ROMA Alla fine anche Michele Elia, fino a ieri mattina amministratore delegato delle Ferrovie, ha capito che ormai i giochi erano fatti. Resistere sarebbe stato inutile. Così, non senza qualche travaglio, ha rimesso il suo mandato nelle mani dell’azionista, il ministero del Tesoro, insieme a tutti gli altri consiglieri del gruppo ferroviario. Finisce così, dopo soli diciassette mesi, la gestione delle Ferrovie da parte del tandem Elia-Messori. Una convivenza per nulla semplice, iniziata sotto il peggiore degli auspici, con la riconsegna quasi immediata da parte del presidente Marcello Messori, delle deleghe per la privatizzazione della società per una insanabile diversità di vedute proprio con Elia.
LA DECISIONE
Un manager, quest’ultimo, cresciuto nelle Ferrovie al fianco dell’ex numero uno Mauro Moretti, già a capo proprio di quella società della rete pomo della discordia con Messori. Proprio per questo, fino a ieri sera, sembrava che Elia fosse deciso a resistere, ad arroccarsi nel fortino di Piazzale della Croce Rossa forte dei risultati conseguiti fino a questo momento, con un utile portato da 300 a 500 milioni in un anno non proprio semplicissimo. Ma alla fine ha dovuto prendere atto che dopo il “chiarimeto” della settimana scorsa a Palazzo Chigi con Matteo Renzi, gli spazi per una resistenza erano praticamente nulli. Anche perché nel frattempo, il governo ha varato il decreto di privatizzazione del 40% delle Ferrovie da concludere entro il prossimo anno, che è suonato come il gong dell’ultimo round tra i due manager. Così anche Elia ha messo la sua firma in calce alla lettera di dimissioni. Una decisione che ha permesso a Pier Carlo Padoan e al ministro delle infrastrutture, Graziano Delrio, di concedere l’onore delle armi. Con due comunicati separati, sia Padoan che Delrio, hanno ringraziato i vertici per il lavoro svolto. Cosa accadrà adesso? Il governo ha confermato che l’assemblea degli azionisti sarà convocata al «più presto» per nominare i nuovi vertici. La data, in realtà, già sarebbe stata stabilita, venerdì prossimo, il 4 di dicembre. La decisione sul nuovo amministratore delegato sarebbe già presa. Al posto di Elia arriverà Renato Mazzoncini, un manager interno al gruppo delle Ferrovie. Oggi Mazzoncini è alla guida della controllata Busitalia, la società che si occupa di trasporto su gomma. Si tratta di un manager ben conosciuto da Renzi. Quando l’attuale premier era sindaco di Firenze, Mazzoncini comprò dal Comune l’Ataf, la controllata del trasporto pubblico. Al posto di Messori, invece, dovrebbe arrivare una donna. Fino a qualche giorno fa pareva che il nome potesse essere quello di Simonetta Giordani, attuale consigliere delle Ferrovie ed ex sottosegretario del governo Letta. Ma le sue quotazioni sarebbero in ribasso.
Intanto sul ribaltone alle Ferrovie si è accesa la polemica politica e quella sindacale. L’ex segretario del Pd, Pierluigi Bersani, ha chiesto «chiarezza», perché, ha detto, «si rischia di fare un pasticcio». Per la leader della Cgil Camusso «preoccupa molto» che dietro le dimissioni ci sia il fatto che i vertici abbiano difeso l’integrità del gruppo. Per Barbagallo (Uil) è «sbagliato» vendere i gioielli di famiglia. Per il segretario della Fit Cisl Giovanni Luciano «si sfascia una cosa che funziona per tirare su due lire». Ieri sera, parlando a Napoli, Delrio ha ricordato come nei prossimi anni le Ferrovie investiranno 8-10 miliardi al Sud e solo per il prossimo anno il programma prevede 5,3 miliardi.