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Pescara, 23/11/2024
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Data: 30/12/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Pensioni d’oro, il governo rilancia il taglio nel 2016. Ma il premier avverte: non parliamo di quelle da 2-3.000 euro netti al mese. Nel mirino potrebbero finire le gestioni speciali e i casi del passato più eclatanti.

ROMA «Non tocchiamo le pensioni degli italiani»: è la premessa con cui il presidente del Consiglio ha affrontato il tema previdenza durante la conferenza stampa di fine anno. Eppure il 2016 dovrebbe essere l’anno in cui si concretizzeranno gli interventi di cui si è più volte parlato nei mesi scorsi e che sono stati invece rimandati. Due i filoni principali al centro del dibattito quest’anno: quello delle correzioni alla riforma Fornero in direzione di una maggiore flessibilità e quello (collegato in quanto possibile fonte di finanziamento) di possibili sacrifici per i cosiddetti trattamenti d’oro.
IL RETRIBUTIVO
Prudentemente Renzi non ha affrontato il primo aspetto mentre, sollecitato, si è espresso sulle pensioni più alte per dire che sì, il governo potrebbe andare a toccarle. Ma quali? Renzi ha messo le mani avanti specificando che non considera “d’oro” quelle che valgono 2-3 mila euro netti al mese, anche se conseguite grazie al più vantaggioso sistema retributivo. E ha fatto capire almeno in parte cosa abbia in mente citando gli esempi dei pensionati che al mese di euro ne prendono 90 mila «utilizzando al massimo i privilegi del retributivo». Dunque la via da percorrere non dovrebbe essere quella di un ricalcolo contributivo generalizzato - pur se al di sopra di una certa soglia - dei trattamenti in essere. Piuttosto nel mirino potrebbero entrare le gestioni speciali e quelle situazioni in cui regole particolari hanno determinato importi clamorosamente al di là di ogni relazione con quanto versato nel corso degli anni.
IL SOSTEGNO AL REDDITO
Sul piano del metodo, Renzi ha assicurato che tutto sarà fatto nella massima trasparenza. Ed ha lodato l’approccio adottato - per impulso del presidente Boeri - dall’Inps, che ha fornito negli scorsi mesi dati ed elaborazioni sulle pensioni di diverse categorie. Boeri in verità ha presentato come contributo alla discussione un progetto di legge completo, che prevede l’istituzione di uno strumento di sostegno per gli ultracinquantacinquenni che perdono il lavoro, finanziato con una revisione delle forme di assistenza di cui tuttora godono anche famiglie abbienti e con un ricalcolo mirato su una platea potenziale di circa «250 mila percettori di pensioni elevate», oltre che su 4 mila politici beneficiari di vitalizi. Gli interessati, secondo il progetto Inps, sono coloro che hanno una pensione lorda superiore ai 5 mila euro mensili lordi e in misura più lieve quelli il cui trattamento è compreso tra 3.500 e 5 mila. L’idea è applicare una riduzione corrispondente alla differenza tra l’età a cui sono andati a riposo ed un’età di riferimento corrispondente grosso modo a quella della pensione di vecchiaia, 66 anni attualmente ma più bassa per chi era uscito dal mondo del lavoro in precedenza.
LA FLESSIBILITÀ
Resta da capire poi che esito avranno le richieste, provenienti dal mondo sindacale ma anche dall’interno del Pd, di maggiore flessibilità rispetto ai vincoli della riforma Fornero. Lo stesso premier in passato si era detto favorevole a una prospettiva di questo tipo, ma chiaramente va ponderato con molta attenzione il rischio di minare l’attuale impianto normativo, che l’Italia può vantare come proprio punto di forza rispetto alla sostenibilità di lungo periodo dei conti pubblici. Nella legge di Stabilità che sta per entrare in vigore sono stati introdotti correttivi minimi, legati (come nel caso dell’opzione donna) a risorse finanziarie comunque limitate.

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