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Data: 04/01/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Eurostat: «L’Italia peggio dei big Ue». Aumenta l’indice di fiducia ma la produzione arranca e l’occupazione non cresce. Il piano Juncker procede a rilento

ROMA La ripresa c’è ma procede troppo lentamente. L’Italia non riesce a recuperare le perdite della crisi e a mettersi a pari dei big Ue su industria e lavoro. Secondo i dati Eurostat elaborati dal ministero dello Sviluppo a stentare è soprattutto l’occupazione giovanile, che dal minimo registrato durante la crisi ha recuperato 0,9 punti (2,7 in Germania, 4,2 in Gb e 1,9 in Spagna). Un quadro che spinge le opposizioni a criticare il governo. Paolo Romani ( Fi) non ha dubbi: «Anche Eurostat smentisce Renzi». Ma critiche arrivano anche da Arturo Scotto di Sinistra Italiana («I dati dimostrano che l’Italia è in affanno») e da Federico Fornaro della minoranza Pd: «I dati sull’andamento dell’economia sono un sano bagno di realtà». Produzione industriale. In base ai dati contenuti nel «Cruscotto congiunturale» messo a punto dal Mise, il livello della produzione industriale italiana è ancora di oltre il 31% inferiore rispetto ai massimi precrisi ed ha recuperato solo il 3% rispetto ai minimi toccati durante la recessione. La Francia ha recuperato l’8%, la Germania il 27,8%, la Gran Bretagna il 5,4% e la Spagna il 7,5%. Il confronto è ancora più implacabile se si guarda esclusivamente al settore delle costruzioni: ad ottobre di quest’anno l’Italia era 85 punti sotto il massimo precrisi ed ha toccato il nuovo minimo assoluto dall’inizio della crisi economica. Secondo Eurostat, tutti gli altri big hanno invece recuperato dai picchi negativi, dal 3,4% della Francia al 32,9% della Spagna. Occupazione. L’Italia distanzia quasi tutti i partner europei nel clima di fiducia dei consumatori e non va male neanche in quello delle imprese, ma nel mercato del lavoro il nostro paese torna in difficoltà rispetto agli altri. Nel terzo trimestre, il tasso di disoccupazione è sceso all’11,5%, ma in Germania era al 4,5% e nel Regno Unito al 5,2%. La Spagna segnava ancora un grave 21,6%, tuttavia rispetto ai momenti più bui della crisi Madrid ha recuperato 4,7 punti contro 1,6 punti di Roma. Caso a sé quello della Francia: il tasso di disoccupazione è più basso di quello italiano, pari al 10,8% ma si tratta del dato peggiore degli ultimi 18 anni. L'Italia è infine fanalino di coda nell'occupazione giovanile tra i 15 e i 24 anni con un tasso del 15,1% contro il 28% della Francia, il 43,8% della Germania, il 48,8% del Regno Unito e il 17,7% della Spagna. Rispetto ai picchi negativi della crisi il recupero è stato di 0,9 punti, contro 1,9 della Spagna, 2,7% della Germani a 4,2 della Gran Bretagna. Piano Juncker. Circa 50 miliardi di euro mobilitati in otto mesi sui 315 previsti in tre anni, con almeno 42 progetti in 15 paesi e 67 programmi di finanziamento per le imprese, tra cui l’ultimo da 1 miliardo firmato da Cdp e Sace, per un totale di 9 operazioni in Italia. Nove anche i paesi Ue tra cui l'Italia coinvolti tramite le loro banche d'investimento per oltre 42 miliardi di fondi ulteriori, e trattative in corso con la Cina. È la fotografia del Piano Juncker a un anno dal suo lancio, su cui il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan a inizio dicembre aveva avvertito: «È lodevole ma sta andando avanti vivacchiando». Dopo un’accelerazione legislativa per mettere in piedi il suo braccio operativo, il Fondo per gli investimenti strategici Efsi, l'avvio operativo è stato infatti al rallentatore, con una fase di transizione gestita da Bei e Commissione Ue. La nuova struttura dovrà essere pienamente operativa a partire da questo mese: il 2016 sarà quindi l'anno cruciale per il suo decollo o il suo fallimento. «Il Piano Juncker sta già mostrando risultati concreti» afferma la Commissione Ue.

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