L’AQUILA La consegna dei quattro nuovi, fiammanti treni della linea L’Aquila-Sulmona, prevista per domani, è stata rinviata al 26 gennaio per permettere che alla cerimonia sia presente anche la nuova Ad di Trenitalia Barbara Morgante, abruzzese su cui l’Abruzzo conta molto per uscire dall’isolamento. La partita vera per la nostra regione, d’altronde, si giocherà prima: il prossimo 21 gennaio, infatti, Abruzzo, Lazio e Trenitalia si incontreranno per decidere tempi, modi e soprattutto quantità dei treni veloci che dovranno congiungere, già da giugno, Pescara e Roma (Termini) in 3 ore e 5 minuti. L’obiettivo è quello di arrivare all’attivazione di almeno tre coppie di treni veloci: sul tavolo, l’Abruzzo metterà il rinnovo del contratto di concessione e un investimento di 30 milioni di euro per l’acquisto di sette mezzi che dovrebbero coprire la tratta. Il resto del piano di mobilità regionale dovrà farlo Tua che sulla «metropolitana di superficie» con cui Trenitalia sarà chiamata a collegare la dorsale adriatica (con tre tipologie di corse: diretti, regionali e semidiretti) dovrà portare gli abruzzesi delle zone interne.
Un piano ambizioso, «una riorganizzazione totale», la definisce il presidente di Tua, Luciano D’Amico, che potrà contare «nei prossimi tre anni su cento nuovi autobus a metano e su una forte razionalizzazione del servizio». Via i doppioni, aumento della produttività e riduzione dei costi. Passaggio indispensabile quest’ultimo, visto che in cassa, a Tua, mancano circa 11 milioni di euro a causa delle penalità per il mancato rispetto degli standard ministeriali (8 milioni) e per l’aumento del contratto di lavoro (3 milioni).
Al di là delle polemiche sollevate dall’Ugl, a proposito del numero e dei salari eccessivi dei dirigenti, sui costi D'Amico presenta il conto: «I dirigenti sono passati da quindici ad otto - spiega - e i loro stipendio è stato equiparato a quello dei dirigenti regionali: un tetto di 84mila euro, più le indennità di risultato e gli scatti di anzianità».
«Vigileremo perché siano rispettati gli accordi presi - commenta Franco Rolandi della Cgil - e che i tetti agli stipendi siano applicati non solo ai nuovi, ma anche ai vecchi contratti dirigenziali. I lavoratori hanno già dato».