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Data: 05/11/2015
Testata giornalistica: Il Centro
Addio a D’Agostino politico e sindacalista di Claudio Ruffini

Un uomo colto. E per questo in tanti lo invidiavamo. In un partito "di lotta e di governo" com'è stato il Partito comunista nell' Italia dal dopoguerra non erano affatto rari gli intellettuali ma Ernino era ancora altro. Lui studiava, si preparava, era sempre lì a prendere appunti con i fogli che diventavano quaderni. Preciso, con le parole giuste mai una sbavatura. E studiava non per far sfoggio di oratoria ma solo perché era serio e faceva sempre fino in fondo il suo dovere. Anche quando ha dovuto bere calici amari non si è mai sottratto perché per Ernino la vita personale e quella politica - intesa davvero come impegno verso la collettività - si sono sovrapposti tutta la vita e credo di non svelare misteri se dico che il suo senso del dovere gli ha spesso fatto trascurare la persona. Ci siamo conosciuti militanti in anni nei quali il fermento politico e sociale attorno a noi conosceva momenti estremi, con gli echi pure arrivati nella nostra piccola provincia di un duro scontro che stava avvolgendo il Paese in una coltre buia: gli anni di piombo, la paura di colpi di Stato e di una deriva fascista, l'idea che dovevamo essere pronti ad una rivoluzione che a volte ci sembrava dietro l'angolo. Ma noi, siamo sempre stati moderati: oggi questa parola significa ben altro. Ieri era il segno di una tradizione e di uno stile innanzitutto familiare, di una misura personale che poi è diventato stile politico. In lui era un tratto caratteriale distintivo, Ernino era un uomo mite, non l'ho mai visto alzare la voce e quando si rabbuiava, semplicemente si appartava. Eppure ha sempre rischiato in prima persona, non si è mai tirato indietro nelle situazioni difficili e se c'era da mediare, da calmare gli animi allora si chiamava Ernino. Nel partito ha ricoperto ogni tipo di incarico, si è impegnato come consigliere comunale a Teramo, poi in Provincia come assessore e poi come presidente. Un collaboratore valido e attento che si è speso per le questioni che gli erano più care: il lavoro e i lavoratori. Il suo cuore nel sindacato prima ancora che nel partito, un'esperienza che lo ha segnato per tutta la vita e lo ha reso attento senza schemi verso gli altri, quelli che avevano bisogno. L'esperienza da amministratore pubblico probabilmente è quella che ha affrontato con maggior fatica perché era schivo e perché avrebbe voluto risolvere i problemi del mondo e, naturalmente, non era possibile. In questo la fragilità della persona che lo ha reso, però, tanto popolare e tanto amato. Non so di quanti politici si possa dire lo stesso.Fu proprio lui a proporre la mia candidatura a presidente della Provincia: investitura sulla quale ha lavorato con sincerità e lealtà: due sentimenti che hanno caratterizzato il nostro percorso personale. Non sempre siamo stati d'accordo ma lui è stato sempre sincero e leale. In tanti, come me, oggi lo ricorderanno fermo, paziente e lucido nelle lunghe, interminabili riunioni di partito. Un buono e retto che fino all'ultimo ha fatto quel che gli riusciva meglio: occuparsi di chi aveva bisogno. Claudio Ruffini ex presidente della Provincia.

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