto che, viste le premesse, rischiava di deflagrare. Fino a qualche ora prima, infatti, la polemica aveva raggiunto toni altissimi, condita da accuse pesanti. «Quando si dicono bugie, mi fa arrabbiare, non facciamo nessun taglio alla sanità - aveva detto il premier - il fondo cresce fino a 111 miliardi, uno all’anno, mi sembra una cifra significativa». Con il “nodo sanità” ancora da superare, prima dell’incontro a Palazzo Chigi si era aggiunta anche la disputa sugli stipendi dei governatori. Il toscano Enrico Rossi replicava che «forse Renzi si riferiva ai deputati che guadagnano più di lui, io prendo meno di un direttore generale della mia regione». «Non lo so se guadagniamo più di lui - commenta Michele Emiliano - ma questa risposta non risolve i problemi che i governatori delle Regioni pongono». «Mi pare che quello di stasera sia stato l'esatto opposto di un luogo di divertimento: è stata un ora e mezza di lavoro serrato» taglia corto ancora Chiamparino riferendosi a una battuta di Renzi pronunciata nei giorni scorsi e riferita all’incontro di ieri. Se per il 2016 il Fondo sanitario nazionale avrà un miliardo in più, la dotazione resta dunque al di sotto delle attese. Sul piatto della trattativa ci sono le risorse per rinnovare il contratto dei medici, garantire i farmaci salvavita e più in generale i “Lea”, i livelli essenziali di assistenza. «Passi in avanti importanti e il dialogo continua» dice la presidente del Friuli Venezia Giulia, Serracchiani. Positivo anche il giudizio del governatore della Sardegna Pigliaru che dal governo ottiene maggiori disponibilità per le regioni a statuto speciale. Tra quelli che restano «insoddisfatti», i governatori di centrodestra. Per la Lombardia Roberto Maroni bolla l’incontro come «aria fritta», il veneto Luca Zaia, dice che «anziché premiare i virtuosi e punire gli spreconi, si adotta il metodo di tagliare a tutti». Legge di stabilità con meno nemici tra i sindaci, nonostante il presidente dell’Anci Piero Fassino (anche lui ieri a Palazzo Chigi) abbia chiesto alcune correzioni. Si tratta delle norme sulla soglia del turn over al 25 per cento, il taglio sui trasferimenti per le province e il rimborso, ritenuto insufficiente, per la soppressione dell’Imu sui macchinari.