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Pescara, 23/11/2024
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Data: 15/12/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Ombrina, il dietrofront del governo per evitare i referendum. Il Manifesto di Termoli e il pressing delle dodici Regioni hanno influito, oltre alla mobilitazione dell’opinione pubblica.

L'AQUILA E' una corsa a mettersi le stellette, ora, di chi e di più ha favorito il risultato: quello che allontana le trivelle dal mare Adriatico, quello approdato ieri in commissione Bilancio alla Camera e che sancisce il divieto di ricerca di idrocarburi entro le dodici miglia dalla costa, che restituisce alle Regioni potere decisionale, che prevede la concertazione, tramite i diversi iter autorizzativi, con le popolazioni locali. Una corsa legittima, in fondo, perché contro Ombrina Mare si erano schierati un po' tutti quelli che, fisicamente e idealmente, si erano messi in marcia con i sessantamila che manifestarono nel maggio scorso a Lanciano. Le opposizioni che avevano redatto l'emendamento (bocciato in un primo momento) riproposto ieri in commissione (in attesa del voto in aula), la maggioranza che si è «convinta al suo interno» che una politica energetica basata sul petrolio, complice anche la recente Conferenza sul clima a Parigi, «è una politica del Novecento», per dirla con le parole del presidente Luciano D'Alfonso e ovviamente le associazioni ambientaliste e il comitato No Triv che, la battaglia, l'hanno sostenuta in ogni sede. Anche quando sembrava persa.
IMBARAZZO
Sul dietrofront del governo Renzi, soprattutto, ha influito la minaccia di un referendum che, sostenuto da dodici Regioni, avrebbe potuto mettere in serio imbarazzo il governo, pressato a livello istituzionale, e di questo va dato atto a D'Alfonso, dal Manifesto di Termoli che porta la firma, oltre dell'Abruzzo, anche dei presidenti «amici» di Puglia (nella foto D’Alfonso con Emiliano, tra di loro Alessandrini) ed Emilia Romagna. «Ombrina è nella bara» dice D'Alfonso, anche se l'emendamento non è ancora legge e se, nei fatti, il decreto autorizzativo per la Rockhopper, che ha chiuso la conferenza dei servizi lo scorso 9 novembre, potrebbe arrivare prima dell'entrata in vigore della legge e vanificare così la battaglia (l'emendamento non si applica alle ricerche già autorizzate).
Ma l'accordo per la tutela del «mare blu» è un accordo politico, si presume tra gentiluomini, sostenuto anche dalla Conferenza delle Regioni di Bruxelles e soprattutto dal fatto che a presentare l'emendamento è stata la ministra Maria Elena Boschi in persona: una garanzia della convinzione della scelta.
I COMMENTI
Insomma, se non nella bara, Ombrina è sicuramente in fin di vita. «Una vittoria della mobilitazione, ma anche di chi nelle istituzioni ha proceduto imperterrito verso l'affermazione del modello di sviluppo sostenibile della nostra regione» commenta il sottosegretario Mario Mazzocca che con Gianni Melilla ha seguito passo passo il caso; «Stesso impegno e stesso spirito di iniziativa dobbiamo continuare a produrre contro il gasdotto Snam» aggiunge il presidente della commissione Ambiente, Pierpaolo Pietrucci. «Questo dimostra quanto improvvisate e strumentali fossero le norme pro-petrolieri -è il commento degli ambientalisti-, che hanno messo a rischio l'ambiente marino e le economie del mare (turismo e pesca), pur di andare a sfruttare giacimenti che non risolvono i nostri problemi energetici (le riserve petrolifere individuate nei nostri fondali coprirebbero il fabbisogno nazionale solo per 7 settimane). Ora, dopo gli impegni assunti a Parigi, ci auguriamo che il governo abbandoni la ricerca selvaggia e la Strategia energetica nazionale (Sen)». Di scelte «coraggiose e concrete» parla infine il segretario Pd Marco Rapino: «Ora in Parlamento le forze politiche devono trovare la massima compattezza, una coesione che riguarda anche il M5S, non è il momento delle divisioni».

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