La Cgil interviene sul rapporto Ocse, che invita a “ulteriori sforzi negli anni a venire”. Lamonica: non c'è un rischio di tenuta finanziaria per il sistema previdenziale. Il problema è l'inadeguatezza delle prestazioni. Occorre una “riforma radicale”
“La tenuta finanziaria del nostro sistema previdenziale non è a rischio, di certo lo è l'entità delle prestazioni per ampie fasce della popolazione”. Con queste parole Vera Lamonica, segretaria confederale della Cgil, interviene sul tema della previdenza in seguito alla diffusione del rapporto Ocse Pensions at a glance 2015.
Nel rapporto dell'Istituto parigino si trovano ampi passaggi sulla “sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico”, e su una spesa che – a detta dell'Ocse - “rimane elevata”. Il rapporto plaude alla riforma Monti-Fornero del 2011, che avrebbe adottato “importanti misure per ridurre la generosità del sistema, in particolare attraverso l'aumento dell'età pensionabile e la sua perequazione tra uomini e donne”. Ma l'Istituto ammonisce: l'invecchiamento della popolazione continuerà a esercitare pressioni sul finanziamento del sistema, e saranno necessari “ulteriori sforzi negli anni a venire”.
Cgil: basta allarmi e riforme per fare cassa
La vera o supposta scientificità dei rapporti economici internazionali può essere la chiave che apre la porta ad altri giri di vite, dopo il bagno di sangue che le riforme Monti-Fornero hanno rappresentato per molte lavoratrici e lavoratori italiani. Dev'essere per questo che la Cgil reagisce dicendo “basta ad allarmi e a 'riforme' per fare cassa”. Sempre Vera Lamonica invita, piuttosto, a “modificare radicalmente la normativa vigente per restituire equità e solidarietà al sistema”. E ricorda che “la mobilitazione di Cgil, Cisl e Uil continua e il 17 dicembre terremo grandi attivi interregionali per aprire una vera e propria vertenza con il governo”.
“Non c'è un rischio di tenuta finanziaria per il sistema previdenziale italiano - spiega Lamonica - se è vero che, come dice la stessa Ocse, le riforme realizzate negli ultimi anni hanno portato l'età pensionabile al livello più alto in Europa, e che la spesa pensionistica è calcolata comprendendo tutta la parte assistenziale, in altri Paesi non caricata sulla previdenza”. “Peraltro nel nostro Paese - sottolinea - per effetto dell'aggancio automatico al meccanismo dell'attesa di vita, dato medio che non tiene conto della differente longevità dovuta a condizioni sociali e attività lavorative diverse, l'età di pensionamento nel giro di pochi calendari sarà portata ben oltre i 67 anni. Per molti trattamenti di importo basso si supereranno i 70”.
Per Lamonica “il vero problema è l'inadeguatezza delle prestazioni: disoccupazione, precarietà, lavoro povero e buchi contributivi, anche per le attività di cura delle donne, mettono seriamente a rischio il futuro pensionistico di fasce amplissime della popolazione italiana. E se questo è il vero problema - prosegue la dirigente sindacale - allora occorre invertire la logica che ha guidato le riforme di questi anni: basta allarmi sulla tenuta finanziaria del sistema che sollecitano politiche di prelievo per fare cassa, come è stato abbondantemente fatto in Italia”.
Dati del rapporto Ocse
L'Ocse nel suo rapporto (presentato oggi a un convegno dell'Inps) afferma che l'Italia ha le entrate contributive più elevate in rapporto al pil, gli anziani godono di buone condizioni di vita rispetto alla popolazione tanto che il rischio povertà si è trasferito ai giovani che rischiano di non avere in futuro un assegno pensionistico adeguato. Ad oggi, si legge nello studio di Stefano Scarpetta, direttore occupazione, lavoro e affari sociali dell'Istituto di Parigi, il sistema di previdenza sociale ha svolto un ruolo importante nel proteggere gli anziani dal rischio di povertà assicurando loro delle buone condizioni di vita rispetto ad altri gruppi di età. Oggi in Italia, 9.3% degli ultrasessantacinquenni vivono in situazione di povertà relativa, rispetto al 12.6% % nella popolazione totale. Le persone anziane hanno un reddito medio superiore al 95% di quello della media nazionale. Il rischio di povertà si è trasferito nel tempo dagli anziani ai giovani: circa il 15% delle persone di età compresa tra i 18 e i 25 anni sono povere rispetto al 9% per gli ultrasessantacinquenni.
I periodi di assenza dal lavoro per motivi familiari sono fortemente concentrati sulle donne: il 12% delle donne tra i 25 e i 49 anni rispetto a meno dell'1% degli uomini della stessa età. Tra i giovani, periodi di disoccupazione o d'inattività sono frequenti: circa un quarto dei giovani tra 16-29 anni sono né occupati né coinvolti nel sistema educativo o in formazione. Inoltre, le giovani donne cominciano il lavoro retribuito più di due anni più tardi rispetto agli uomini, i tassi di occupazione delle madri sono bassi e molte donne lavorano part-time. Queste caratteristiche possono danneggiare l'adeguatezza dei redditi pensionistici nel futuro, sottolinea l'Ocse.
Secondo l'istituto di Parigi l'effetto di interruzioni di carriera e di ritardi nell'entrata sul mercato del lavoro potrebbe essere più elevato in Italia che nei paesi Ocse. Infatti, in Italia mancano degli ammortizzatori efficaci che proteggano la pensione dall'effetto di interruzione di carriera.
In Italia, il sistema pensionistico pubblico si sta conformando ad un sistema pienamente contributivo. Per una gran parte dei dipendenti del settore privato i contributi previdenziali sono i secondi piu' elevati dell' Ocse pari al 33% del salario (23,8% a carico dei datori di lavoro e 9,2% dei lavoratori). Ne risulta che, l' Italia ha le entrate contributive piu' elevate (in percentuale del Pil) dell'Ocse dopo la Grecia e la Spagna, entrate che sono necessarie per pagare le pensioni correnti.
Cgil: ora una riforma radicale della normativa
Per Vera Lamonica è perciò tempo “di attuare una riforma radicale della normativa vigente che dia risposte concrete sul necessario tasso di solidarietà da restituire al sistema, a partire dal sostegno ai periodi di assenza contributiva, di intermittenza nel lavoro, di riconoscimento del lavoro di cura. Bisogna attuare una politica del lavoro tesa ad aumentare l'occupazione, soprattutto giovanile, perché in un sistema a ripartizione questa è l'unica politica che, anche nel lungo periodo, può rafforzare la tenuta del sistema previdenziale”.
“Anche per questo - continua - è necessario abbassare al più presto l'età di accesso, con una vera flessibilità che differenzi tra i lavori e non ne scarichi i costi sui lavoratori”.
Lamonica conclude poi ricordando che “Cgil, Cisl e Uil il prossimo 17 dicembre terranno a Torino, Firenze e Bari grandi attivi interregionali dei delegati per aprire con il Governo una vera e propria vertenza sugli obiettivi della piattaforma unitaria”.