ROMA Con una decisione lampo il governo ha nominato i nuovi vertici delle Ferrovie dello Stato. Nemmeno ventiquattr’ore dopo le dimissioni in blocco del consiglio di amministrazione, con l’addio anche del numero uno Michele Elia e del presidente Marcello Messori, il Tesoro ha convocato l’assemblea e ha indicato i successori. Nel board è entrato Renato Mazzoncini, che nel primo consiglio utile sarà nominato amministratore delegato. Si tratta del manager che da giorni era dato in pole position per la successione ad Elia. Mazzoncini arriva al vertice del gruppo ferroviario in una rapida scalata. A differenza dei suoi predecessori Michele Elia e Mauro Moretti, cresciuti nelle Fs, è entrato a far parte della famiglia delle ferrovie soltanto nel 2012. In poco tempo era diventato amministratore delegato di BusItalia, la società del gruppo che si occupa di trasporto su gomma. In questa veste ha incontrato Matteo Renzi. Quando l’attuale premier era sindaco di Firenze, Mazzoncini aveva rilevato dal Comune l’Ataf, la società di trasporto pubblico locale del capoluogo toscano.
LA DECISIONE
Alla presidenza delle Ferrovie, al posto di Messori, sale invece Gioia Ghezzi. Anche la società dei treni si adegua, dunque, alla regola renziana di un uomo alla guida e una donna alla presidenza. Anche Ghezzi ha un rapporto privilegiato con il premier. Era stata una dei consulenti che aveva affiancato il Comune di Firenze, sempre con Renzi sindaco, nella predisposizione del piano di sicurezza stradale. La neo presidente è un affermato manager del gruppo Zurich assicurazioni, dove ricopre il ruolo di vertice della società Zurich Eurolife. Vive tra Londra e la Svizzera, anche se ora dovrà probabilmente aumentare la sua presenza nella Capitale. Il Tesoro ha poi confermato tutti i precedenti consiglieri di amministrazione, tranne uno Vittorio Belingardi Clusoni. Una decisione presa per la sola ragione che il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha voluto ridurre il numero dei membri del board da nove a sette, rendendo in questo modo il consiglio più snello. Dunque, oltre al’ingresso di Mazzoncini e alla promozione della Ghezzi, rimarranno amministratori Daniela Carosio, Simonetta Giordani, Wanda Ternau, Giuliano Frosini e Federico Lovadina. Archiviata la nomina dei nuovi vertici, adesso inizierà il lavoro più complesso. Lunedì scorso il governo ha varato un decreto per la privatizzazione delle Ferrovie. Il progetto è di portare in Borsa il 40% della società entro la fine del prossimo anno. Il modello è quello delle Poste, con una quota di azioni che sarà riservata ai dipendenti del gruppo. La rete, nelle intenzioni del governo, dovrà rimanere pubblica. Ma su come raggiungere questo obiettivo, all’interno dell’esecutivo convivono ancora posizioni diverse. Il ministro delle infrastrutture, Graziano Delrio, non ha mai fatto mistero che l’ideale, nella sua visione, sarebbe una separazione proprietaria della società che possiede i binari e le stazioni, Rfi, dalla capogruppo Ferrovie. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, propenderebbe per una forma di scorporo più «soft», lasciando Rfi all’interno delle Fs, ma alzando una serie di muraglie cinesi in grado di rendere la società autonoma nelle sue decisioni sulla rete. L’altro nodo che va sciolto è quello del valore dei binari. Nel bilancio sono iscritti per 35 miliardi, una cifra troppo elevata che potrebbe essere un ostacolo alla privatizzazione. Sarà necessaria una svalutazione, per fare in modo che il capitale delle Ferrovie non superi i 10-12 miliardi di euro.