L'AQUILA Alla fine, ieri, dopo il terzo invito e la netta precisazione del presidente del consiglio regionale Giuseppe Di Pangrazio, la dirigente del Patrimonio Eliana Marcantonio si è presentata davanti alla commissione di Vigilanza dove era stata convocata più volte senza successo dal presidente Mauro Febbo per relazionare sulla vicenda della City e su quella del personale da distribuire nei tribunali. Tant'è che erano volate parole grosse e minacce di ricorrere alla procura della Repubblica per omissioni d'atti d'ufficio. Scuse di rito e difetti di comunicazione a parte, in realtà, la dirigente aveva evitato di presentarsi perché era stato il governatore Luciano D'Alfonso a dare l'altolà. Con una lettera inviata a direttori, dirigenti, assessori e allo stesso presidente Di Pangrazio, infatti, D'Alfonso aveva chiarito, «per evitare incresciosi fraintendimenti » che l'audizione di funzionari e dirigenti nelle commissioni doveva essere da lui autorizzata, previa richiesta da parte dell'ufficio di presidenza del consiglio. E per avvalorare l'iter burocratico, aveva citato anche una direttiva del 1998 (era Falconio) con la raccomandazione di «assicurare la necessaria conoscenza della presente direttiva ». Studiate, insomma e fate in modo che i dirigenti non distraggano tempo al già pressante lavoro quotidiano. Solo che l'altro giorno è arrivata la risposta del presidente del consiglio Di Pangrazio che, in sostanza, spiega a D'Alfonso che il suo testo «scolastico» è datato e che i presidenti di commissione possono convocare a loro piacimento, e senza chiedere alcuna autorizzazione, dirigenti, funzionari, assessori e anche dipendenti delle società partecipate. «Alla luce dei nuovi dettami statutari - scrive Di Pangrazio - pertanto la previsione di una procedura in base alla quale, per le audizioni in commissione, sia il presidente del consiglio a fare richiesta al presidente della giunta, appare non pienamente rispettosa della prerogativa attribuita espressamente dallo Statuto alle commissioni ».