Rischia di costare carissima al Comune dell’Aquila la vicenda della metropolitana di superficie, la mai nata tramvia leggera da circa 30 milioni di euro varata nei primi anni Duemila. Un’infrastruttura che avrebbe dovuto collegare l’ospedale di Coppito e il polo dell’Università con il centro cittadino, attraverso la strada statale 80, viale Corrado IV e via Roma, i cui lavori si sono fermati proprio nei pressi di quest’ultima arteria. Per evitare il dissesto delle casse comunali, a causa di una vicenda sulla cui soluzione ci sono state nel corso degli anni numerose fumate nere, (il Comune dopo la procedura di infrazione della Ue, in autotutela aveva annullato la concessione) si era cercata la via della transazione con la ditta che ha vinto l’appalto, la Cgrt, amministrata dall’imprenditore aquilano Eliseo Iannini (nella foto). Chiusa anche questa possibilità, (e con il Tar che ha lasciato campo aperto all’azione civile) a Iannini non è rimasto da fare che citare il Comune, in sede civile, chiedendo il maxi risarcimento di oltre 10 milioni di euro.
UDIENZA A FEBBRAIO
Gli avvocati di fiducia dell’imprenditore Claudio Verini e Massimo Manieri hanno infatti citato il Comune dinanzi il Tribunale civile a febbraio del nuovo anno. Secondo i due legali la “colpa” del Comune sarebbe consistita non solo nella violazione di “norme cogenti”, ma «risulta comprovata come affermato dalla Corte di Giustizia, dall’esistenza di un pacifico quadro giurisprudenziale e normativo ingiustificatamente disatteso dall’ente che avrebbe dovuto indurre il Comune ad optare per un differente modulo procedimentale risultando evidente come l’operazione posta in essere costituisse un appalto pubblico di lavori e non una concessione di lavori pubblici». Secondo i due legali «la procedura di infrazione di oltre 3 anni successiva rispetto alla adozione degli atti che hanno ingenerato l’allora incolpevole affidamento della esponente che ne ha appreso l’esistenza con nota del Comune nel 2006», con spese già sostenute dalla Cgrt. Ne’ si puo’ sostenere che venuta a conoscenza della procedura di infrazione, la Società potesse attuare iniziative a propria tutela, magari sospendendo i lavori, giacchè in pendenza di un contratto, l’unico modo sarebbe potuto risiedere nell’adozione da parte del Comune di un provvedimento di sospensione dell’efficacia dei provvedimenti».