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Data: 14/01/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Viaggio nella ricostruzione - Tante occasioni mancate negli anni post-terremoto

L’AQUILA All’inizio ci fu un frate, padre Onorato cappuccino, al secolo Vincenzo Priore da Caporciano. Lo chiamavano il frate volante. Impegnato come pilota d’aereo in Africa durante la Seconda guerra mondiale fu abbattuto dagli inglesi, cadde in mare e fece un voto: se mi salvo prendo gli ordini religiosi. Si salvò, fu catturato dai nemici e passò qualche anno prigioniero in India. Tornato in Italia mantenne fede a quel voto ma, anche con il saio, la passione per gli aerei non venne meno e continuò a volare. Per evitare di andare continuamente all’aeroporto di Rieti (in quel periodo fu lui a “inventare” l’omaggio floreale dal cielo nel giorno della festa della Immacolata Concezione, la cui statua si trova davanti al convento dove visse) pensò con altri amici di “farsi” un aeroporto in casa. E da qui nacque lo scalo di Preturo. L’AEROPORTO. Per anni l’aeroporto aquilano è stato più che altro la ludoteca per aspiranti “Barone Rosso”, poi sono subentrati scontri e polemiche che lo derubricarono quasi a “landa desolata”. Dopo il sisma del 2009 il momento di celebrità: fu rimesso a nuovo, furono realizzate ulteriori strade di accesso e vi giunsero i potenti del mondo che dovevano partecipare al G8 che l’allora governo Berlusconi aveva spostato dalla Maddalena all’Aquila. Fu una sorta di ubriacatura collettiva e fra i reggitori locali cominciò a serpeggiare l’idea di farne un grande scalo capace di avvicinare L’Aquila al mondo e riversare in città decine di migliaia di turisti. Chi provava a dire che si trattava di un progetto folle veniva tacciato di disfattismo. A oltre sei anni da quel G8 l’aeroporto di Preturo è una delle grandi occasioni mancate del post-sisma. Lo scalo è stato travolto da inchieste penali, polemiche, mancanza assoluta di passeggeri, ipotesi fantasiose su voli che non si sono mai concretizzati. E in tutto questo il Comune ha pure speso un bel po’ di euro. Ora se ne sta ripensando il ruolo tornando alle ipotesi già fatte in passato: trasformarlo in una base per la Protezione civile. Ma resta comunque una occasione persa. SEDE COMUNALE. C’è un’altra occasione persa, almeno per ora, quella della realizzazione di una sede unica comunale. Nei mesi del 2009 successivi al terremoto sarebbe bastato uno schiocco di dita per far sì che la Protezione civile realizzasse in quattro e quattrotto un “contenitore” nel quale calare tutti i servizi comunali. Ma nei faticosi briefing alla Guardia di finanza, mentre Guido Bertolaso andava in giro per le tendopoli con la tuta della Protezione civile (molti aquilani ricorderanno che entrava fra i fischi e usciva fra gli applausi) la priorità dei nostri reggitori in giacca e cravatta _ al di là delle sedie tirate contro il muro per evitare che tutti gli uffici pubblici dell’Aquila fossero trasferiti sulla costa, sedie che faranno passare alla storia del terremoto i nostri leggendari amministratori _ pensavano a trovare sedi affittate da imprenditori a cui brillavano gli occhi per tanta inaspettata fortuna. Oggi, quasi sette anni dopo il terremoto, il Comune paga oltre un milione di euro l’anno per l’affitto delle sedi, cosa che contribuisce notevolmente al perseverare di quella filosofia della rendita che è tratto distintivo della città. Il Comune, tra l’altro, ha un bel gruzzoletto che potrebbe spendere subito per fare la sede unica. Quei soldi sono fermi perché non si sa su quale sito debba essere calato il progetto. Si era ipotizzata l’area dell’Autoparco (nei pressi della stazione) ma è zona alluvionale, ora si pensa alla Caserma Rossi, al complesso dell’ex ospedale di Collemaggio, all’ex distretto militare a San Bernardino con il vicino ex liceo scientifico. Nell’attesa (è notizia di pochi giorni fa) si affitta l’ex Standa per portarci l’anagrafe e altri servizi. La motivazione è che si tratta di una sede in centro storico e la cosa potrà “rianimare” quei commercianti che hanno avuto il coraggio di riposizionarsi nel cuore della città. Che poi non ci siano parcheggi e che si rischia di causare problemi aggiuntivi alle persone questo conta poco. PARCHEGGI. Quella dei parcheggi potrebbe essere un’altra occasione mancata. Sarebbe bastato un ascensore o persino una scalinata per collegare il megaparcheggio di Collemaggio a via dei Giardini (zona villa comunale) e consentire alle persone di raggiungere velocemente il centro storico. Invece nulla di tutto questo e anche il tapis roulant nel tunnel sotterraneo (che già prima funzionava a singhiozzo) è un ricordo dell’altra vita. Oggi per arrivare in piazza Duomo da via Strinella in tanti stanno riscoprendo il tratto che sale da Porta Bazzano, dove però sono già allestiti diversi cantieri. In questi anni di aree di sosta si è parlato a piè sospinto: sotto piazza Duomo, a San Bernardino, lungo via XX Settembre. Ora spunta un parcheggio di oltre 1.500 posti nella zona stadio Fattori a ridosso delle mura medievali. Per adesso, però, si tratta solo di parole. Parcheggiare intorno al centro storico, da un annetto a questa parte, è tornato a essere un problema serio. La ricostruzione copia-incolla significa anche problemi copia-incolla senza contare che il Comune sta ancora pagando debiti (fuori bilancio) per lavori e progettazioni che risalgono a decenni fa (megaparcheggio di Collemaggio, depuratori, viabilità mai realizzata e altre “amenità” che svuotano le casse pubbliche). STRUTTURE PROVVISORIE. Le strutture semi-provvisorie nate nel post sisma _ casette delibera 58, casette abusive, centri culturali, strutture Caritas, sedi di associazioni, auditorium _ se nell’emergenza sono state un’opportunità presto diventeranno un peso. Alcune (per esempio una bella struttura a Monticchio realizzata con fondi giunti grazie alla solidarietà degli italiani) sono lo specchio di come si è impreparati a gestire tanto ben di Dio e ciò sarà più evidente fra 4 o 5 anni quando il mancato utilizzo farà danni incalcolabili. Vai poi a spiegarlo a chi ha raccolto soldi per aiutarti e scopre che tu hai mandato tutto al macero.

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