ROMA Non era difficile convincere un pensionato a investire i risparmi di una vita in quei bond subordinati. A Banca Etruria funzionava così. Succedeva da almeno 10 anni. Il cliente di sempre andava a trovare il direttore o il consulente che conosceva a memoria conto corrente o risparmi blindati in Bot e in Cct ed ecco che spuntava la proposta: «Perchè non puntare su prodotti della banca e strappare 1,5%-2% in più di rendimento?». Del resto Banca Etruria non è una banca qualsiasi: è una banca popolare, di quelle radicatissime sul territorio, nel Centro Italia, con sede centrale ad Arezzo, e filiali ad ogni angolo, in tutti i rioni. Andare in banca era un po’ come andare in chiesa, la fiducia nel direttore non era in discussione e le carte si firmavano senza troppe domande. Anche perchè molti non sapevano nemmeno cos’era un bond subordinato. Sapevano che era di Banca Etruria, di cui in molti casi si sentivano anche padroni con due o tre azioni da esibire in assemblea. Era una questione «di affettività» affidare il gruzzoletto in banca. E anche chi bussava per un prestito non faceva troppe storie se gli si chiedeva anche di sottoscrivere azioni o bond. Adesso si trovano in mano solo carte.
I DOSSIER APERTISono pochi sprovveduti? No, sono tanti. Cifre ufficiali non ce ne sono, ma il consenso parla di 105.000 azionisti a cui si affiancano almeno 10.500 obbligazionisti (350 milioni persi su oltre 800 milioni) tra i piccoli risparmiatori travolti dalla «risoluzione» di Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti e Cariferrara. Certo, sui patacca-bond hanno puntato anche investitori istituzionali e qualche privato con il vizio della speculazione. Ma i numeri, per quanto imperfetti, dicono che sono troppi e più degli istituzionali, i risparmiatori inciampati nei bubbone-bond. Solo in Toscana sono 36.000 gli azionisti e obbligazionisti coinvolti. Secondo i dati di Federconsumatori, solo per Banca Etruria sui 375 milioni di obbligazioni emesse, 250 milioni sono finite ai risparmiatori. Paolo Ferrari, presidente Federconsumatori di Arezzo, ha sul tavolo oltre mille dossier.
LA RABBIAChi sono? «Nel 95% dei casi sono piccoli risparmiatori tutti con bond subordinati, molti hanno emissioni del 2006, ma i casi più clamorosi riguardano i bond di fine 2013, quando la banca era già sotto ispezione di Bankitalia». Nel mirino dei consumatori, c’è la questione del profilo di rischio. «Sono tutti pensionati. Davvero hanno il profilo finanziario adeguato a quesi bond subordinati?», dice Ferrari. Di questo si accusano ora le banche. E anche Bankitalia e Consob sono chiamate in ballo. Sono nove gli esposti depositati in altrettante procure da Adusbef e Federconsumatori. Nel frattempo Bankitalia insiste sullo stop Ue al fondo interbancario: il salva-banche era l’unica via per evitare effetti più «devastanti». Ma la miopia Ue o i ripetuti richiami di Bankitalia alla trasparenza delle banche, non sono di consolazione agli eredi dell’ex sacerdote che a 92 anni ha trasferito nel 2013 ben 50.000 euro nei bond incriminati. E la signora di 80 anni, anche lei di Arezzo, aveva 80 mila euro in Bot e Cct prima che fosse convinta a puntare sulle obbligazioni. Con il salvabanche sono sfumati anche gli oltre 100.000 euro di liquidazione di Alessandro Vergati, ex dipendente Etruria ora in pensione. Scottato come Pasquale Marino, ex consigliere comunale di Forza Italia, o l’imprenditore, Vincenzo Apicella, che avrebbe portato via i suoi 40.000 euro, se non fossero stati vincolati.
A Banche Marche la storia non era diversa. Giuseppa Minozzi, 75 anni, maceratese ha perso 35.000 euro in azioni ricevute in eredità dal marito operaio. Avrebbe dovuto ascoltare le due figlie, che premevano perchè vendesse, ma la banca l’aveva sempre rassicurata fino a farle sottoscrivere l’ultimo aumento di capitale nel 2012, «spinta dai responsabili della nostra filiale». Stesso copione per Giacomo Frattesi, il tecnico della Angelini Farmaceutica di Falconara: brindava alle assemblee, ma ha perso tutto delle azioni ereditate dal padre. Carlo Clementi di Jesi, ha perso i titoli, ma anche le obbligazioni sottoscritte perchè «rassicurato. Ci dicevano che l’attività dei commissari avrebbe risollevato le sorti della banca». Esattamente come Giancarlo De Mattia, architetto maceratese in pensione, vedovo, due figli, «con problemi familiari» che contava di affrontare con i 30.000 euro ora sfumati. E ora? A sentire chi vive in quella Arezzo dove Banca Etruria è la terza azienda, molti risparmiatori hanno bussato allo sportello per chiedere di chiudere anche il conto corrente. E qualche direttore di banca ha anche schivato pesanti aggressioni. Al setaccio ci sono anche le polizze assicurative in mano a ignari sottoscrittori. In questo caso, le banche interessate stanno contattando uno ad uno i risparmiatori, proponendo prodotti sostitutivi. Per i bond azzerati, invece, rimane solo la speranza del governo. Ma la storia Parmalat (135mila investitori travolti tra azionisti e obbligazionisti), Cirio e dei Tango bond non fanno sperare molto.
Gli obbligazionisti di Collecchio, fallita a fine 2003, hanno ottenuto azioni della società risanata e tornata a Piazza Affari. Poco prima, nel crac Cirio da un miliardo, 35 mila investitori che avevano sottoscritto obbligazioni tra il 2000 e il 2002, hanno spuntato solo rimborsi minimi. Nel default argentino del 2001, invece, ci andarono di mezzo 450mila risparmiatori italiani. Molti di loro accettarono le due offerte del governo argentino nel 2005 e nel 2010, con tanto di taglio del 70%. Pochissimo, ma sempre meglio che niente.