A Montecitorio si votano le mozioni. Sinistra italiana chiede il blocco immediato della vendita di quote statali: “Proventi per pochi miliardi di euro, nessun effetto sulla riduzione del debito pubblico”. Stop alla cessione anche dal Movimento 5 Stelle. Che invocano nuovi criteri per la nomina dei vertici delle società partecipate: “Comprovata esperienza a prescindere dall’appartenenza politica”. Via libera alla quotazione da Ncd e Scelta civica, sì condizionato della Lega
Fatte le nomine, sui binari delle Ferrovie dello Stato italiane (Fsi), il treno della privatizzazione ha iniziato a correre veloce. Fin troppo, secondo i deputati di Sinistra italiana (Si). Che oggi, a Montecitorio, si preparano a dare battaglia. Con una mozione (primo firmatario Franco Bordo) che impegna il governo a tirare il freno d’emergenza. Astenendosi “nell’immediato dal procedere alla messa sul mercato di quote pubbliche” del gruppo Fs. Almeno fino a quando “non avrà illustrato alle Camere in modo puntuale tutti gli aspetti e i risvolti economici, industriali, occupazionali e sociali” dell’annunciato piano di privatizzazione. E invitando, inoltre, l’esecutivo a presentare al Parlamento, “prima di procedere a qualsiasi iniziativa di alienazione di quote di società direttamente o indirettamente di proprietà dello Stato”, una relazione contenente “i dati finanziari e industriali degli effetti” della vendita. Richiesta, quest’ultima, sviluppata e riproposta dal gruppo di opposizione anche in un emendamento alla Legge di Stabilità.
Una vicenda, quella della privatizzazione di Fsi, che ha subito un’accelerazione con il recente passaggio del testimone tra l’ex amministratore delegato Michele Elia e il renzianissimo Renato Mazzoncini. L’obiettivo del governo guidato da Matteo Renzi è quello annunciato solo qualche giorno fa dal ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio: quotare in Borsa il 40% della società, lasciando in mano pubblica l’infrastruttura di rete, ossia i binari. Un traguardo che ha messo in allarme l’intero gruppo di Sinistra italiana. Innanzitutto per la rilevanza strategica dell’azienda da 8,4 miliardi di fatturato, 70 mila dipendenti e oltre 16 mila chilometri di rete ferroviaria. Un’azienda in salute che, ricordano di deputati di Si nella mozione, proprio sul fronte del fatturato ha chiuso i primi sei mesi del 2015 con un incremento “di oltre 2 punti percentuali rispetto al 2014”, mettendo in campo “un totale di 4,3 miliardi di euro di investimenti”. Dubbi alimentati, innanzitutto, dai precedenti. “Considerato che le privatizzazioni in Italia sono state sempre caratterizzate da un percorso particolarmente complesso, pieno di fallimenti e di incognite in cui spesso – si legge nel documento – si sono intrecciate operazioni finanziarie poco trasparenti, per cui lo Stato quasi mai ne ha tratto vantaggio né dal punto di vista economico, né tanto meno sotto il profilo della competitività”.
Ed è per scongiurare questo pericolo che, secondo i deputati di Si, il Parlamento “avrebbe dovuto esercitare una funzione di controllo e indirizzo politico importante” dal momento che la privatizzazione di Fsi “potrebbe determinare l’indebolimento di rilevanti potenzialità industriali nazionali”. Con il rischio di ottenere, invece di “un sostanziale effetto di diminuzione del debito pubblico”, solo “una riduzione delle entrate fornite al bilancio dello Stato dai dividendi della stessa società”. Il timore del gruppo di Sinistra italiana, insomma, è che il Gruppo Ferrovie dello Stato finisca, con la quotazione sul mercato, per essere “svuotato di valore e di contenuti” solo per raccogliere “pochi miliardi di euro (tra i 5 e i 10) che non sono assolutamente nulla rispetto ai 2.000 miliardi di debito pubblico accumulati dal nostro Paese”. Per questo, prosegue la mozione, “appare inspiegabile il motivo per cui si intenda, in controtendenza a quanto accade in altri Paesi europei come la Francia e la Germania, privatizzare una società solida e in crescita” capace di operare non solo “sul mercato italiano” ma “di aprirsi ad una competitività nel trasporto ferroviario e alla logistica anche a livello continentale”. Il tutto all’unico scopo di “garantirsi nell’immediato” una “modesta entrata economica, mettendo a repentaglio profitti, livelli occupazionali e qualità professionali”.
Sugli stessi binari di Sinistra italiana corre anche la mozione del Movimento 5 Stelle (primo firmatario Diego De Lorenzis). I grillini intimano al governo di “sospendere l’attuale procedura di privatizzazione in corso”, garantendo la proprietà pubblica di asset strategici come quelli di Fsi e invitandolo ad “elaborare una nuova, più seria e più lungimirante politica di abbattimento del debito pubblico che non preveda l’alienazione del patrimonio pubblico, dannosa e controproducente” nel lungo periodo malgrado i “temporanei risultati di cassa”. Non solo. Nel mirino del documento finisce anche la nomina del nuovo ad Mazzoncini, già “amministratore delegato della controllata di Fsi Busitalia” che, ricordano i grillini, in tale veste, nel 2012 “favorì l’accordo con l’allora sindaco di Firenze Matteo Renzi, per la privatizzazione dell’Ataf, azienda tranviaria fiorentina”. Proprio alla luce delle dimissioni rassegnate da tutti i componenti del consiglio d’amministrazione di Fsi e seguite dalla sua designazione, i deputati del M5S chiedono all’esecutivo di “rivedere, al più presto, le procedure di nomina degli organi sociali delle società direttamente o indirettamente partecipate dallo Stato”. Per assicurare il conferimento degli incarichi a persone di “comprovata esperienza nel settore”. Escludendo dai criteri “l’appartenenza politica”.
Decisamente filogovernativa, invece, la mozione del Nuovo centrodestra (prima firmataria Dorina Bianchi) che invita l’esecutivo a “proseguire la procedura di privatizzazione già avviata garantendo che la proprietà della rete resti pubblica ed al contempo assicurando gli obblighi del servizio pubblico e la maggioranza piena dell’azionariato dello Stato”. Luce verde alla quotazione in Borsa anche da Scelta civica. Nella cui mozione (primo firmatario Mazziotti di Celso) si impegna l’esecutivo a “procedere al piano di privatizzazione” di Fsi “con modalità idonee ad assicurare un reale sviluppo della concorrenza del settore e lo sviluppo e l’ammodernamento dell’infrastruttura, anche sulle tratte secondarie”. Ferma restando “la gestione della rete” sotto “un pieno, terzo e imparziale controllo pubblico”, gli ex montiani invitano addirittura il governo a valutare la cessione sul mercato di “una quota azionaria superiore al 40%”, ma secondo uno schema che consenta “l’ingresso dei privati nelle sole società del gruppo che erogano servizi di trasporto”, a cominciare dal “cargo ferroviario”. Infine, la mozione della Lega Nord (primo firmatario Guido Guidesi) che chiede al governo chiarimenti sui “ricavi attesi dall’operazione” affinché “possano essere impiegati a favore del trasporto pubblico locale” per garantirne “più alti criteri di qualità” e “prezzi sostenibili”.