ROMA Una semplice confronto. Senza nessuna sostanziale rielaborazione. Ma è bastato che a mettere uno accanto all’altro i dati pubblicati da Eurostat nei mesi scorsi sui vari paesi europei fosse il ministero dello Sviluppo, per creare un caso politico. Il documento elaborato dalla segreteria tecnica di Federica Guidi, è intitolato «La dinamica dell’economia italiana», ed è stato pubblicato sul sito internet del dicastero. A saltare all’occhio sono state le tabelle contenute nella parte finale del rapporto, quelle che mettono a confronto il percorso di recupero rispetto alla crisi fatto dall’Italia, rispetto a quello compiuto dagli altri cinque grandi paesi di Eurolandia: Germania, Francia, Regno Unito e Spagna. Il dato sulla produzione industriale, per esempio. Mentre la Germania ha praticamente recuperato tutto il terreno perso durante la grande crisi, arrivando a una distanza di soli 2,5 punti percentuali dal massimo segnato prima della recessione, per Roma quella distanza è ancora di 31,2 punti. Solo la Spagna fa peggio, con 33,6 punti, mentre Francia e Regno Unito sono rispettivamente a 16,8 e 10,4 punti.
L’ANALISI
Lo stesso discorso vale per la disoccupazione, soprattutto quella giovanile. L’Italia è ancora sotto di 11 punti, mentre il gap che rimane da colmare per Germania e Francia è di soli 5,6 e 5,4 punti percentuali. Peggio, al solito, fa soltanto la Spagna, con un distacco dai livelli ai quali questo indicatore si trovava prima della crisi di ben 23,9 punti percentuali. Visto così, insomma, il bicchiere sembrerebbe mezzo vuoto. Tanto che la polemica politica è subito divampata. Il primo a intervenire è stato Federico Fornaro, della sinistra Dem «I dati di Eurostat sull’andamento dell’economia europea», ha detto, «rappresentano un sano bagno di realtà. Per l'Italia, nel 2016 più che nella narrazione e nelle invettive oramai logore contro i gufi, sarebbe utile e produttivo concentrare gli sforzi del governo e del Pd per ritrovare una maggiore coesione sociale». Paolo Romani, presidente dei senatori di Forza Italia, ha parlato di un «quadro desolante» che smentisce «le slide di Renzi». Il capogruppo degli azzurri alla Camera, Renato Brunetta, ha invece sottolineato come la strada sia ancora «lunga e tortuosa».
LA REPLICA
La lettura dei dati, secondo il ministero dello Sviluppo economico, in realtà, sarebbe un’altra. Dopo una serie di telefonate con Palazzo Chigi, i tecnici della Guidi hanno spiegato che, in realtà, quei numeri non dimostrano che la ripresa italiana è più lenta che negli altri Paesi. Tutt’altro. Da quei numeri, è la spiegazione, «emergono una serie di segnali positivi di ripresa dell’economia, con particolare riferimento alla fiducia di famiglie e imprese, ai consumi e all’occupazione. La produzione industriale continua a crescere, così come l'utilizzo della capacità produttiva». Nel confronto internazionale l’Italia, sempre secondo l’interpretazione del ministero, rispetto ai principali paesi Ue, sconta una crisi più lunga e più dura che altrove. La ripresa, che nella maggior parte degli Stati membri Ue è partita e si è consolidata dal 2009, in Italia si è manifestata compiutamente solo tra il 2014 e il 2015. Tuttavia, secondo i tecnici della Guidi, i dati più recenti mostrano che il recupero è finalmente scattato, «anche grazie alle misure assunte dal governo per favorire investimenti e occupazione». Ed in effetti a leggere quelle stesse tabelle, si nota come l’Italia negli ultimi mesi, sia l’unico paese ad aver segnato un nuovo massimo nella fiducia del consumatori. Un dato rilevante, in realtà, c’è anche sulla produzione industriale. Negli ultimi sei mesi Roma ha recuperato l’1,1%, mentre la Germania solo lo 0,1%. L’Italia, insomma, sarebbe partita tardi ma starebbe iniziando a recuperare.