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Data: 02/12/2015
Testata giornalistica: Il Centro
L’Italia cresce poco. Pil sarà sotto le attese. Istat: disoccupazione in calo ma settembre nero per lavoro e giovani. Renzi: «Scommetto che chiudiamo a 0,8».

L’aumento probabile per quest’anno inferiore alle stime dell’esecutivo

ROMA L’economia italiana rallenta. L’Istat lima le stime di crescita del Pil per il 2015: nel terzo trimestre il prodotto interno lordo è aumentato appena dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e dello 0,8 nei confronti dello stesso periodo del 2014. Dati che congelano, almeno per il momento, l’obiettivo che si era imposto il governo nella legge di Stabilità: una crescita del Pil dello 0,9%. A questo punto il Pil dovrebbe accelerare fino al +1% nell’ultimo trimestre dell’anno, secondo gli economisti, per arrivare all’asticella fissata dal governo. Ma è più probabile che la crescita si limiti alla metà di quel dato e allora la crescita finale del 2015 dovrebbe attestarsi intorno allo 0,7-0,8%. Uno e due punti sotto le previsioni della legge di Stabilità. E non va bene neanche sul fronte dell’occupazione. Disoccupazione all’11,5%, ai minimi da tre anni. Ad ottobre, sempre secondo l’Istat, il tasso di disoccupazione dopo il calo dei tre mesi precedenti, si è attestato all’11,5%, toccando i minimi da quasi tre anni. Ossia, dal dicembre 2012 quando era all’11,4%. Sale la disoccupazione giovanile (15-24 anni) pari al 39,8% così come nella fascia di età 25-34 al 17%, mentre negli ultimi tre mesi si è registrata una crescita costante degli occupati (+13%) pari a circa 900mila persone tra gli over 50. Il tasso di occupazione cresce dunque dello 0,3% (+75mila persone occupate) su base annua. Aumentano gli inattivi, altro dato negativo: dopo la crescita di settembre (+0,5%) si sono aggiunte altre 32mila persone ad ottobre. Inoltre, nello stesso mese si è registrato un nuovo calo, il secondo consecutivo, degli occupati su base mensile, con una diminuzione di 39mila unità rispetto a settembre (+0,2%). Su base annua invece l’occupazione cresce, +75mila persone (+0,3%). Dati che si riflettono inevitabilmente sui consumi, cresciuti appena dello 0,4%. Anche qui, secondo gli esperti le aspettative sono andate deluse: gli investimenti fissi lordi hanno segnato una flessione dello 0,4% contro le previsioni di una loro espansione. Le importazioni sono aumentate dello 0,5% mentre le esportazioni diminuite dello 0,8%. Renzi: dati migliori rispetto alle previsioni. Eppure il presidente del Consiglio Matteo Renzi, è ottimista: «L’Istat ha immaginato che il Pil nel 2015 sia al +0,9%. Mi ha chiamato Padoan, forse chiudiamo a +0,8, non lo so. I dati comunque sono migliori rispetto alle previsioni di inizio anno».Un dato positivo c’è: il valore aggiunto cresce in tutti i comparti. L’Istat traccia incrementi del 2,3% nell’agricoltura; 0,3% nell’industriali e 0,1 nei servizi. Loy (Uil): con lavoro e crescita dello zerovirgola non si va lontano. «Con lo zerovirgola di crescita, il lavoro non cresce e non si va lontano», spara a zero il segretario confederale Uil, Guglielmo Loy che registra piuttosto una conferma di “dati preoccupanti”. In particolare, quello sull’occupazione «sempre in calo», mentre la diminuzione dei disoccupati «è bilanciata in negativo dal costante aumento degli inattivi». Per Loy colpisce soprattutto come «il super incentivo, quello che consente la decontribuzione totale, non abbia prodotto ciò che ci si aspettava: non solo non cresce il numero dei contratti fissi, ma risale il lavoro a termine». Spaventano i fatti di Parigi. La domanda interna (le spese delle famiglie) rappresenta il vero motore della ripresa, mentre la crisi dei mercati emergenti sta deprimendo il nostro export. Il timore espresso sia dal ministro dell’Economia Padoan che dal premier è che, se il terrorismo riuscirà ad abbattere la fiducia delle famiglie, ci potrebbe essere un contraccolpo sui consumi. Il titolare delle Finanze commentando i dati dell’Istat ha spiegato: «La fiducia in Italia di imprese e famiglie sta tornando a galla, ma ci può essere la sfiducia legata alla paura cheprobabilmente fa più effetto».

Renzi: «Scommetto che chiudiamo a 0,8». Il premier ammette il ribasso delle stime. E conferma: «Nel 2016 resteremo in Afghanistan»

ROMA La lotta al terrorismo e la sicurezza, a maggior ragione alla vigilia dell’avvio del Giubileo, sono in questi giorni in cima alle preoccupazioni del premier. Subito dopo, c’è la ripresa economica con dati a luci e ombre. Da un lato, sottolinea il premier, «la disoccupazione è all’11,5%, quella giovanile al 39,8%». Dati migliori rispetto al passato ma, ammette Renzi, «se uno è contento del 39,8% va ricoverato». Ci sono poi le stime sulla crescita con l’obiettivo del pil allo 0,9% a fine anno che sembra vacillare. «Secondo me - stima il premier - chiudiamo allo 0,8 anche se il Mef sostiene che comunque sarà lo 0,9». E infatti, non appena il capo del governo rivede la stima di crescita, riceve un sms dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: «Mi dice di tenere la linea sullo 0,9% di crescita del Pil, non è Roma-Fiorentina...». Tra strategie estere e scenari macro-economici, Renzi derubrica i temi politici. Il voto per le amministrative della prossima primavera, assicura, «non è una priorità in nessun dossier». Non per ora, almeno, visto che prima di gennaio il leader Pd non ha intenzione di sciogliere nodi e candidature della sfida delle comunali. Matteo Renzi non vede «elementi di novità» nella notizia, diffusa da fonti libiche, secondo cui gli jihadisti sarebbero giunti a Sirte dalla Siria e dall’Iraq. La presenza del Daesh alle porte non cambia la strategia «perchè - spiega il premier - a differenza dei giornali, non si può cambiare politica estera ogni giorno». L’intervento in Libia, sostiene Renzi, «non è all’ordine del giorno» così come il nostro paese non pianificherà interventi militari in Siria «senza una strategia» politico-diplomatico complessiva. Incontrando a Palazzo Chigi il presidente afghano Ashraf Ghani, Renzi sottolinea, ancora una volta, l’impegno «senza pari» dell’Italia nelle missioni internazionali: in Afghanistan, dove, assicura, «resteremo anche nel 2016», in Iraq, in Libano, in Somalia l’Italia per il premier fa la sua parte. «Non è che - reagisce il premier - un intervento in più o in meno denota il nostro tasso di partecipazione alla coalizione internazionale». E soprattutto la linea italiana non è dettata nè da prudenza nè da paura ma «da saggezza perchè la politica estera non va lasciata alle emozioni ma serve continuità».

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