ROMA Dopo quasi cinque mesi, il piano dell’Inps sulle pensioni e sul reddito minimo garantito esce dal cassetto. Da Palazzo Chigi subito si sono affrettati a far sapere che la pubblicazione del progetto è stata «concordata». Un modo per frenare sul nascere le polemiche che vorrebbero tendente al freddo il barometro dei rapporti tra Matteo Renzi e Tito Boeri. Ma freddo il premier lo è, e da tempo, sulla proposta del presidente dell’Inps. E non ne ha mai fatto mistero. Lo ha chiarito, per esempio, intervistato da Bruno Vespa nel libro «Donne di cuori». Noi, ha spiegato il premier, «paghiamo ogni anno 250 miliardi di euro di pensioni. Tagliamo lì? Io penso sia un errore». Una posizione ribadita, non senza una certa stizza, ieri sera anche dal ministero del Welfare, titolare del dossier pensioni, che ha bollato come «utile» il contributo di Boeri, ma «inattuabile» perché mette le mani nelle tasche di milioni di pensionati.
IL PROGETTO
Ma cosa dice questo progetto battezzato, appunto, «Non per cassa, ma per equità»? I capitoli di cui è composto sono sostanzialmente due: uno che riguarda le pensioni, l’altro l’assistenza agli over 55 che hanno perso il lavoro. Il primo punto è quello più delicato. Boeri propone una flessibilità in uscita, con la possibilità di anticipare volontariamente il pensionamento a 63 anni e 7 mesi. Chi lo fa, però, deve accettare una penalizzazione. Il calcolo del taglio è molto tecnico e si basa sui coefficienti di trasformazione, ma in soldoni, negli esempi pubblicati dall’Inps, varia tra l’1,5% e il 9,4%. E fin qui Renzi, probabilmente avrebbe poco da obiettare. Anche per il premier la flessibilità in uscita è un capitolo che dovrà prima o poi essere affrontato. Il problema sta nel come Boeri finanzia questo piano. I costi, che partono da 690 milioni del 2016 per arrivare a 3,2 miliardi a regime, vengono recuperati attraverso un taglio, sempre basato sui coefficienti di trasformazione, delle pensioni alte. Dove per alti si intendono gli assegni a partire dai 5 mila euro lordi al mese (circa 3.200 netti). In realtà, anche per le pensioni medie, tra i 3.500 euro lordi (2.400 netti) e i 5 mila euro, è previsto un contributo attraverso il blocco degli adeguamenti. Di quanto sarebbe il taglio? Varia da persona a persona a seconda della gestione di appartenenza.
Secondo le tabelle dell’Inps, il taglio medio si attesterebbe al 12,6% con punte superiori al 17%. Nel piano Boeri, come già anticipato nei giorni scorsi, rientrano anche i tagli sui vitalizi dei 4 mila titolari di cariche elettive (con una sforbiciata fino al 48%) e sulle pensioni privilegiate dei sindacalisti. Tutto questo servirebbe a finanziare anche la seconda parte del piano, il reddito minimo garantito per gli over 55 senza lavoro. Si tratta di un assegno di 500 euro al mese (400 per il 2016-2017), calcolato su base familiare attraverso la scala Ocse. Se, per esempio, in famiglia ci sono un over 55 disoccupato con a carico un’altra persona, l’assegno salirebbe a 750 euro. Una parte delle risorse sarebbe reperita anche attraverso una rimodulazione degli assegni assistenziali incassati oggi anche dalle fasce di reddito più alte.