ABRUZZO. Il dato recentissimo è che gli investimenti sulle infrastrutture autostradali sono calati del 40% in tutta Italia. Significa che per diverse ragioni i concessionari di autostrade non fanno tutto quello che avevano promesso nei business plan o nelle convenzioni stipulate.
E’ questo uno snodo fondamentale che riguarda sì i concessionari e l’Anas ma anche ministeri e Governo e, a caduta, anche tutti i cittadini che hanno interesse e diritto ad avere strade sicure.
Ora da sempre le autostrade abruzzesi -e nello specifico la A24 e A25 in concessione a Strada dei parchi- vengono indicate come strade poco sicure di montagna e si richiedono a gran voce importanti investimenti miliardari che negli anni non sono stati sufficienti.
Nelle polemiche strumentali e sterili dell’aumento dei pedaggi (che come abbiamo spiegato sono previsti nella convenzione del 2001 e legate ad un bando di gara immodificabile che li prevede tutti fino al 2030…) si perde di vista, invece, un argomento sul quale lo stesso presidente della Regione, Luciano D’Alfonso , aveva posto l’attenzione . Il fulcro riguarderebbe proprio i canoni di concessione che Strada dei parchi versa annualmente e che finiscono dal 2001 all’Anas, un canone di circa 50 mln di euro che poi si disperde nel bilancio dell’ente che tra l’altro per pagare i propri dipendenti impiega una cifra simile.
D’Alfonso (che è anche dirigente Anas in aspettativa) aveva invece indicato come battaglia politica prioritaria quella di riuscire a convogliare i 50mln di euro del concessionario per reinvestirli in opere e manutenzioni sulle autostrade abruzzesi.
E proprio su questo punto si starebbe combattendo una battaglia segreta che sullo sfondo ha la sicurezza stradale ma lungo il percorso interseca diversi interessi, più o meno particolari sia pubblici che privati.
L’Anas dal canto suo avrebbe tutto l’interesse di continuare ad introitare la somma versata dal gruppo Toto proprio per far fronte alle varie esigenze di bilancio, pare oltremodo risicato; dall’altra la politica abruzzese -ma anche lo stesso concessionario- avrebbero tutto l’interesse di far piovere quei 50 mln di euro della concessione per lavori urgenti, per esempio anche di consolidamento strutturale antisismico di molti viadotti già provati dal sisma del 2009.
«Solo per un miracolo nel 2009 non c’è stata una tragedia», aveva detto D’Alfonso in uno degli ultimi consigli regionali, riferendosi ad alcuni viadotti pesantemente danneggiati dal sisma.
Le attuali normative premierebbero di fatto l’Abruzzo, nel senso che il decreto legge 98 del 2011 all’art. 36 ha già stabilito che i concessionari dovrebbero versare i canoni direttamente al ministero e non all’Anas e questo doveva accadere dal 2012.
“Doveva” perché di fatto si è innescata una battaglia surreale nella quale l’Anas continua ad intimare il pagamento da parte dei concessionari e tra questi anche Strada dei Parchi.
Così almeno in parte quel decreto sembra sia stato disatteso nell’inerzia inspiegabile del Governo che ha di fatto permesso che i concessionari autostradali continuassero a versare ad Anas mentre la legge prevedeva altro solo per evitare un possibile tracollo dei conti.
Ancora più strano se si considera che il deputato abruzzese Gianni Melilla in una interrogazione parlamentare rimasta inevasa del 28 gennaio 2014 poneva molte di queste questioni: facendo leva sul decreto che permetteva al Ministero di incassare i 50 mln di euro di Strada dei parchi si chiedeva di dirottare la somma per opere sulla A24 e A 25, questo anche a fronte di un parziale risarcimento per i continui aumenti dei pedaggi (almeno l’autostrada sarebbe stata sicura e confortevole…).
La risposta del Governo non è mai arrivata e non risulta che Melilla abbia azionato il diritto che prevede una sollecitazione del presidente della Camera che facendo sua l’interrogazione impone un termine perentorio al Governo per la risposta che rimane obbligatoria.
Dunque l’assurdo è : i pedaggi aumentano, il concessionario dice di non poter sostenere tutte le opere di consolidamento e manutenzione, l’Anas introita ancora somme che secondo un decreto ministeriale non dovrebbe incassare e quelle somme si disperdono per esigenze che nulla hanno a che vedere con l’Abruzzo.
Alla fine chi ci perde siamo sempre noi.