Iscriviti OnLine
 

Pescara, 23/11/2024
Visitatore n. 740.933



Data: 09/11/2015
Testata giornalistica: Il Centro
Il cappello di Salvini sul centrodestra

Non è riuscito a bloccare l’Italia per tre giorni, come aveva minacciato nei mesi scorsi, e senza la collaborazione degli antagonisti di sinistra non sarebbe nemmeno riuscito a bloccare Bologna per qualche ora, ma il Salvini che ieri ha riempito piazza Maggiore ha raggiunto comunque il suo vero obiettivo: chiudere l’era del centrodestra berlusconiano, durata più di vent’anni, e inaugurarne una nuova, slegata dal passato. Che è un po’ l’operazione riuscita a Renzi, sull’altro fronte: con la differenza che l’attuale presidente del Consiglio, nel frattempo, si è portato via il centro, e al segretario della Lega non rimane che la destra, compresa quella dei saluti romani che guarda alla nuova fase con una certa curiosità. Pure nell’era del bipolarismo pre-Cinquestelle il centro era terreno di caccia, ma si potevano vincere le elezioni anche senza occuparlo completamente: Berlusconi è andato a Palazzo Chigi lasciando all’opposizione i popolari, Prodi lo ha fatto sfidando alcuni eredi del vecchio pentapartito. Poi la discesa in campo di Grillo ha ristretto gli spazi dell’elettorato fluttuante e quello di Renzi ha fatto il resto: partito della nazione o no, i numeri del Parlamento dicono che l’attuale governo a guida Pd è appoggiato anche da quella che una volta si sarebbe chiamata Dc di destra; liberali puri non ce ne sono più moltissimi, e comunque si dividono di qua e di là; quanto al voto normalmente definito moderato, in contrapposizione a quello progressista, ci pensa direttamente il premier, convinto di essere sufficientemente coperto a sinistra per potersi spingere nei territori berlusconiani e saccheggiarli senza pietà. Resta un pezzo della base di Forza Italia, l’ala dei neneisti (né con Renzi, né con Salvini), ma ha vita difficilissima: c’è chi si parcheggia con Fitto in attesa di capire che cosa accadrà, chi si autoconvoca per protesta e viene corteggiato da Passera, chi resta nel partito fidandosi di Berlusconi e sperando in una sua ennesima resurrezione. Sono tutte aggregazioni che, in alcuni territori, possono contare anche su un certo consenso, ma che attualmente non sembrano in grado di costituire un’offerta politica alternativa a livello nazionale. La Lega è un partito strano, che nel corso della sua storia ha conosciuto diverse fasi e vari posizionamenti, spesso all’interno di coalizioni eterogenee. Anche il palco di Bologna era pieno di contraddizioni (la più evidente è quella sull’euro), coperte però dalla scelta di bersagli comuni: gli immigrati e naturalmente Renzi, collante della piazza di ieri così come il no al razzismo e a Berlusconi lo erano stati in molte manifestazioni di sinistra. Non che Salvini, per ora, volesse di più: gli bastava riunire la destra e metterci sopra il cappello, ponendosi in una posizione di vantaggio interno quando si tratterà di dare le carte. Perché allora gli alleati, Berlusconi in testa, hanno accettato l’offerta? Per il motivo più semplice: la mancanza di alternative. Se infatti Giorgia Meloni può sempre sperare in una candidatura per il Campidoglio nella prossima primavera, il Cavaliere ha deciso di andare a Bologna perché altrimenti sarebbe scomparso nel nulla, travolto dalla nuova ondata e lasciato in un angolo. Così, invece, può almeno sperare di fare il king maker in alcune occasioni, a cominciare dalla scelta del candidato a Milano

www.filtabruzzo.it ~ cgil@filtabruzzo.it