Bilancio 2015 di palazzo Chigi. Riforme costituzionali punto di svolta
ROMA Riforme costituzionali, Jobs act e riduzione fiscale i traguardi del 2015, banche e Unione europea le spine nel fianco. Matteo Renzi mette in fila i risultati del suo governo nella conferenza stampa di fine anno, concedendo poco ai suoi critici. Pochi i botti, giusto lo spazio per l’azzardo della sua scommessa: «Se perdo il referendum costituzionale, considero fallita la mia esperienza in politica». Quaranta le domande in scaletta, solo la metà arriva a meta. Il premier si spiana la strada con l’introduzione scoprendo le sue intenzioni: ecco le previsioni sbagliate dei Gufi (con tanto di disegnino), in controcanto le cose fatte. Punture di spillo per quelli che definisce «i professionisti del tanto non ce la faremo mai», giornalisti compresi.Con il presidente dell’Ordine, Enzo Iacopino, ingaggia una polemica sull’equo compenso e sui richiami al settore dell’editoria in sofferenza. Renzi rilancia la sua idea che non è cambiata: «Fosse per me, abolirei l’ordine dei giornalisti». Non li ama e non lo nasconde. Distanze siderali, poi partono le slide con i numeri della svolta di «un’Italia che si è rimessa in moto». Il Paese che cresce. «Crescita allo 0,8 per cento dopo tre anni negativi, 300mila occupati in più e la disoccupazione calata dal 13,2 all’11,5 per cento e poi il balzo dei mutui degli ultimi mesi», segno di una fiducia riconquistata. Nella Legge di stabilità Conferma degli 80 euro e successo della “buona scuola”. Unione Europea. «Non dichiariamo nessuna guerra all’Ue ma chiediamo che tutti rispettino le regole». Sullo scontro recente con Angela Merkel, il premier non alimenta polemiche ma conferma la critica: «I paesi dell’eurozona non crescono perché Bruxelles ha sbagliato e continua a sbagliare la politica economica incentrata solo sul rigore». Riforme. L’Italicum è stato un «capolavoro parlamentare» e con questa legge elettorale il «rischio Spagna», non c’è. Con la riforma Costituzionale si completa un quadro di stabilità che porterà al referendum nell’ottobre del 2016. «Se lo perdo fallisco, ma penso che gli italiani vogliano un paese più semplice». Banche. In Italia «non è a rischio il sistema bancario: la prima banca italiana vale il doppio di quella tedesca». Per i quattro istituti liquidati Renzi conferma che «lo Stato sarà dalla parte degli investitori truffati e sarà fatto di tutto perché possano riavere ciò che hanno perso». Il Parlamento deciderà sulla commissione d’indagine o d’inchiesta, mentre sulle regole violate, governo pronto «al ricorso alla Corte di giustizia europea». Unioni civili. La maggioranza discuta ma «basta con gli steccati ideologici» dice il premier che nega che lo stralcio della stepchild adoption, possa essere lo scambio per ottenere il sì dei centristi. Pensioni. Nessun intervento quest’anno «per evitare pasticci e instabilità del sistema, valuteremo come intervenire sulle pensioni d’oro, che però non sono quelle da 2.500 euro». Elezioni e sfida al M5S. «Non temiamo le amministrative, il Pd non ha mai amministrato così tante città». Conferma delle primarie ovunque ma per le alleanze a sinistra dice a Sel che «bisogna essere in due». Ironia del premier sull’avanzata dei 5 Stelle: «Nei sondaggi sono sempre molto forti, alle elezioni un po’ meno». Gli appelli di Papa Francesco. L’amnistia per i detenuti «non è in programma» mentre il governo conferma il suo impegno internazionale contro la pena di morte e la piena libertà di fede. Libia. Per Renzi è l’ultimo successo di una ritrovata centralità dell’Italia nello scacchiere internazionale. «Tentativo solido da accompagnare con determinazione ma no a interventi militari unilaterali che in altre occasioni non hanno funzionato».