ROMA Settembre e ottobre, per i docenti precari, sono i mesi dei salari non pagati. È ormai un fatto ciclico, aggravato quest’anno dai ritardi nell’erogazione delle indennità di disoccupazione. Una stampella che dovrebbe sostentare gli assunti a settembre e licenziati a giugno nei 3 mesi estivi, ma che i più fortunati hanno ricevuto tra settembre e ottobre e che in molti devono ancora ricevere. La precaria. «Mi hanno tolto la dignità. Lavoro da tre mesi e non ho ricevuto un centesimo. Ho l’affitto da pagare, devo fare la spesa. Ho dovuto chiamare mia madre e chiederle almeno i soldi per l’affitto. È stata un’umiliazione, io mi sento senza dignità». Stefania Aceto è una docente precaria come tante: circa 80mila chiamate quest’anno in tutta Italia, nonostante il piano di assunzioni della cosiddetta “Buona Scuola”. Ha 35 anni, è calabrese, ma lavora a Padova. Non è solo arrabbiata, ma anche decisamente affannata. «Sto camminando - spiega - perché non mi posso più permettere l’abbonamento degli autobus. A scuola è anche difficile lasciarsi tutti questi problemi alle spalle, a volte mi vengono le lacrime agli occhi». Pagamenti a macchia di leopardo. A metà novembre il problema sembrava risolto: era dovuto, secondo il Miur, a un limite contabile di erogazione, che poteva essere coperto con un’emissione di liquidità straordinaria. Che in effetti è avvenuta, ma non ha risolto il problema. «Non tutti hanno ricevuto il pagamento. Abbiamo chiesto i dati, per monitorare la situazione, ma ancora non li abbiamo ricevuti», spiega Domenico Pantaleo segretario dell’Flc Cgil. I problemi, insomma, non sono riducibili a una mera questione contabile. «C’è il Tesoro che sta contestando l’emissione dei dati da parte delle scuole - prosegue Pantaleo - e il sistema informatico che continua ad avere problemi. Le segreterie scolastiche che si occupano di immettere i dati, sono in una situazione di sovraccarico e senza risorse per le sostituzioni. E in più, secondo me, c’è anche un problema di carenza di fondi». I 500 euro per la cultura. «Sono cose che si ripetono da anni», spiega Francesca, insegnante precaria di Latino e Italiano della provincia di Lucca, che preferisce non rivelare il suo cognome per paura di essere discriminata sul lavoro. «Ho preso servizio il 15 settembre, ho percepito il primo stipendio il 26 novembre, dopo ripetute telefonate alla segreteria scolastica. Parlano di emissioni straordinarie, ma i precari ci sono ogni anno, ormai è un fatto strutturale». La vera beffa, per Francesca, è stata la notizia del bonus cultura di 500 euro esteso ai diciottenni, che dà «la chiara percezione di una presa in giro». Un’analisi condivisa da Rosa Sigillò, coordinatrice nazionale del Mida, il movimento che riunisce gli esclusi dal piano di assunzioni. «Qui ormai siamo alla compravendita di voti. Mentre i precari non sono nemmeno retribuiti, ci ritroviamo a fianco i colleghi di ruolo che parlano di come spendere i 500 euro per la formazione. La fase C - aggiunge - toglierà il posto a persone che insegnano da anni e sono abilitate: Tfa, Pas, Scienze della formazione primaria. A dicembre molti insegnanti rischiano di andare a casa, me compresa».