Un euro a testa. Scarso. A dividere i 12 milioni stanziati mercoledì dal governo per spingere la gente a usare i mezzi pubblici tra gli italiani che vivono in città asfissiate dallo smog, vien fuori un’elemosina. Grazie. Ma dove sono, i provvedimenti strutturali? Il calcolo, anzi mancando ancora quelli finali del 2015, è fatto sui dati 2014. Quando i capoluoghi soffocati da un inquinamento fuorilegge furono 33 con 10 milioni di residenti più qualche milione di pendolari. E il 2014 fu un anno buono. Questo oggi in uscita è peggio. Capiamoci: il «decalogo» varato dal vertice di sindaci e governatori col ministro dell’Ambiente Galletti (a proposito: perché mancavano quelli dei Trasporti e dello Sviluppo economico?) è pieno di buon senso. La riduzione della velocità per sollevare meno polveri dal selciato, l’abbassamento di due gradi dei termosifoni e anche l’aiutino sui ticket per metro e bus vanno bene.
Ma l’invito ai sindaci a prendere provvedimenti «dopo sette giorni consecutivi» di aria irrespirabile con la premurosa precisazione che il decalogo «non ha valore giuridico» (traduzione: coi cittadini vedetevela voi) non rivela piena consapevolezza della gravità del momento.
Così i lamenti contro la siccità e gli annunci sulla «mobilità sostenibile casa-scuola, casa-lavoro, car e bike sharing» e i «250 milioni per l’efficienza energetica in scuole, strutture sportive e condomini» e tutto il resto per un totale di 405 milioni: 6,7 euro a italiano. Se una commissione del Senato parigino ha denunciato danni dall’inquinamento per cento miliardi l’anno in Francia (e noi siamo messi peggio!) come possono essere spacciate per strutturali misure di volenterosa vaghezza come quelle di ieri? Dice molto, ad esempio, l’annuncio di «incentivi alla rottamazione delle auto più inquinanti». Evviva. Ma la rottamazione dei bus da terzo mondo? I silenzi sul trasporto pubblico? La Circumvesuviana nel 2010 trasportava 40 milioni di passeggeri, oggi 19. Con un taglio enorme delle corse, guasti continui, luridume e vandalismi: possiamo rinfacciare ai napoletani di usare, malvolentieri, la macchina loro?
E lo stesso vale, spiega l’ultimo dossier Pendolaria di Legambiente (il cui decalogo è più duro e comprende come sui rifiuti obiettivi obbligatori, proprio per sottrarre i sindaci ai ricatti della cattiva politica) per tutti i trasporti locali. Sfrecciano, le Freccerosse. Ma i treni vecchi, con più di vent’anni, sono il 44,9%. Con punte del 64% in Puglia, 66% in Umbria, 77% in Lombardia (Maroni denunciava ieri che ai finanziamenti «occorrerebbe aggiungere tre zeri»), 78% in Campania e 85% in Abruzzo. Con tagli alle ferrovie locali, negli ultimi cinque anni, del 15% in Campania, 19% in Basilicata, 26% in Calabria. E paralleli rincari dei biglietti del 25% in Umbria e in Abruzzo (con quei treni!) o addirittura del 47% in Piemonte. E sempre lì torniamo: è così che si aiutano i cittadini a non usar la macchina? Per non dire del trasporto merci quasi tutto su gomma: decenni di polemiche, decenni di rinvii, decenni di ciacole. Tema: ma se neppure in giornate di emergenza come queste vengono presi provvedimenti radicali possiamo poi sperare che arrivino dopo che il primo acquazzone si porterà via un po’ di smog e di pensieri?