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Pescara, 23/11/2024
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02/12/2015
Il Centro
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Pensioni, allarme povertà per le nuove generazioni. Boeri, presidente dell’Inps: «Per i 35enni di oggi assegni tagliati anche del 25%» |
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Per l’0cse sono necessari ulteriori sforzi per sanare la nostra spesa previdenziale
ROMA Lavoreranno anche fino a 75 anni, prenderanno meno di pensione e molti rischiano di non prendere proprio niente, visto che il sistema contributivo penalizza pesantemente chi vive di contratti precari. Eccola l’istantanea che fotografa i settantenni del 2050, quelli che oggi hanno 35 anni, nati nel 1980 e vissuti nell’epoca della “flessibilità” e del “precariato”. Per loro, il rischio povertà, quando avranno i capelli bianchi, è molto alto. Il grido d’allarme è stato lanciato da uno che i conti li ha già fatti, il presidente dell’Inps Tito Boeri. E la sua analisi suona come un appello al governo di pensare subito a misure per contrastare quello che si prospetta come un esercito di futuri poveri. Non a caso, il titolo del convegno durante il quale Boeri ha descritto la situazione in cui si troveranno gli attuali 35enni era: “Pensioni e povertà: oggi e domani”. L’obiettivo dell’incontro era presentare il rapporto 2015 dell’Ocse sul nostro sistema previdenziale, in realtà è servito al numero uno dell’Inps per illustrare ai politici quali saranno gli scenari futuri. E non sono rosei. Se l’Ocse ha sottolineato che i pensionati attuali hanno tassi di sostituzione netta rispetto al salario-medio vicini all’80% (a fronte del 63% medio dei paesi più sviluppati), per Boeri il vero problema non sono gli anziani «colpiti in misura minore dalla crisi economica», ma i giovani. «Con le regole del contributivo, le persone che non raggiungeranno un certo ammontare di prestazione prima dell’età pensionabile rischiano di non aver alcun reddito. È un problema molto serio che riguarda la generazione 1980, persone che avranno 70 anni nel 2050 – ha spiegato Boeri – Nell’ipotesi di un tasso di crescita del Pil dell’1% molti dovranno lavorare anche fino a 75 anni per andare in pensione con prestazione comunque più basse del 25%». E se l’economia italiana non crescerà almeno dell’1% all’anno? «Si potrebbe aprire un problema serio per chi perderà il lavoro prima dei 70 anni. Occorre perciò introdurre strumenti forti di contrasto alla povertà» . E per essere ancora più chiaro: «Se non ci sarà un processo di maggiore stabilizzazione del lavoro, senza tutte le interruzioni che contraddistinguono spesso i contratti temporanei o precari, ci potrebbero essere pesanti problemi di povertà in futuro», ha detto alla fine il responsabile dell’Inps. Secondo l’Ocse comunque l’Italia sta andando nella direzione giusta sul fronte previdenziale: l’aumento dell’età di uscita dal lavoro e la riduzione della spesa futura. Ma perché il sistema sia “finanziariamente sostenibile” sono necessari “ulteriori sforzi”. La nostra spesa previdenziale infatti è la più alta dopo la Grecia sia rispetto al Pil sia per i contributi previdenziali sul lavoro dipendente: 33% sulla retribuzione. Percentuale record tra i paesi dell’Ocse.
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