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Pescara, 23/11/2024
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Data: 03/01/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
I tre segretari regionali dei sindacati fanno le carte al 2016 «Investimenti: solo così possiamo sperare di rialzarci». Campo: «La crisi rischia di diventare una situazione strutturale».

PESCARA La sensazione peggiore è che la perdita dei posti di lavoro avutasi negli ultimi anni, nel 2016 si affermi non più come segno di una crisi, ma come situazione strutturale”. E’ il segretario della Uil Abruzzo Roberto Campo a fare i conti con la situazione abruzzese che inizia dunque il suo 2016 con il rischio concreto di trasformare una crisi da cui sembra davvero impossibile uscire non più in una situazione destinata a cambiare, ma in una situazione pericolosamente stabile. Mai parola fu usata in senso più negativo essendo il riferimento proprio a quella precarietà del lavoro che, aggiunge Campo “ha visto la nostra regione nel 2015 scendere per la prima volta sotto il dato storico del mezzo milione i posti di lavoro. L’ultimo trimestre secondo i non ancora definitivi dati del Cresa rileva la prevalenza dei licenziamenti sulle assunzioni. Sarebbe opportuno intervenire nell’immediato ed è proprio quello che non sta accadendo”.
L’IMPERATIVO
E’ forse il commento più negativo quello di Campo nei confronti di una politica regionale che inizia il nuovo anno con l’imperativo di agire perché qualcosa in Abruzzo possa cambiare. Sullo stesso asse la Cgil con il neo segretario Sandro Del Fattore che si è tuffato nel suo nuovo incarico dopo aver preso il testimone da Gianni Di Cesare. Qualche giorno fa Del Fattore aveva già lanciato l’allarme parlando di un tasso di disoccupazione passato sì dal 12,6% all’11,5%, ma con l’aumento determinato dalla resa pressoché totale di molte persone che, disperate, non hanno neanche più la forza di cercarlo un lavoro. Non solo: 35mila, ha detto ancora Del Fattore, sono stati i posti di lavoro persi solo nel 2015 soprattutto nel terziario con il crollo delle piccole e medie imprese e “la domanda interna debolissima visti salari e pensioni così bassi”. Per lui la priorità è che “l’Abruzzo e tutte le regioni del Mezzogiorno aprano una vera e propria vertenza con il governo nazionale” soprattutto su quel Masterplan, aggiunge Campo, “che sta sempre più prendendo le sembianze di una buona occasione persa. Doveva essere una terapia d’urto a fronte di una programmazione 2014/2020 non ancora partita, ma gli investimenti da questo previsti per il biennio 2016/2017 sono inferiori al progetto iniziale di velocizzazione. Con pochi investimenti il 2016 non sarà di certo un anno positivo”.
L’ALTRO LATO DELLA MEDAGLIA
A discostarsi, seppur solo in parte, dalle posizioni di Cgil e Uil è la Cisl guidata da Maurizio Spina che parla sì di un 2015 difficile, ma certamente “migliore del 2014 con il Pil al +0.3 sebbene si debba ricordare che si viene da un -2.5% dell’anno scorso, un’industria che segnali di ripartenza ne ha dati, un Jobs Act che non ha stabilizzato i lavoratori non creando però nuova occupazione e un Masterplan che se utilizzato può essere una grande risorsa”. Presupposti, per Spina, “per un 2016 di speranza, se la Regione riuscirà a consolidare la ripresa”.
Quindi cosa dovrebbe fare il governo regionale? Tutti sono d’accordo sulla necessità degli investimenti, con Campo che specifica: “Siamo ancora fermi allo schema delle quattro zone più il cratere sismico. Siamo indietro nella politica industriale e non abbiamo neanche recepito la nuova legge nazionale riguardante le aree di crisi. Una cosa che va negoziata col governo nazionale”. Tesi sostenuta anche da Del Fattore che oltre che sulla conclamata situazione disastrosa di piccola e media industria, punta il dito sulla necessità di strutturare e promuovere il comparto turistico, così come, lo segue Spina, quella di completare le infrastrutture di trasporto, potenziare i consorzi industriali e abbassare la pressione fiscale aggiuntiva. D’altra parte, lo dice chiaro Campo “non si può pensare che un’economia ammalata guarisca da sola. Non si può pensare che quando i consumi stanno come stanno con i contratti che non si rinnovano avvenga un miracolo. Se non si mette mano seriamente agli investimenti il 2016 sarà un anno peggiore di quello appena concluso”. Insomma, non ci si può consolare con il fatto che le grandi aziende hanno retto per alimentare gli auspici di ripresina. C’è bisogno di altro per parlare di segni realmente positivi: vietato quindi alzare la testa e rimboccarsi le maniche, adesso più che mai.

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